Home Piante grasse Piante grasse: cosa sono e perché hanno tanto successo 

Piante grasse: cosa sono e perché hanno tanto successo 

1690
0
piante grasse

Piante grasse” è un’espressione felice per dare un’idea di cosa stiamo parlando, ma è un termine usato solo in Italia poiché in queste piante non ci sono grassi, proprio per questo nelle altre nazioni le chiamano cactacee e succulente, evidenziando quella che è una prima divisione tra le piante con le spine e quelle senza. Ma non tutte le piante con le spine sono cactacee e non tutte le altre sono succulente, la differenza tra le “grasse” e le altre è legata al tipo di fotosintesi clorofilliana. Probabilmente conoscete già cosa sia la fotosintesi ma ugualmente voglio che ne comprendiate l’importanza. Tutti gli esseri viventi devono nutrirsi, per farlo utilizzano in modo più o meno specializzato altri organismi vegetali o animali che trovano nel proprio ambiente, le piante invece producono al loro interno il proprio cibo: partendo dall’acqua, da elementi inorganici, e dall’energia del sole creano gli zuccheri necessari alla loro crescita (la clorofilla), infatti a differenza degli animali e di molti funghi sono organismi autotrofi che sintetizzano nutrienti organici a partire da elementi inorganici e tra le altre cose lo fanno assorbendo anidride carbonica ed emettendo ossigeno.

Non sempre gli ambienti sono ottimali

Può capitare che alcune piante vivano in ambienti in cui l’acqua non sia disponibile in forma liquida o sia disponibile solo per un certo periodo, in questi casi alcuni vegetali hanno sviluppato la possibilità di immagazzinare anche per lunghi periodi gli elementi nutritivi e soprattutto l’acqua in una o più parti del loro organismo, le radici, il fusto, le foglie. Per farlo utilizzano un sistema di fotosintesi e di fotorespirazione (CAM, acronimo di Crassulacean Acid Metabolism) diverso da quello comunemente usato dalla maggioranza dei vegetali, in pratica hanno adattato il proprio organismo per vivere in situazioni ambientali estreme, compresi i deserti e le montagne.

Le Cactaceae

Ancora all’inizio del secolo scorso le piante succulente americane che nella loro evoluzione avevano trasformato in spine le loro foglie venivano raggruppate nella famiglia dei cactus, ma a seconda della loro forma, della dimensione dei fiori, dell’atteggiamento della specie (eretta o decombente) incominciarono le prime suddivisioni fino ad arrivare alle attuali 120 famiglie. Le forme sferiche di alcune specie erano ben diverse dalle forme colonnari, così le sferiche (le Cactaceaeglobose) vennero divise dalle colonnari, quelle che rassomigliano a dei ceri (i Cereus); i cactus con fiori grandi e colorati (con riflessi metallizzati) caratteristici delle zone meridionali (notos) vennero raggruppati nei Notocactus. I colonnari decombenti (che strisciano sul terreno) non potevano essere compresi nei Cereus e quindi vennero inseriti nel gruppo dei Chamaecereus. Naturalmente la scienza della tassonomia si è sviluppata fino ad arrivare al numero attuale di generi e alle circa 3.000 specie, ma tutto questo prima che arrivasse la genetica molecolare, mi aspetto che nei prossimi anni molti generi subiranno profonde revisioni. 

L’origine delle piante grasse

Rhipsalis, il cactus rilassante e antistressIn questo periodo un altro settore della botanica si sta interessando alle Cactaceae: la paleobotanica; quasi tutte le specie della famiglia sono di origine americana, solo una specie di Cactaceae è riconosciuta come originaria dell’Africa, una sola specie del genere Rhipsalis (Rhipsalis baccifera). Nel continente africano altri cactus sono presenti addirittura come piante infestanti, ma sono piante alloctone (non originarie del luogo). Devo aggiungere che fino ad ora non sono stati trovati esemplari fossili di Cactaceae, e quindi è difficile scoprire un antenato comune (come vorrebbe la sistematica filogenetica). Attualmente, sull’origine della famiglia si sono formate due correnti di pensiero, una identifica il genere Pereskia come i cactus più antichi, questo perché gli esemplari del genere hanno fusti legnosi e hanno anche le foglie e questo rende le piante più simili alle non cactacee e le indicherebbe come il probabile anello di congiunzione. L’altra corrente di pensiero individua il genere Rhipsalis come il primo cactus che esisteva già nella Pangea e successivamente, con le divisioni del Gondwana, in Africa è rimasto solo questo antenato, mentre nel continente americano i cactus si sono evoluti.

Le succulente

Anche se molti fanno una distinzione tra cactus e succulente, in realtà le piante succulente sono tutte quelle che usano la fotosintesi CAM, perciò mentre quasi tutti i cactus sono piante succulente, non tutte le piante succulente sono cactus. Per darvi un’idea della valenza del fenomeno della succulenza, considerate che sono decine le famiglie che contengono gruppi che utilizzano la fotosintesi CAM, centinaia i generi con decine di migliaia di specie.

Non è ancora stata realizzata una pubblicazione completa che riunisca tutte le specie succulente conosciute (oltre 40.000), i tentativi fatti hanno più che altro un valore storico: le continue revisioni dei generi, anche dei più diffusi, rendono queste enciclopedie botaniche inutilizzabili per una classificazione tassonomica sicura e riconosciuta a livello internazionale.

Una metafora sulle piante grasse

Come ho già detto le piante grasse sono capaci di vivere e colonizzare anche i deserti meno piovosi e montagne come le Ande, hanno quindi buon gioco a colonizzare le nostre terrazze e i nostri appartamenti. Avere un angolo roccioso in casa può servire a ricordare che chi è in grado di adattarsi all’ambiente riesce a superare ogni difficoltà. Poi c’è la straordinaria quantità di specie e quindi di forme che permettono una grande possibilità di scelta: solo considerando la famiglia a cui appartiene il fico d’India (Opuntia ficus-indica) si contano circa 900 specie. Naturalmente non tutte sono facili da coltivare ma nell’immaginario collettivo le piante grasse possono essere dimenticate e loro crescono ugualmente; poi c’è l’ignoranza che permette di interpretare i comportamenti vegetali in chiave umana. Ricordo che in uno dei miei corsi una signora raccontò quella che era la sua verità sulla crescita di due sue piante: lei aveva messo le piantine sul suo comodino in camera da letto, loro avevano iniziato a crescere velocemente e ad avvicinarsi, dopo alcuni giorni si sono toccate e sono morte.

La signora, che interpretava il tutto come una storia d’amore, ci rimase molto male quando le spiegai che, per la troppa acqua e la poca luce, le due cactacee globose che aveva comprato avevano “spigato” (si erano deformate allungandosi in modo abnorme) e poi erano marcite.

A proposito: vi prego per il vostro bene e per quello delle vostre piante di non cercare di coltivare piante grasse in camera da letto!

Articolo precedenteCallimaco Zambianchi da Forlì, un’immagine da ricomporre
Articolo successivoLa collezione di carrozze antiche del Quirinale
Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

LASCIA UN COMMENTO

Lascia un commento!
Inserisci qui il tuo nome