Le orchidee sono delle piante affascinanti che oltre all’indubbio valore florovivaistico e commerciale hanno sollecitato molte ricerche scientifiche e ancora oggi, come vedremo in un prossimo articolo, conservano segreti. Da amatore evoluto cercherò di raccontarvi qualche curiosità, a partire dal nome della famiglia botanica di appartenenza: Orchideaceae che deriva da Orchis: ὄρχις = testicolo, proprio ad un testicolo rassomigliano i rizotuberi radicali presenti in molte specie terricole. Questi rizotuberi sono caratteristici, ma non esclusivi, per le orchidee terricole, e contengono i succhi che rappresentano le riserve per le piante. È come per le piante succulente (quelle che in Italia chiamiamo piante grasse), spesso nel caso di piante con radici tuberiformi i rizotuberi sono laterali alle radici centrali e questo li ha fatti identificare, dalla cultura popolare, con le gonadi. Ciò ha scatenato le fantasie e le aspettative legate a queste piante a partire dagli antichi riti di magia, fino alla medicina tradizionale, quella della “signatura”, in cui le piante venivano usate per curare gli organi a cui sembravano rassomigliare. In realtà di questi “serbatoi” (rizotuberi) se ne forma uno l’anno, ma quando si genera il nuovo rizotubero quello vecchio viene riassorbito e quindi ne rimangono attivi sempre due.
Esistono circa ventimila specie di orchidee
Non sono in molti a conoscere un’altra particolarità della famiglia: tra tutte le famiglie esistenti è quella che contiene il maggior numero di specie; esistono molte più specie di Orchideaceae (circa 20.000 specie) che di Graminaceae (circa 9.000 specie). Per gli ibridi, poi, il numero è enorme, qualche anno fa si era già superato il numero di 100.000. Il grande numero di ibridi è dovuto a diverse ragioni, nel 1980 ho scoperto che alcune associazioni nazionali di amatori di orchidee offrivano dei premi stratosferici per la realizzazione di fiori con particolari caratteristiche, parliamo di cifre come un milione di dollari. Gli ibridi di orchidee sono fertili anche se ottenuti incrociando differenti generi (se volete saperne di più sugli ibridi vi invito a leggere l’articolo sull’ibridazione), i collezionisti si scambiano piante ibridate ottenute da sei o sette generi, perché queste piante non hanno le barriere genetiche dell’impollinazione. In realtà dal 1990 le ricerche realizzate con l’utilizzo della genetica molecolare hanno dimostrato che i generi sono molto differenti (e in numero inferiore) rispetto a quello che si pensava, tuttavia per comodità, e forse anche per nostalgia, si è deciso di lasciare in uso l’antica tassonomia. Un mio conoscente che ha la cattedra a Roma (alla Sapienza) nella facoltà di genetica molecolare, dopo aver sottoposto ad esami genetici diversi generi di Orchideaceae, sostiene che appartengono allo stesso genere, nonostante le forme estremamente diverse.
Il polline delle Orchidee
Un’altra curiosità specifica delle orchidee è che il polline è raggruppato in masse polliniche, e questo rende impossibile l’allergia ai pollini di orchidee, che che ne dicano alcuni allergologi. Nelle orchidee del genere Cymbidium, quelle che in natura vivono in Oriente ad alta quota, ma che ora sono le più comuni anche da noi per la eccezionale durata dei fiori, il polline è raggruppato in masse a forma di clava, collegate tra loro quasi a formare un occhiale, e soprattutto è contenuto in pollinoteche cornee (quasi delle scatolette di plastica) fissate sulla “colonna” che sovrasta il labello, la “colonna” è una struttura composta dalla fusione tra lo stame e lo stilo. L’insetto impollinatore, posandosi sul labello, fa in qualche modo abbassare la colonna che infastidisce l’insetto il quale, cercando di liberarsi, stacca la pollinoteca e si trova il polline attaccato sul dorso. Il massimo lo fa un’orchidea australiana, la Drakaea elastica, detta anche orchidea a martello: parte del fiore ha la forma e l’odore di una vespa femmina, quando la vespa maschio arriva per tentare un accoppiamento, l’insetto con il suo movimento libera una leva in costante tensione che scatta e catapulta l’insetto stesso all’interno del labello, che ha una forma a sacco. Quando l’insetto frastornato risale, il polline è ormai saldamente fissato al suo dorso. Se vi sembra strano aspettate a scoprire cosa fanno le orchidee spontanee (selvatiche) italiane, tra cui c’è la famosa scarpetta di Venere, il Cypripedium calceolus, un’orchidea rara che da noi è presente in numerosi esemplari nel Parco Nazionale d’Abruzzo; pensate che a Parigi c’è la sede mondiale di un’associazione tra gli “amatori” della scarpetta (calceolus) di Venere. In Italia ci sono circa duecento specie di orchidee selvatiche, di cui circa la metà si trovano sulle colline dell’Italia centrale.
La vaniglia, il baccello dell’orchidea Vanilla planifolia
Un’ulteriore curiosità è la struttura e la collocazione dell’ovario infero delle orchidee, che contiene migliaia di microscopici semi. L’ovario infero è posto prima della corolla da cui partono i sepali e i petali, praticamente dall’esterno si nota un rigonfiamento del peduncolo (o picciolo) che sostiene il fiore, questo rigonfiamento diventerà il frutto. L’ovario, infero o supero, è una parte presente in tutti i fiori e, dopo l’impollinazione, è destinato a diventare un frutto, ma nelle orchidee la particolarità sta nel fatto che il frutto (il baccello) dell’orchidea di origine messicana Vanilla planifolia diventa (dopo diversi trattamenti) la vaniglia, la spezia che tutto il mondo conosce e che si trova anche in forma di baccello in vendita nei supermercati.
Oggi la maggior parte della vaniglia proviene dal Madagascar dall’isola di Reunion, da Java e dall’India, e non più dal Messico. Dovete sapere che partendo dai frutti maturi dell’orchidea (frutti che impiegano nove mesi per maturare), per diventare la spezia che conosciamo il baccello dovrà subire ben cinque lunghi trattamenti: uccisione, sudorazione, asciugatura, condizionamento e selezione. Nel primo si inibiscono le funzioni vitali del frutto immergendolo per qualche minuto in acqua bollente o scaldandolo in appositi forni, poi il baccello deve essere disidratato rapidamente per circa una settimana. Un’ulteriore fase prevede di far raggiungere lentamente un contenuto di umidità non superiore al 25%, infine i baccelli vengono lasciati invecchiare un paio di mesi in casse o ceste per sviluppare le reazioni chimiche che faranno maturare la spezia. Solo dopo questi trattamenti i baccelli verranno selezionati a seconda del loro aspetto fisico. Nel prossimo articolo vi racconterò altre curiosità che sono specifiche delle orchidee, ma vorrei anche parlarvi delle mie avventure e disavventure in giro per il mondo alla ricerca delle orchidee. Infatti si dice che quella delle orchidee è una febbre che coglie tutti quelli che iniziano a coltivarle, pensate cosa può essere stato per me che secondo Ornella (mia moglie) sono “eccessivo” in ogni mia espressione.
[…] sembrano dimostrare. Tra le piante più sorprendenti c’è un genere di orchidea australiana, la Drakaea volgarmente chiamata orchidea a martello che come molte sue simili ha uno specifico insetto […]