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Un fatto eccezionale: una Tillandsia nata da seme

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tillandsia in fiore

Non sono così sprovveduto da gridare per un evento normale come la nascita di una plantula da un seme, la vera particolarità sta nel genere di pianta, nientemeno che una Tillandsia, anche se abbastanza comune (Tillandsia aeranthos), e nel fatto che la plantula è sopravvissuta a Roma all’aperto (inverno compreso) per almeno tre anni. Si era “rifugiata” in un buco di un sasso, e grazie a questa strategia si è salvata dagli ultimi due inverni romani, considerate che un’Aloe barberae alta ben sette metri, coltivata ad un metro da lei, è ora agonizzante. Un ecologista ci potrebbe vedere l’inizio di una colonizzazione, per me è piuttosto la prova del cambiamento climatico. Le Tillandsiae, che in tutta l’America Latina chiamano il “fiorellino dell’aria”, colonizzano zone umide subtropicali.

Due parole sul genere Tillandsia

Le Tillandsiae sono quelle piante che, in gran parte dell’America Latina, vivono attaccate ai cavi e ai tralicci, dove crescono “apparentemente” senza alcun tipo di alimento, come se si nutrissero d’aria, in realtà sono capaci di trattenere dall’aria i pulviscoli e le impurità, quindi nutrendosi la purificano. In Italia diverse facoltà universitarie studiano le Tillandsiae per la loro straordinaria capacità di sopravvivenza. Tra queste, il dipartimento di biologia a Firenze, ma anche il dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali di Bologna (BiGeA) ne ha una collezione all’Orto Botanico. Sempre a Bologna i ricercatori la stanno studiando per le sue capacità di assorbire dall’aria, e metabolizzare, gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Il genere Tillandsia appartiene alla famiglia delle Bromeliaceae, famiglia che comprende anche l’Ananas, e in cui moltissime specie sono epifite. In particolare le Tillandsiae sono anche xerofite, cioè sono capaci di vivere in ambienti xerici, dove l’acqua non è disponibile. Sono piante che in secoli di adattamento hanno acquisito capacità sorprendenti. I curiosi potranno trovare sui molti volumi dedicati al genere l’affascinante storia della loro lenta migrazione dalle Ande alla costa oceanica.

tillandsia vaso

Tillandsiae: dove si trovano, chi le importa e le riproduce in Italia?

Come ho già detto, in natura sono soprattutto presenti nei paesi dell’America Latina, dove con le loro appariscenti e strane fioriture sono una presenza piacevole, anche per la bellezza dei loro fiori. Probabilmente non sono altrettanto amate dagli addetti alla manutenzione delle linee elettriche e telefoniche poiché la loro massiccia presenza arriva a danneggiare i cavi: la nonna di un mio amico che da bambino viveva in Argentina, alla domanda su come mai fossero sui fili e come riuscissero a vivere, gli rispose: “Sono le figlie del vento”. Quando questo mio amico dovette lasciare l’Argentina si ricordò di quelle parole, che lo ispirarono al punto che all’indirizzo internet www.tillandsie.com troverete  il suo sito dedicato appunto alle “figlie del vento”. Il mio amico, Claudio Camarda, se ne occupa professionalmente da molti anni, ha importato tantissime specie di Tillandsiae, le ha coltivate e riprodotte fino a diventare il più importante riferimento italiano per gli amatori del genere. È sicuramente interessante visitare il suo sito, ma è ancor più interessante andare a visitare le sue serre a Roma in via Guarene 10 (ponte Galeria). Quando Claudio non è impegnato in qualche mostra, guida personalmente i suoi clienti ad ammirare le fioriture. È un piacere sentirlo parlare delle sue esperienze, prima da amatore e poi da coltivatore. Tra le sue tante attività ha anche realizzato un opuscolo con le regole colturali da seguire per coltivare le piante di Tillandsiae. Ho chiesto al mio amico, a nome dei lettori di Greenious, di preparare un articolo di consigli per coltivare al meglio gli individui del genere, ma anche di parlarci del fascino delle sue “figlie del vento”. Spero che, appena avrà un poco di tempo, lo farà. Tornando alla eccezionalità dell’evento, ho detto che non è difficile, per un amatore, osservare e fotografare ogni anno, nei luoghi dove coltiva le proprie piante, piccolissime plantule nate dai semi dell’anno, quasi sempre però le piccole plantule non riescono a superare l’inverno. Torniamo alla particolarità del genere Tillandsia: sono piante “monocarpiche”, ogni pianta produce un solo fiore e poi muore; i rami, una volta adulti (in forza da fiore) emettono una spiga floreale, spesso con fiori coloratissimi, che in alcune specie supera il metro. Quando la spiga muore anche il ramo che ha fiorito inizia a morire, ma impiega molto tempo prima di seccare, nel frattempo alla sua base usciranno dei getti che formeranno nuove diramazioni e quindi nuovi rami fioriferi.

tillandsia

Consigli per la coltivazione della Tillandsia

Come tutte le piante anche le Tillandsiae, a seconda delle specie, andrebbero tenute all’aperto, più o meno protette, e in alcune situazioni geografiche all’interno di serre. Sono piante che hanno bisogno di tanta luce, ma solo le specie con le foglie ricoperte di prunina sopportano il sole diretto, naturalmente solo per qualche ora al giorno. In natura, nei periodi caldi, tutti i pomeriggi una pioggerella si occupa di annaffiarle, in Italia potremo bagnare le piante con acqua simile a quella piovana, quindi leggera (oligominerale, con pochi sali disciolti), a temperatura ambiente e priva di cloro. Proprio per questa ultima caratteristica è poco consigliabile bagnare le Tillandsiae con l’acqua del rubinetto (almeno nelle zone in cui all’acqua dell’acquedotto viene addizionato il cloro come antibatterico). Queste piante si nutrono dei micro inquinanti e dell’azoto presenti nell’aria, ma per farlo hanno bisogno di avere un corredo di batteri azoto-fissatori: il cloro potrebbe danneggiare le colonie di batteri e quindi inibire la crescita della piantina. Per stabilire quando innaffiare, la situazione è più complicata, molto dipende dalla stagione e dall’esposizione, sarà l’esperienza o la sensibilità del coltivatore la miglior guida per decidere. Alcune specie, quelle con le foglie triangolari che si allargano alla base, quando hanno sete tendono a chiudersi (formando con le foglie dei piccoli tubicini), lo fanno per evitare di perdere altra umidità, quindi quando vedrete le foglie chiuse potrete bagnare le vostre piantine, sempre con acqua di cui, poche righe fa, abbiamo indicato le caratteristiche fisico-chimiche. Non voglio togliere spazio allo specialista, perciò, in attesa dell’articolo di Claudio Camarda, godetevi la magia delle vostre Tillandsiae.

tillandsia roccia

Video sulle Tillandsie mirmecofile o mirmecofite

Tillandsia Usneoides

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

3 Commenti

  1. Non solo a Roma. Io abito in un paese tra Milano e Varese e circa 7 anni fa anni fa sono nate spontaneamente sul tronco della magnolia tre gruppetti di aeranthos e uno di tenuifolia. Oltretutto qualche giorno fa mi sono accorto per caso che una parte del fusto di un oleandro in vaso, lasciato sempre all’aperto, è coperto da minuscoli ciuffetti di Tillandsia. Probabilmente, a giudicare dalla grandezza, sono lì da almeno tre anni. Non so a quale specie appartengano perchè ne ho diverse. Gli inverni dalle mie parti sono molto più rigidi di quelli di Roma.

  2. Proprio la testimonianza del lettore è la prova che, anche in zone apparentemente ostili, esistono o si creano delle “micro aree climatiche”, delle piccole zone che grazie a qualche particolarità, ad esempio un muro che fa da radiatore o una particolare ventilazione, si crea un clima ottimale per specie impensabili da coltivare secondo le caratteristiche “medie” della zona.
    Se una pianta vi piace, prima di rinunciarci invito i lettori a verificate se nel proprio giardino c’è un angolino che potrebbe ospitarla!

    Un bravo da parte mia a Rolando Lualdi per la sua capacità di osservazione.

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