Nell’articolo in cui ho presentato la “Lex Luci Spoletina” ho raccontato come ho conosciuto il dottor Filippo Aldini (il presidente dell’Unione Forestali d’Italia), che mi ha regalato una copia della sua pubblicazione. Con lui avevamo iniziato a parlare degli acquedotti romani e io avevo raccontato di una mia moneta, coniata nel 56 a. C. dal Console Lucius Marcius Philippus per celebrare la sua famiglia, ma soprattutto per “finanziare” il restauro e lo sviluppo dell’acquedotto dell’acqua Marcia. La mia moneta (un Dinario d’argento) da un lato riporta l’immagine di Anco Marzio (da cui la famiglia asseriva di discendere) e dall’altro cinque arcate dell’acquedotto sovrastate da una statua equestre con la scritta AQUA MAR (negli archi). L’acquedotto dell’acqua Marcia (che a Roma in parte è ancora funzionante) era stato progettato e ne era stata decisa la costruzione nel 179 a. C., ma il potente Marco Licinio Crasso non voleva che passasse sui suoi terreni, e così venne realizzato solo 35 anni dopo (nel 144 a. C.).
Filippo Aldini aveva capito che la moneta era stata creata da Lucius Marcius Philippus (padre), anch’egli Console, ma quarant’anni prima, e non dal figlio; così mi raccontò di quanto (questo Console) fosse stato responsabile delle Guerre sociali. Lucius Marcius Philippus era un oppositore della concessione della “cittadinanza romana” ai “Socii”, e un feroce oppositore del Tribuno della plebe Livio Druso, che era a favore dell’inclusione di quei popoli. Sempre secondo il dottor Aldini fu in quel periodo che per la prima volta venne coniata una moneta con la scritta ITALIA, e lui ne aveva parlato nella sua pubblicazione dedicata alla Lex Luci Spoletina. La storia mi è sembrata così attuale che mi piace riassumerla per i miei lettori.
Chi erano i socii
All’origine della sua storia, Roma si trovò a combattere contro le altre popolazioni latine preesistenti, in particolare dovette sottomettere molte città della “lega latina”, ma saggiamente lasciò ai vinti la possibilità di amministrarsi e con la “Ius Latii” stabilì regole di comune comportamento con le popolazioni latine, che finirono per riconoscerla come città dominante. Furono stabilite delle alleanze specialmente legate alla espansione militare e al controllo del territorio. In pratica i Socii Latini e successivamente i Socii Italici, erano degli alleati, che combattevano al fianco dei romani, ma non avevano gli stessi diritti dei romani. Addirittura la Ius Latii aveva concesso una specie di equiparazione civile, ma era riservata soltanto ai Latini, che erano “solo” esclusi dal voto e quindi dalle cariche politiche: tutto ciò aumentava la disparità di trattamento tra i vari alleati. Le altre popolazioni, pur dovendo contribuire per la loro parte al mantenimento dell’esercito, avevano ancor meno diritti; questa situazione, ma soprattutto la legge del 95 a. C. Lex Licinia Mucia, erano alla base di un malcontento diffuso. La Lex Licinia Mucia era, rispetto alla precedente, ancora più restrittiva e soprattutto punitiva per chi si “spacciava” per cittadino romano, gli immigrati “extracomunitari” di quel periodo.
La guerra sociale
Così scoppiò, in quella che è l’attuale Ascoli Piceno, una rivolta dei Socii Italici che aspiravano alla conquista della “cittadinanza romana”. Insorsero nove popolazioni “alleate”: i Piceni, i Vestini, i Peligni, I Marsi, i Marrucini, i Frentani, i Lucani, gli Apuli e i Sanniti. Questi popoli, delusi nelle loro aspettative, armarono un esercito a capo del quale misero il sannita Papio Mutilo, probabilmente in ricordo della guerra sannita persa da Roma (quella delle Forche Caudine). Per ribadire la loro identità, crearono anche una nuova capitale nel Sannio, nella città di Corfinium, oggi Corfinio, che venne ribattezzata Italica.
La cittadinanza romana
Cosa era la cittadinanza romana a cui i Socii aspiravano? Il “civis romanus” (cittadino romano) aveva, rispetto alle popolazioni dei “Socii”, pieni diritti politici e legali, ma soprattutto vantaggi civili, fiscali e patrimoniali e poteva candidarsi alle cariche pubbliche. Nel caso di un cittadino romano “all’estero” (in una provincia romana) i vantaggi erano ancora maggiori: egli era esentato dal pagamento di molti tributi e infine, se arrestato, non avrebbe potuto essere sottoposto a pene corporali. Al termine delle guerre vittoriose il Senato riconosceva ai soldati con la “cittadinanza romana” una parte del bottino e dei territori conquistati.
La moneta con la scritta Italia
Come avevo anticipato, nel 91 a. C. i Socii realizzarono una specie di “moneta comune” con da un lato una testa di donna e la scritta ITALIA, dall’altro (a seconda delle popolazioni), il toro sacro dei Sanniti che attacca e calpesta la lupa dei Romani, oppure la scena del giuramento dei nove popoli (era un ITALICO, una specie di EURO ante litteram). La moneta venne coniata dopo l’assassinio del romano tribuno della plebe Livio Druso, che aveva sostenuto le richieste dei Socii e aveva già abrogato la legge del 95 a. C. (Lex Licinia Mucia). L’assassinio scatenò la rivolta della città di Ascoli Piceno e l’insurrezione dei Piceni che, da “vicini”, erano quelli che maggiormente facevano conto su una legge di inclusione. L’opposizione a maggiori concessioni ai Socii era fortissima a Roma. Proprio per questo è ipotizzabile che Marco Livio Druso sia stato assassinato da emissari dei romani a causa del suo operato, e questa fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Ci furono molti scontri e i Socii vennero più volte sconfitti, nel frattempo il Senato aveva emanato una nuova legge sulla cittadinanza, meno dura di quella abrogata dal tribuno assassinato. Questa nuova legge contribuì a dividere il fronte degli insorti che così vennero sconfitti. Nel 90 a.C. Lucio Giulio Cesare promulgò la “Lex Iulia de civitate” e tutti i Socii ottennero la desiderata cittadinanza e vennero equiparati ai cittadini romani. I Socii, anche se sconfitti, riuscirono grazie alla Lex Iulia ad ottenere i loro scopi, tanto che alla fine del periodo repubblicano anche gli aspetti formali delle differenze tra Socii e romani sparirono e così tutti gli ex Socii vennero considerati cittadini romani.
La guerra sociale terminò definitivamente nell’ 88 a. C. e tutta l’Italia (di quegli anni) venne accomunata, come riporta nel suo scritto il dottor Aldini:
“Per Italia, oltre che la capitale dei socii, si intendeva anche quella parte della penisola che andava dalla terra dei Bruzi (Calabria) sino al Rubicone e comprendeva tutti i popoli che chiedevano di essere equiparati ai cittadini romani. Il resto della penisola era definita Gallia Togata.”
Riporto le immagini delle monete che ho descritto, proprio per permettervi di constatarne la particolarità.
Converrete con me che la moneta comune e la comune cittadinanza sono parte della nostra storia e sicuramente alla base della nostra civiltà.