Sull’Appia antica, nella parte ancora molto urbanizzata e vicina alla vita cittadina, tra un cavalcavia ferroviario e il fiume Almone, sorge uno strano edificio la cui sagoma è tipica della zona e, quindi, ben nota agli amanti della campagna romana: il sepolcro di Geta.
L’aspetto del monumento
Purtroppo inaccessibile, perché proprietà privata, è ciò che resta di un tipico “sepolcro a torre”, ossia un monumento funebre a gradoni, costituito da sette corpi volumetrici sovrapposti in più livelli, in ordine decrescente. Segni e alloggiamenti visibili suggeriscono che fosse coperto di marmo, di cui è stato spoliato nei secoli sia per ricavarne materiale da costruzione sia, in seguito, per decorare le case delle famiglie nobili della Roma papalina. Quel che resta oggi è la sagoma di calcestruzzo, sulla quale sorge una costruzione di epoca medievale che ancora nei primi anni del Novecento era chiamata Osteria dei Carrettieri.
I fianchi dell’Appia antica erano costellati di tombe di questo tipo, di moltissime di esse non resta che una sagoma o qualche pietra coperta da terra ed erba. Altre sono state distrutte o inglobate in maniera più o meno trasparente nelle ville moderne. Il sepolcro di Geta, come la tomba di Cecilia Metella, si sono in parte conservati perché durante il Medioevo vennero adattati e sfruttati come posti di vedetta. Per avere un colpo d’occhio su quale doveva essere l’aspetto dei sepolcri che costeggiavano l’antica via Appia, sulla loro grandezza e bellezza, forse è meglio fare una passeggiata nel Parco delle Tombe di Via Latina, tra la Tuscolana e l’Appia antica. Piccolo, nascosto tra un discount e un negozio di cucine, il Parco offre 500 metri di antico paesaggio non eccessivamente deturpato dai secoli e dalle recenti e opinabili scelte di gestione del territorio.
La storia di Geta
Ma chi era Geta? Figlio di Settimio Severo e Giulia Domna, ebbe sempre, fin dalla più tenera infanzia, un rapporto
![Geta](https://www.greenious.it/wp-content/uploads/2017/06/sepolcro-di-geta.jpg)
tormentato con il fratello maggiore, Caracalla. Geta si trovava spesso in secondo piano, anche per il carattere fortemente accentratore di Caracalla. Nonostante la mediazione di Giulia Domna e le scelte dell’imperatore Settimio Severo, volte a coinvolgere entrambi i figli nella gestione del territorio in guerra e in pace, il conflitto era ben lungi dal sanarsi. Gli sforzi ci furono tutti, d’altronde Severo auspicava un impero condiviso con saggezza tra i suo due figli, ma purtroppo per lui il senso di responsabilità e la pacatezza non sono caratteristiche ereditarie. Alla morte di Settimio Severo, avvenuta a York nel febbraio del 211 d.C., l’impero venne ereditato congiuntamente dai due fratelli, che però non riuscirono a mantenere armonia. Dopo nemmeno un anno di governo, Geta fu fatto brutalmente uccidere dal fratello Caracalla – pugnalato da alcuni centurioni tra le braccia della madre, che cercava di difenderlo – e colpito dalla damnatio memoriae: ogni suo ritratto venne distrutto o abraso, il suo nome cancellato dalla iscrizioni e via dicendo.
Non siamo nemmeno certi che il monumento chiamato sepolcro di Geta sia veramente l’ultima dimora del fratello minore di Caracalla. L’identificazione del sepolcro è dovuta a un passo dello storico Sparziano, probabilmente neppure corretta e, anche se lo fosse, sappiamo che dovunque si trovasse il vero sepolcro di Geta, le spoglie dello sfortunato quanto giovane “imperatore a metà” furono poi portare nel mausoleo di Adriano. Ma viste le condizioni e il fatto che il la tomba si trova in una proprietà privata, quindi non visitabile, quello che chiamiamo sepolcro di Geta è oggi certamente un monumento funebre all’amore per l’archeologia.