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Alcune curiosità sulle piante e sulla loro vita

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curiosità sulle piante

Ricordo una striscia di Schulz (il padre di Snoopy e Charlie Brown) in cui Lucy dava lezioni di scienze naturali a Linus: tutto puntava sulla fantasia di Lucy che dava spiegazioni inverosimili ma sensazionali, confondendo ancora di più il suo povero allievo. L’uso di aspetti sensazionali o spettacolari è purtroppo un’attività comune tra i divulgatori naturalisti, ho detto purtroppo perché la natura è comunque interessante, anche senza i sensazionalismi spesso dovuti solo alla nostra ignoranza. Le cose che non capiamo sono infatti quelle che ci stupiscono di più, solo che spesso invece di sentirci spronati a studiare siamo capaci di inventarci gli aspetti spettacolari anche quando non ci sono. Così all’Orto botanico di Roma, nella serra Corsini (quella delle piante succulente) sotto il gruppo di quattro Echinocactus grusonii spicca il cartello che indica le piante come plurisecolari (vecchie di circa tre secoli); come ho avuto più volte occasione di segnalare ai responsabili della serra, le piante hanno fiorito per la prima volta una decina di anni fa, considerando anche possibili sofferenze degli esemplari coltivati, ad esempio la ridotta dimensione dei vasi, non posso pensare che quegli esemplari abbiano più di settant’anni. Una curiosità è che uno dei primi Echinocactus arrivato in Europa (esattamente in Inghilterra) nei primi anni del 1700 era un E. ingens di circa due metri di diametro: della pianta ho trovato i disegni del trasporto e l’indicazione che era stata acquistata in Messico da un ricco collezionista per oltre trecento ghinee (una fortuna per l’epoca). Quella era sicuramente una pianta plurisecolare, ma non credo che sia sopravvissuta per molto tempo nella sua nuova dimora, infatti pochi sanno che le piante, come quasi tutti gli esseri viventi, più sono vecchie e più sono piene di acciacchi: spostarle o ferirle vuol dire condannarle a morte.

Curiosità sulle piante, un paio di esempi

Nel 1992, all’interno della manifestazione “Floroma”, alcuni vivaisti siciliani portarono esemplari molto vecchi di piante di fichi d’India (Opuntia ficus indica), dichiarando che erano tra i primi esemplari arrivati in Italia, ossia esemplari di circa 500 anni (la scoperta dell’America è del 1492). Ricordo che mi chiesero di scrivere un commento per le loro piante (il commento uscì su “Piante grasse” la rivista dell’AIAS). Il tronco di quelle Opuntiae, che erano in vasi di plastica del diametro di un metro, era lignificato e superava i 50 cm di diametro, mentre i clatodi (le pale) sembravano delle piccole foglie che spuntavano rade dalla parte superiore del vecchio tronco, ed erano l’unico segnale del fatto che la pianta fosse ancora viva. Non sono stato in grado di confermare l’età della pianta, sicuramente pluricentenaria, ma la sicura certificazione dell’età degli esemplari doveva avvenire con esami di laboratorio. 

Gli orti botanici in giro per il mondo che possiedono un esemplare di Amorphophallus titanum (enorme fallo deforme, come recita il nome) non perdono l’occasione per pubblicizzarne la fioritura. Di solito sono centinaia le persone disposte a sopportare l’odoraccio del fiore cadavere, uno degli altri nomi comuni del A. titanum, per vedere la fioritura di uno dei fiori più grandi, tre metri di altezza, ma anche più fetidi al mondo. È un altro modo di spettacolarizzare la natura per raccogliere qualche soldo, anche se spesso questi spettacoli servono per finanziare la ricerca. Ma pur con tutte le possibili giustificazioni, usare l’eccezionalità del fiore in realtà mette in secondo piano l’ecosistema di Sumatra (di cui l’A. titanum fa parte) nelle cui foreste sono molti i fiori strani, ad esempio, sempre per rimanere nei record, il fiore più largo (con un metro e diciassette centimetri di diametro), la Rafflesia arnoldii, è considerato un altro fiore estremamente maleodorante, ma in realtà l’odore come per le Stapheliae è dovuto alla necessità di richiamare gli insetti impollinatori, in questo caso le mosche della carne. 

Parassite ed epifite

Molto più interessante è la biologia di queste piante (le Rafflesiae) che sono parassite e quindi non hanno fotosintesi propria, piante che vivono nelle stesse foreste in cui oltre 500 diverse specie di orchidee autoctone fioriscono e si riproducono. Le foreste indonesiane sono uno dei massimi esempi di biodiversità, ma è più facile avere l’esemplare bandiera che mostrare gli studi sulla complessità dei rapporti tra le specie. Lo studio dei rapporti tra le specie compete all’ecologia vegetale, e riguarda rapporti di convivenza tra specie a volte molto diverse: funghi, batteri, licheni e cosiddette piante superiori. Tra i ladri di sostanze nutritive i più numerosi sono i funghi, spesso responsabili della morte dell’individuo parassitato, ma non sempre i funghi sono ladri o assassini, alcune radici sono micorizzate da spore che valorizzano l’esemplare e producono un fungo ipogeo (sotterraneo): il tartufo che non danneggia la pianta ospite. Si è recentemente scoperto che alcuni funghi sono responsabili della coltivazione del bosco e con le loro ife portano gli elementi nutritivi alle radici delle piante ancora piccole. L’ecologia vegetale considera le relazioni tra vegetali, dividendo le specie che di solito convivono tra epifite e parassite: le epifite si appoggiano ad altre specie, ma non ne traggono nutrimento, le parassite invece hanno bisogno dell’ospite per nutrirsi, ma non solo i funghi possono parassitare le piante, nelle foreste pluviali le specie del genere Rafflesia lo fanno. Anni fa ho scoperto che una pianta come il vischio, che tutti conosciamo, è in parte parassita: assorbe dalle piante che lo supportano acqua e umidità, difficili da trovare se non si è a contatto con il terreno. In realtà l’occasione che mi fece scoprire la tendenza del vischio fu l’incontro con un esemplare di cactus colonnare da cui fuoriuscivano alcuni frutti del vischio, tutta la pianta del vischio era cresciuta all’interno della cactacea. Io sapevo che il vischio è una specie epifita per molte piante, ma è anche un emiparassita: da alcune specie su cui vive preleva soprattutto acqua, quindi si comporta da parassita.

A Capodanno, dopo aver gustato un piatto di tagliatelle al tartufo, se baciate qualcuno sotto un ramo di vischio, ricordate quanto è interessante l’ecologia vegetale anche senza esempi sensazionali.

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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