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Il Quirinale: la realtà storica e la rappresentazione del potere

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Quirinale rappresentazione del potere

Nelle pagine precedenti ho raccontato come cambia la percezione dell’origine della enorme quantità di pezzi d’arredo presenti nel palazzo del Quirinale a seconda del tipo di oggetti e della situazione contingente. Non sempre però abbiamo gli strumenti per “storicizzare” e “contestualizzare”, nel senso di inserire i fatti nel loro tempo e soprattutto nella realtà del territorio: fare questo può aiutarci a comprendere meglio il valore di quello che stiamo osservando.

Il Quirinale dall’Unità d’Italia

Chi visita il palazzo del Quirinale facilmente pensa al potere che da quei corridoi e da quelle stanze è stato esercitato, prima dai Papi, poi dai sovrani d’Italia, per poi arrivare ai Presidenti della Repubblica Italiana. Ho raccontato della situazione socio-economica della città di Roma all’epoca della breccia di Porta Pia, ora vorrei dare ai miei lettori ulteriori informazioni per far comprendere meglio come potesse essere visto, dalla gente comune, l’apparente sfarzo che aleggiava intorno alle “corti regnanti”. Nel 1870 Roma non aveva molte strade lastricate, nelle migliaia di stampe di Giovanni Battista Piranesi e di Bartolomeo Pinelli, che documentano la città fino al 1835, si vedono i pastori che portano le proprie greggi a brucare tra i ruderi alla piramide Cestia, ma anche intorno al Colosseo. I palazzi nobiliari contrastavano con la moltitudine di case spesso appoggiate agli antichi ruderi e occupate dal popolino. Nel 1876 Roma era una città che non rappresentava certo la sua storia di capitale della cultura occidentale, i suoi 200.000 abitanti (la metà dei quali non aveva un’occupazione) cercavano di vivere alla giornata. Riporterò le testimonianze di due tra i rari viaggiatori che decisero di ripercorrere il “Grand tour” sulla suggestione dei libri di Henry Beyle “Storia della pittura in Italia” (1817) e “Roma, Napoli e Firenze” sempre del 1817 (riedito nel 1826). Proprio nel 1817, con la pubblicazione di “Roma, Napoli e Firenze”, Henry Beyle usò per la prima volta lo pseudonimo Stendhal.

Von Louis Ehlert (musicista) nel 1864 scrive di Roma: “…Nessuno dimenticherà più, dopo essere stato qui, che cosa sia un immondezzaio …l’usanza antica di spazzare fuori di casa e di buttare in mezzo alla strada tutte le immondizie… Le frittate e i broccoli sono cotti all’aperto, ad esclusione di poche vie eleganti, così tutta Roma puzza sempre di broccoli e di grasso…”.

Lo storico dell’arte di Harvard Charles Eliot Norton nel maggio del 1870 scrive: “…Roma…resiste al flusso delle barbarie americane e al materialismo che affligge l’Europa. Essa (la città di Roma [n.d.r.]) è conservatrice, ma non soltanto delle buone cose ma anche delle cattive, …predilige, non soltanto nel mondo fisico, la sporcizia, la rovina e la malaria… “.

Siamo lontani dall’idea romantica dei patrioti che vogliono Roma capitale d’Italia, ci sono solo i ruderi di quella che è stata la maestosità imperiale e della grandezza cosmopolita di un tempo.

Ho parlato di “apparente sfarzo” perché il potere si manifestava con l’esibizione di personale in livrea che accompagnava il capo. Se desiderate approfondire questo aspetto troverete interessantissimo il piano dedicato al museo delle livree nella zona delle scuderie del palazzo del Quirinale, potreste anche leggere come i funzionari di corte, in molte situazioni, fossero chiamati a fare economia: le fatture dei fornitori dei tessuti mostrano che gli ordini a volte si diradavano, altre volte cambiava la qualità dei tessuti usati. C’è un volume che consiglio a chi voglia approfondire la propria conoscenza sulle carrozze e le livree, si intitola “Carrozze e livree”, nella serie “Il patrimonio artistico del Quirinale”, edito dalla BNL nel 1992: è un volume datato ma ricco di belle e rare immagini; dopo la data di pubblicazione del libro, la collezione delle carrozze e delle livree si è arricchita  di altri pezzi restaurati e interessantissimi, grazie agli attuali curatori,  anche se per recuperare il materiale nei depositi c’è ancora molto lavoro da fare. La cura e il restauro di questo patrimonio culturale deve essere costante e continuo, è nell’esperienza di tutti noi quel che succede ai vestiti che dimentichiamo in qualche armadio. Le livree sono molto più delicate degli abiti, spesso sono guarnite da passamanerie dorate, nastri, fettucce, e completate da cinturoni, stivali, borselli e copricapi: insomma da materiale polimaterico, che subisce in modo differente le ingiurie del tempo. Anche i restauri, per essere accurati, devono rispettare le norme previste dal “Codice dei beni culturali e del paesaggio” e quindi rispettare ogni materiale.

Restauro e società

Ho già vantato la professionalità dei curatori e dei restauratori che lavorano a Palazzo, in questo periodo però c’è un ulteriore valore aggiunto: la pandemia ha fermato le attività esterne dei restauratori dei beni culturali, ma non di quelli che lavorano sulle opere d’arte presenti al Quirinale. In realtà non è stata la pandemia a fermare i restauratori ma, come dice il presidente di R.S.F. Italia (Restauratori Senza Frontiere), la colpa è del codice ATECO che in Italia individua le ATtività ECOnomiche.  In Italia il restauro è spesso usato come una forma di spettacolo, legato alle bellezze culturali che si stanno restaurando sotto lo sguardo dei turisti, così la “spettacolarizzazione delle attività nei cantieri di restauro” ha contribuito ad assegnare al restauro il codice (R90) che contrassegna le “Attività artistiche, sportive, di intrattenimento, di divertimento ma anche creative e letterarie”. Le attività inserite nel macrogruppo R90 sono state sospese dalle autorità, per contrastare la pandemia, in base al codice ATECO. Sappiamo bene che il restauro ha a che fare con la conservazione e non con lo “svago”, inoltre, grazie alle norme del “Codice dei beni culturali”, non può neppure essere considerato un’attività creativa. Tornando alle livree, il restauro di oggetti composti da più materiali è tra i più complicati e comporta studi e conoscenze: già la diagnostica scientifica implica l’uso della chimica e della fisica, ma non può esserci restauro senza lo studio della storia e della “funzione” dell’oggetto da restaurare.

Oltre alla necessità di risparmiare, un’altra giustificazione all’affermazione “sfarzo apparente” è che in alcune corti i costi per le livree erano a carico dei funzionari che percepivano un piccolo appannaggio per questo e avevano l’obbligo di tenere in ordine la loro “divisa”.

La realtà storica e la rappresentazione del potere

Tornando alla rappresentazione del potere, senza andare alle prove muscolari dei condottieri romani che tornavano dalle loro conquiste esibendone i trofei, ancora oggi i cittadini di Roma hanno davanti agli occhi quello che fu realizzato per l’ingresso in città di Cristina di Svezia, nel 1655. L’ex giovane regina (aveva solo 29 anni) aspettò diversi mesi accampata fuori dalla città, che si preparava ad accoglierla costruendo il maestoso ingresso di Villa Borghese e la facciata della Porta del Popolo, realizzata da Gian Lorenzo Bernini. Sulla Porta, che è l’ingresso a piazza del Popolo, Bernini scrisse “Felici faustoque ingressui” sotto il simbolo dei Chigi (Alessandro VII Chigi era il pontefice appena eletto) circondato dai fasci di spighe, simbolo della dinastia dei Vasa, la famiglia di Cristina. Bernini disegnò anche la lettiga su cui Cristina venne portata in Vaticano. Il seguito della ex regina era enorme, andandosene dal suo regno Cristina si era portata il mobilio, molti quadri, e i suoi servizi personali, un vero trasloco!

Una ventina di anni dopo, Gemelli Careri nel suo “Giro del mondo” descrive e disegna “l’Accompagnamento dell’imperatore della Cina quando “comparisce in forma pubblica”: riporto solo l’elenco dei figuranti e il numero finale delle persone al seguito, questo per evidenziare che i vari regnanti europei e perfino il Re Sole risultano solo dei dilettanti in confronto a tanta esibizione. Potrete leggere di seguito l’elenco con le diverse collocazioni dei figuranti, in tutto ben 5.144 persone oltre ad un drappello dell’esercito tartaro e ai numerosi famigli e alla corte (qualche altro migliaio di persone). In dettaglio:

  • 24 uomini con tamburi suddivisi in due file di 12;
  • 24 trombettieri,12 per parte (con trombe in legno a forma di campana, ornate con cerchi d’oro);
  • 24 bastoni su due file ricoperti di lacca rossa e ornati da fogliame dorato;
  • 100 alabardieri su due file (con i ferri a forma di Luna crescente);
  • 100 mazzieri su due file, anche le mazze sono di legno dorato;
  • 2 portatori di insegne, con aste rosse con fiori ed estremità dorate e stendardi;
  • 400 portatori di lanterne riccamente ornate e lavorate;
  • 400 portatori di torce di un legno che conserva il fuoco e fa tanta luce;
  • 200 lancieri con lance ornate con fiocchi di seta variopinta o con code di pantera o altri animali;
  • 24 porta bandiere con dipinti i segni dello zodiaco che per i cinesi sono 24 mentre per noi 12;
  • 56 porta bandiere con le 56 costellazioni con cui i cinesi rappresentano il cielo;
  • 200 portatori di grandi ventagli su lunghi bastoni dorati e dipinti con draghi, uccelli, sole e altro;
  • 24 portatori di grandi ombrelli divisi su due file, gli ombrelli sono ornati riccamente;
  • 8 servi con gli utensili riservati al re: tovaglia, boccale, catino (tutto d’oro);
  • 500 gentiluomini dell’imperatore riccamente vestiti;
  • 10 stallieri con 110 cavalli bianchi con selle e briglie ornate d’oro, perle e pietre preziose;
  • 1.000 uomini (fanti) su due file con divise rosse ornate d’oro e argento ed elmi piumati;
  • 8 portatori di bandiere di vari colori a rappresentare i generali dell’impero, ogni generale ha 100.000 soldati ai suoi ordini;
  • l’imperatore portato su un trono da 32 persone e bilanciato da altri quattro uomini (due per lato);
  • la corte e i famigli, riccamente vestiti, ordinati in fila secondo il loro rango;
  • i famigli dei nobili e dei principi;
  • 2.000 mandarini di lettere e di armi, riccamente vestiti;
  • una grande carrozza tirata da 8 cavalli;
  • due maestosi carri, ognuno tirato da due grandi elefanti;
  • un drappello di soldati tartari.
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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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