La settimana scorsa ho avuto occasione di conoscere il presidente dell’Unione Forestali d’Italia, il dottor Filippo Aldini, che mi ha regalato un suo interessante lavoro sulla “Lex Luci Spoletina”: una ricerca su quella che ormai tutti gli studiosi considerano la prima legge forestale di cui si ha notizia. Dopo averlo letto ed essermi documentato sull’argomento, ho pensato che sarebbe stato interessante farlo conoscere agli amici di Greenious sicuramente sensibili alle problematiche ambientali.
Il periodo storico
Contestualizzare è importante quando parliamo di leggi antiche e ancora di più è indispensabile per comprendere la mentalità e le preoccupazioni dell’epoca. Siamo tra il quarto e il terzo secolo prima di Cristo, chi ha buona memoria ricorderà, per averlo studiato a scuola, che nel 387 a.C. ci fu il sacco di Roma da parte dei Galli, con le storie, più o meno leggendarie, che conosciamo tutti: colpa di Tito Livio che ne ha riportato gli episodi salienti, ad esempio quello dell’ingresso dei Galli nel Senato, dove tutti i senatori erano seduti e composti tanto che un soldato Gallo tirò la barba al senatore Marco Papirio, per scoprire se fosse vivo o morto, ricevendone in cambio una sonora randellata con lo scettro senatoriale. Randellata che diede l’avvio al massacro di tutti i senatori. Ricorderete anche l’episodio delle oche del Campidoglio che, con il loro starnazzare, salvarono gli assediati da un tentativo di intrusione: il colle era l’unico posto in città dove si erano rifugiati i romani. Ancora più famoso l’episodio del successivo tentativo di accordo con Il capo dei Galli (Benno) che aveva truccato la bilancia dove pesare l’oro chiesto come bottino, e che alle proteste romane aveva aggiunto anche la sua spada al peso, urlando la famosa frase “Vaevictis” (guai ai vinti). E anche la orgogliosa risposta che Tito Livio attribuisce a Marco Furio Camillo che si oppose al riscatto e sostenne: “non con l’oro si riscatta la patria ma con il ferro delle armi”. Subito dopo i Romani si riorganizzarono e sconfissero i Galli in modo definitivo e con l’occasione rafforzarono anche le Mura Serviane (che oggi sono in parte visibili nella sede della Direzione Nazionale dei Carabinieri Forestali, una sorta di nemesi). Tuttavia i Romani ne erano usciti con le ossa rotte e le casse vuote e così iniziarono a costruirsi quell’area di protezione che porterà all’Impero. Misero in cantiere una flotta per aumentare i traffici commerciali e continuarono la loro politica di annessione delle popolazioni vicine, cosa che durò fino al primo secolo a.C. . Ne parlo per ricordare che il materiale usato per costruire le navi, le fortificazioni delle caserme nelle colonie, ma anche le case della gente comune, era il legno e in quel periodo i Romani hanno veramente fatto una strage degli antichi boschi che invadevano gran parte della penisola. Tuttavia ogni comunità locale di una certa importanza aveva un proprio bosco sacro, un “Lucus”, un pezzo di bosco dedicato agli dei già dalla fondazione della colonia. In quest’area gli Augurè svolgevano i riti sacri (augurali) previsti dalla religione, nei giorni stabiliti per ottenere la protezione degli dei per le messi, gli armenti e altro ancora.
La Lex luci spoletina
In realtà i Romani usavano diversi termini per indicare un bosco, come riporta il dottor Filippo Aldini.
- Nemus, quando il soprassuolo era formato da una “composita moltitudoarborum”
- Silva, quando il soprassuolo era formato da vegetazione “diffusa et inculta”
- Lucus, quando il soprassuolo era formato da “arborummoltitudocum religione”
Invece il Fanum era una radura in mezzo al bosco. Ancora oggi è possibile visitare alcuni di questi antichi boschi sacri, ad esempio quello di Monteluco (una frazione di Spoleto) dove troneggia, su una specie di ara, la riproduzione della stele con la “Lex luci spoletina”. I boschi, che oggi sono indicati dai cartelli dell’Ente del turismo, anticamente avevano ingressi ornati da cippi e iscrizioni, con raccomandazioni e ammonimenti. Una di queste steli è quella che ci ha permesso di conoscere la Lex luci spoletina. In realtà questa stele era stata usata come materiale da costruzione e venne casualmente ritrovata murata in una parete nel 1876. Successivamente, nel 1913, venne trovata a pochi chilometri di distanza un’altra stele che riportava un testo quasi identico. Entrambe le steli risalgono agli ultimi decenni del terzo secolo a.C. ed hanno forme e dimensioni simili, eccovi il testo tradotto della prima stele (come riportato da Filippo Aldini):
“Questo bosco nessuno profani, né asporti su carro od a braccia ciò che al bosco appartenga, né lo tagli, se nel giorno in cui avverrà l’annuale sacrificio; quel giorno, in quanto si faccia a causa del sacrificio sarà lecito tagliarlo senza frode. Se uno lo profanerà, a Giove farà espiazione con un bue: se uno lo profanerà consapevolmente con mala intenzione, a Giove farà espiazione con un bue e 300 assi saranno di multa. Di quella espiazione e della multa al magistrato spetterà l’esazione.”
Per quello che ho già detto questa legge valeva solo per l’area del Lucus che era considerata sacra, ben altra sorte era quella riservata alla Silva e al Nemus che non avevano il “valore aggiunto” della religione. Il lavoro del Dottor Aldini completa gli aspetti tecnici e giuridici legati alla legge, gli interessati potranno chiedere una copia della pubblicazione all’Unione Forestali d’Italia. Personalmente cercherò di continuare ad utilizzare la competenza storica dell’autore per arricchire la cultura dei nostri lettori.