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La conservazione e il restauro degli arazzi del Quirinale

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Quirinale sala di Lilla Arazzi

Per descrivere l’attività dei conservatori e restauratori di arazzi ho cercato di far comprendere ai lettori che cosa siano gli arazzi e ho fornito delle pillole di storia sulla loro produzione. Spero che questo serva per evidenziare la “passione”, oltre alla tecnica, delle persone che si occupano della cura della collezione del Quirinale.  Per presentare un quadro completo a chi mi segue ho anche cercato di informarmi su quelle che sono le moderne fabbriche di arazzi in Italia, così ho scoperto che esistono ancora piccole botteghe che producono arazzi. Però non ci sono più gli opifici, e le botteghe oggi sono diventate dei luoghi d’arte, i loro prodotti sono realizzati direttamente su commissione degli artisti (mancando la regale “committenza”), gli stessi che una volta fornivano solo i cartoni oggi hanno il controllo di queste tessiture che hanno scelto come loro esperienze creative. Anche in luoghi dove già esisteva una tradizione tessile, dove artigianalmente venivano realizzati tessuti e arazzi, come ad esempio a Penne (in provincia di Pescara, in Abruzzo), oggi sono gli artisti che creano (con la collaborazione delle tessitrici) “pezzi unici” delle proprie opere d’arte. Proprio la città di Penne, nel 2017, è stata dichiarata, dall’Assemblea Regionale Abruzzese, “Città degli Arazzi”. Grazie alle produzioni di artisti come Andrea Mastrovito, Marco Tirelli, Costas Varotsos, Matteo Masini, Alberto Di Fabio (solo per citare quelli che hanno esposto i loro arazzi al MACRO di Roma), a Penne sono risorte le attività tessili che erano andate in crisi alla fine del millenovecento ma, come dicevo, gli arazzi sono diventati equivalenti ai quadri, alla produzione artistica di quei pittori. Ci sono poi diverse ditte che accettano ordinazioni on-line per realizzare tessuti gobelin, ancora spacciati per arazzi. Ho scoperto che questi tessuti vengono molto usati per il restauro di arredi antichi, per rinnovare le coperture di sedie, le fodere di antichi divani ecc. Ricordo che questi tessuti robusti, che imitano le opere degli arazzieri Gobelins di Parigi, sono realizzati grazie all’uso dei telai meccanici jacquard.

Un’altra informazione necessaria per capire l’attività dei conservatori e restauratori di arazzi è legata alla conoscenza di quelli che sono i principali danni a cui i tecnici devono porre rimedio, quindi vi parlerò di quelli che sono le criticità più comuni che si trovano sugli antichi panni, acciacchi che insegnano ai conservatori come prevenire danni futuri.  La maggior parte dei guai è attribuibile al cattivo uso dei pezzi, e quindi in ultima analisi all’attività umana.

Uno dei danni più gravi è lo scolorimento per esposizione diretta alla luce solare, che è sicuramente il danno peggiore per un arazzo ed è irreparabile. Il guasto è irreversibile, non esiste un prodotto o una tecnica in grado di restituire il colore perso dai fili della trama

Ma come ben chiarisce Nello Forti Grazzini nell’introduzione al suo lavoro sugli arazzi, nella serie “Il Patrimonio Artistico del Quirinale”, i problemi legati al viraggio dei colori degli arazzi sono collegati al loro uso. Non è solo il sole a produrre quel tipo di danno, nei tempi passati anche le forti luci utilizzate per le riprese cinematografiche hanno avuto lo stesso effetto. Grazie ai curatori che controllano la durata dell’esposizione degli arazzi, e alle moderne tecniche di ripresa che permettono l’uso di luci moderate, ora queste cose non accadono più. C’è la consapevolezza dell’importanza  e il rispetto per il bene artistico, nonostante il Palazzo sia un luogo vivo, in cui le riprese televisive sono molto frequenti, proprio per il ruolo di rappresentanza del Presidente della Repubblica che deve incontrare i leader di altre nazioni, gli italiani più meritevoli, gli sportivi, le delegazioni ufficiali, gli ambasciatori, i politici e svolgere nel Palazzo del Quirinale tutte le attività che la Costituzione italiana gli attribuisce.  

I principali danni da riparare negli arazzi

Le rotture per sfregamento o i danni meccanici causati dall’uomo per adattare gli arazzi ad ambienti a cui non erano originariamente destinati, sono ugualmente presenti. Come esempio mi hanno mostrato un panno che era stato adattato anticamente ad una stanza più corta, realizzando una piega che accorciava l’arazzo di venti centimetri. Una volta ripristinata l’integrità dell’arazzo, il danno è evidente: i colori della parte cucita sono più accesi rispetto a quelli esposti alla luce. Altre volte, per adattare l’arazzo ad archi o a irregolarità delle pareti, i proprietari ne tagliavano delle porzioni.  Come dicevo, questo tipo di danni non avviene più oggi negli arazzi del Quirinale e posso assicurarvi che ogni singolo pezzo è usato con la massima cura; ma considerate che la collezione deriva da raccolte provenienti da varie corti italiane e in passato queste manipolazioni erano molto frequenti.

Un’ulteriore tipologia di danni dipende da incidenti, che nei magazzini o nelle antiche dimore, dove gli arazzi erano custoditi potevano accadere. Un’infiltrazione d’acqua, un tubo rotto, l’umidità dell’ambiente con relative gore e attacchi fungini, potevano creare gravi problemi all’intreccio tessile. Anche i danni dovuti agli insetti (ad esempio le tarme) sono riconducibili al cattivo stato di conservazione, e quindi la responsabilità è sempre dell’uomo.

Come sempre umana è la responsabilità per i danni dovuti a cattivi interventi di restauro. Nel 1994, quando realizzò il suo lavoro di catalogazione della collezione, Nello Forti Grazzini denunciò che anche la “conservazione” degli arazzi non usati stressava le tele, che a volte collassavano. In quegli anni gli arazzi erano immagazzinati, appesi a delle guide, in un ambiente senza controllo microclimatico, di temperatura e umidità. Oggi, forse anche grazie a lui, gli arazzi sono conservati arrotolati e in ambienti adatti allo scopo.

Il professor Grazzini già lamentava la mancanza del personale dedicato alla conservazione e al restauro degli arazzi, anche se in qualche modo la giustificava rapportandola alle “normali” carenze nazionali nel settore della conservazione, anche museale. Sono passati più di venticinque anni e molte cose sono cambiate, ad esempio sono cambiate le sensibilità degli italiani verso le opere d’arte, anche grazie agli stimoli derivati dal continuo lavoro di studio e di ricerca sugli oggetti artistici esposti a Palazzo. 

Infine mi hanno mostrato arazzi con orditi distrutti da alcuni inchiostri usati per segnare, sugli orditi stessi, i disegni dei cartoni. Ricordo che nei telai ad alto liccio i cartoni non sono dietro l’ordito, come nei telai a basso liccio. I cartoni spesso erano a fianco del tessitore che riportava con l’inchiostro il disegno sull’ordito. Dopo secoli quell’inchiostro inadatto ha distrutto i fili su cui era stato messo, indebolendo la struttura dell’intero arazzo che, per sopravvivere, avrà bisogno di un capillare intervento di tipo conservativo.

Il Restauro degli arazzi, un lavoro spettacolare d’attrazione turistica

Devo confermare, per averlo constatato di persona, che il restauro degli arazzi è un lavoro affascinante, in alcuni casi particolarmente spettacolare. Come mi ha fatto notare la dottoressa Taboga, intervenire su un arazzo vecchio di secoli produce comunque, nonostante le accortezze possibili, uno stress importante per il tessuto, quindi nessuno può farlo a cuor leggero. Tuttavia credo che, come accade in altre nazioni, anche il restauro potrebbe diventare un’attrazione turistica. Particolarmente spettacolare è il lavaggio dell’arazzo, un’operazione fatta con un’acqua con caratteristiche fisiche e chimiche particolari, in una sorta di piscina che permette che il telo sia completamente disteso e che fa sì che i tecnici possano rimuovere (con speciali pennelli) lo sporco, centimetro per centimetro. Ogni parte del restauro è ugualmente spettacolare, dalla realizzazione della scheda grafica con l’indicazione degli interventi previsti, alla preparazione dei filati per la trama, alla tintura, alla realizzazione dei filati complessi (con più fili colorati), fino alla ritessitura di parti di trama mancanti. È sicuramente un lavoro più lungo, rispetto al restauro di un quadro, e a volte l’aspetto conservativo prevale; è dunque possibile che dopo mesi di lavoro l’immagine non sembri molto diversa da quella di partenza. In questo caso si dovrà spiegare che con l’intervento si è allungata la vita dell’arazzo.

L’altro aspetto della Conservazione è in rapporto all’attività museale. I pezzi della Collezione sono un patrimonio unico che è parte della nostra storia che abbiamo il dovere di trasmettere e far conoscere.

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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