Queste righe derivano dalle domande di un amico che dopo aver letto quanto ho scritto in una didascalia su un possibile ibrido, mi ha chiesto: “Come fai a sapere che questa pianta è un ibrido, e se realmente è un ibrido, che ibrido è?”. In effetti il problema non è banale, nella mia affermazione iniziale c’era la sapienza dell’esperto del genere Haworthia , ma anch’io non ero immediatamente in grado di rispondere alla domanda: che pianta è?

La cosa più semplice sarebbe avere delle informazioni direttamente dal produttore, ma per questioni di brevetti (probabilmente mai depositati) il produttore ha preferito dare un nome di fantasia: nel florovivaismo si cerca sempre la pianta “nuova” che sorprenda e interessi l’acquirente, i produttori sono quindi restii a dare delle informazioni serie. Questa sull’ibridismo è una delle domande più difficili a cui rispondere. Se vogliamo è anche una domanda a cui considero inutile rispondere perché, in natura, sono molti gli “ibridi naturali”: spesso due specie hanno i loro “loci tipici” vicini tra loro e allora troveremo individui che avranno le caratteristiche di una o di entrambe le due specie, a seconda della vicinanza o della lontananza dal loro areale principale. L’esperienza mi ha insegnato a rispettare e a cercare di dare una risposta anche a domande apparentemente inutili, spesso chi le fa ha un suo particolare modo di ragionare che stimola nuove riflessioni, e quindi nuovo sapere.
Cosa è un ibrido? E cosa è un cultivar?
Per rispondere devo definire cosa è un ibrido, e cos’è un cultivar, tempo fa ne ho dato una mia spiegazione, ma la riporto volentieri.
Si dicono ibridi gli esemplari nati da sementi ottenute incrociando individui di specie diverse. In alcuni casi è possibile ottenere sementi capaci di germinare da incroci di esemplari appartenenti a generi diversi ma prossimi (Alhaworthia, ecc.): in questo caso le piante ottenute sono sterili. I muli ne sono un esempio nel regno animale.
Sono cultivar le piante ottenute con la selezione in coltivazione, spesso differiscono dagli esemplari rappresentativi della specie per dimensione o colore, purtroppo le nuove caratteristiche non sono destinate a rimanere costanti. I cultivar sono esemplari ottenuti facendo accoppiare individui della stessa specie con particolari caratteristiche che si vogliono esaltare.
Come fare a scoprire se una pianta è un ibrido o un cultivar?

Come fare a ricostruire il processo a ritroso? Intanto potremo scoprire se la pianta è un ibrido o un cultivar, se saremo “fortunati” basterà aspettare la fioritura che ci dirà che siamo in presenza di un cultivar se la fioritura sarà simile (o uguale) a quella prevista per la specie, e questa è una certezza. Una controprova potrà essere quella di impollinare i fiori e raccogliere i semi, piantarli e verificare il tipo di piante che si otterranno. La controprova richiede tre o quattro anni di lavoro. Nel caso di situazione “sfortunata”, i fiori non rassomiglieranno a quelli della specie a cui sembra appartenere la pianta, in questo caso potremmo essere di fronte ad un ibrido extragenerico. A questo punto vi raccomando vivamente di rivolgervi ad un superesperto del genere botanico di cui siete curiosi di scoprire l’ibrido: molti degli ibridi in commercio sono depositati negli Stati Uniti presso gli Huntington botanical gardens, che tra i loro compiti hanno anche quello di essere delle vere e proprie banche genetiche, in grado di fornire agli studiosi i semi o le informazioni necessarie per lo sviluppo della ricerca internazionale. Questa organizzazione con le sue pubblicazioni specializzate invia bollettini di aggiornamento agli esperti. Se invece volete perdere tempo potrete iniziare a fecondare i fiori della specie che più somiglia alla pianta da studiare con il polline dei fiori di specie (dello stesso genere) con caratteristiche diverse da quelle base, ma ugualmente prevalenti, ad esempio foglia molto larga alla base, particolari tipi di radici, ecc.. Dopo aver seminato i semi così ottenuti dovremo confrontare gli esemplari nati da questi incroci con la pianta in esame. Questo processo richiede circa quattro anni, il problema è che l’intero processo potrebbe essere completamente sbagliato e quindi da invertire: polline della specie predominante su fiore di specie ignota. Un sistema più rapido, sperimentato dai produttori che intendono copiare un ibrido non descritto, è quello di procurarsi decine di esemplari della pianta da analizzare, impollinarla con esemplari simili e poi seminare migliaia (anche milioni) di semi, tra questi alcuni produrranno piante più somiglianti alla specie madre e altre somiglieranno a quelle della specie padre (che ha fornito il polline). I coltivatori riescono così ad ottenere le informazioni necessarie senza distrarsi dalla produzione di piante, che è la loro principale attività e realizzano una dimostrazione pratica delle teorie darwiniane.
Darwin, e la definizione di specie
A proposito di Darwin è interessante ricordare il suo punto di vista sulla definizione di specie, che qui mi sono permesso di usare senza approfondimenti. Oggi in botanica la specie è il gradino più basso della classificazione tassonomica ufficiale, anche se poi esistono sottospecie, varietà e forma. In una situazione meno divulgativa ho scritto che l’idea di specie è difficile da definire, infatti di solito è basata sulla riproduzione: alcuni considerano la specie un insieme di individui che possono incrociarsi tra loro dando prole fertile, ma questo in botanica non basta e quindi si studiano gli apparati riproduttivi (i fiori) per individuare le differenze che nei secoli si sono formate per adattarsi a particolari animali impollinatori, ma anche questo non è così determinante, per questo ricordo spesso che nell’ “Origine della specie” lo stesso C. Darwin scrive: “… io considero il termine “specie” come una definizione arbitraria che, per motivi di convenienza, serve a designare un gruppo di individui strettamente simili tra di loro, per cui la specie non differisce granché dalla varietà, intendendosi con questo termine le forme meno distinte e più fluttuanti. … “. Tutto questo senza considerare le nuove scoperte della biologia molecolare che molto hanno cambiato nel mondo della tassonomia (inimmaginabili al tempo di Darwin).
La specie secondo J.J. Lavranos

Gli scienziati per individuare una nuova specie si rifanno alla loro sensibilità e alle differenze rispetto alle specie esistenti, certamente individui appartenenti alla stessa specie devono possedere caratteristiche comuni, stabili e determinanti. Secondo il mio amico J.J. Lavranos molte sono le specie oggi riconosciute valide che tra qualche anno potranno essere declassate a sottospecie o a varietà della specie principale. Infine dovete sapere che in natura (specialmente nel caso di ambienti estremi come i deserti) le piante acquisiscono delle forme che poi perdono se coltivate in ambienti diversi. Per questo esistono individui che funzionano da referee internazionali a disposizione dei ricercatori; i referee ricevono i semi o le talee delle possibili nuove specie e dopo averle coltivate fuori dal loro ambiente le descrivono ai ricercatori, garantendo la stabilità di alcune caratteristiche. Per diversi anni anch’io ho fatto parte di questo gruppo di persone, e ricevevo periodicamente da amici ricercatori le piante da analizzare. Come spesso accade in campo scientifico ho dovuto smettere per il troppo impegno richiesto a fronte di nessun ritorno economico: era un lavoro di grande responsabilità, che mi ha fatto invidiare da molti e sicuramente perdere degli amici. Tutto questo solo per coltivar piantine!
[…] chiave di identificazione delle Specie del Genere. Tuttavia i vivaisti producono in continuazione dei “cultivar”, ossia esemplari che esaltano oltre misura alcune caratteristiche di una specie, per avere delle […]