La famiglia delle Cactaceae comprende circa 3.000 specie succulente suddivise in 120 generi, ma raccoglie piante che nella quasi totalità sono originarie del continente americano, solo una specie, la Rhipsalis baccifera, è originaria dal continente africano. Nonostante sia solo questa specie ad essere presente in Africa alcuni studiosi ipotizzano che sia l’antenata di tutte le attuali Cactaceae.
In questa famiglia la fotosintesi avviene nei fusti, che presentano areole che altro non sono che gemme latenti ricoperte da lanuggine da cui spesso fuoriescono spine o glochidi. Ma prima di parlarvi delle spine, che è l’argomento principale di questa pagina, permettetemi una notazione da matematico: nei cactus globosi l’accrescimento è apicale ossia le piante crescono non dalla base ma dalla punta, la cosa curiosa è che le areole durante la crescita sono disposte su spirali, e seguono la serie di Fibonacci; studiando i Ferocactus e le Mammillariae si è verificato che i numeri derivati dalle spirali sono specie specifiche, ossia sono una particolarità esclusiva di ogni specie.
Spine e glochidi nelle Cactaceae
In botanica c’è una grande differenza tra spine e glochidi: vengono chiamate “glochidi” le brevi spinette a volte morbide che fuoriescono dalle areole di molte specie di cactus, sono elementi setosi, sottili e rigidi, che si staccano facilmente dall’areola e penetrano nella pelle degli animali che inavvertitamente toccano la pianta, in questo modo svolgono anche una funzione difensiva per la pianta. Purtroppo ho sperimentato a mie spese la pericolosità dei glochidi dell’Opuntia rufescens, al punto da arrivare a credere che questa specie riesca a lanciare i glochidi a chi si avvicini, in realtà questo non avviene ma per giorni ho evitato di avvicinarmi ai miei esemplari di O. rufescens. Inoltre la lanuggine delle areole e i glochidi servono anche a filtrare l’aria e a recuperare l’umidità.
Nelle Cactaceae le spine sono foglie modificate, in questo modo la pianta riduce la traspirazione: nei deserti dove queste piante vivono l’acqua è importante, perderla per colpa dell’evaporazione non permetterebbe alla pianta di sopravvivere. Con il fenomeno della succulenza le cellule vegetali riescono ad immagazzinare l’acqua. Anche la fotorespirazione CAM è finalizzata alla conservazione dell’acqua e prevede che gli stomi siano chiusi durante la giornata e si aprano solo al calare del sole. Ogni areola può avere una o più spine intimamente connesse al fusto della pianta, alcune sono molto lunghe, cilindriche e dritte, altre invece sono larghe, ricurve e estremamente resistenti. Nei Ferocactus le spine sono taglienti come rasoi e sono così resistenti da poter essere usate per sollevare la pianta, ho sperimentato che afferrando due spine laterali di un Ferocactus di una decina di chili ho agevolmente sollevato l’esemplare senza danneggiare il fusto. Tra i cactus globosi sono diversi i generi privi di spine: le piante del genere Lophophora (come dice il nome portano ciuffi), gli Ariocarpus che hanno una lanuggine ma non spine, lo stesso vale per alcune specie di Astrophytum, (l’A.asterias, l’A.microstigma ecc.). Nel genere Mammillaria il numero e il colore delle spine vengono usati come chiave identificativa; nell’ Echinocactus grusonii le spine hanno diverse funzioni, sono difensive, ma servono anche a creare ombreggiamento, la pelle dell’E.grusonii è sensibile e, in mancanza di spine, è necessario abituare la pianta alla luce solare e, come si fa con i bambini quando si portano al mare, le piante vanno scoperte ogni giorno un po’ di più.
I coltivatori hanno realizzato cultivar stabili a spine corte e tozze (forma inermis) di E. grusonii, che di solito ha spine lunghe e gialle, ma anche cultivar a spine bianche (forma albispinus). Sempre in questa specie le spine mostrano come è stato coltivato l’esemplare: nelle coltivazioni intensive le piante sovralimentate crescono rapidamente, ma la distanza tra le areole aumenta e le spine non riescono a crescere molto, negli esemplari in natura le spine lunghe e dure proteggono interamente la pianta, infatti chi coltiva in pieno sole i propri cactus ha esemplari con spine molto più grandi e belle. Tra i coltivatori le dimensioni e la densità delle spine sono molto apprezzate, quindi anche chi segue metodi di coltivazione intensiva cerca sempre delle mediazioni tra la crescita delle piante e lo sviluppo delle spine.
Le funzioni delle spine nelle piante cactaceae
Ho già parlato di alcune funzioni delle spine:
Funzione difensiva: verso gli animali che frequentano le stesse zone, giustificata dal fatto che nei deserti dove spesso vivono queste piante l’unica acqua presente è quella immagazzinata nelle loro cellule, quando le piante succulente non hanno le spine difendono la propria acqua producendo sostanze psicotrope in grado di far impazzire gli animali.
Funzione di ombreggiatura: poiché le spine coprono le costole di molti cactus: già le coste nelle Cactaceae servono prevalentemente per autoprodurre un po’ di ombra, con la copertura delle spine si formano dei camini che producono flussi d’aria a contatto con la superficie della pianta;
Funzione riproduttiva: alcuni cactus di montagna, in zone dove gli unici animali sono ovini selvatici (Bighorn), le spine seghettate o ricurve di alcune piccole Opuntiae o dei Tephrocactus servono alle specie per diffondersi, ed allargare il proprio areale. I cladodi (le pale, spesso cilindriche) sono facili da staccare: basta che una spina si agganci al pelo di un animale e il cladodio della pianta avrà la possibilità di essere abbandonato dal suo ospite in una zona che potrebbe essere più favorevole per lo sviluppo della specie, nel nostro terrazzo sono i gatti di passaggio a favorire la moltiplicazione di queste specie.
Nelle Austrocylindropuntiae le spine con la punta a freccia seghettate (come le fiocine) imprigionano il malcapitato animale, che per liberarsi si ferisce e sanguina (concimando la pianta).
Diverse sono le funzioni e le forme delle spine nelle altre succulente e se i lettori lo vorranno dedicherò un altro articolo per parlare delle spine nelle succulente non Cactaceae.