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Gli orologi del Quirinale, conservazione e restauro

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orologi del Quirinale

Prima di andare a visitare la mostra che ha permesso a tantissimi italiani di ammirare parte della collezione degli orologi del Quirinale, un mio grande amico, che conosceva la mia passione per l’orologeria antica e che aveva letto alcuni miei articoli sulla storia dell’orologeria, mi ha presentato uno degli orologiai responsabili della collezione, Stefano Valbonesi, un nome importante nell’orologeria antica. Stefano è colui che potremo definire un figlio d’arte, ma in modo indiretto: è lui che ha trasformato in lavoro la passione che già aveva suo padre per l’orologeria; il padre   insegnava meccanica all’I.T.I.S. G. Armellini di Roma, ma questa sua occupazione non gli ha impedito di realizzare restauri su orologi importanti che lo hanno reso famoso tra i collezionisti. Devo dire che fu proprio in quei giorni del 2018 che ebbi l’idea di scrivere una serie di articoli su quei super artigiani, che sono in realtà una via di mezzo tra artisti, scienziati e tecnici abilitati ad intervenire sugli oggetti artistici riconosciuti come “beni culturali”.

Parlando degli arazzi nel Quirinale ho già raccontato che furono proprio i laboratori degli orologiai i primi ad essere realizzati a Palazzo nel 1958. Da allora le nostre eccezionali maestranze sono diventate sempre più importanti, al punto da essere richieste per intervenire sui beni artistici e culturali di altre nazioni. 

Anche per gli orologi ci sono delle regole

Grazie al lavoro e agli studi dei professionisti del settore anche l’arte del restauro si è evoluta, e con la crescita delle tecniche sono aumentate anche le norme che è necessario rispettare. Oggi chi restaura ha delle responsabilità anche dal punto di vista legale: intanto deve conoscere le regole, le operazioni e i prodotti consentiti (per quello specifico lavoro), ma c’è anche l’obbligo all’iscrizione nell’albo dei restauratori, con le relative incombenze. In alcuni casi anch’io, quando mi sono interessato del restauro funzionale, ma anche artistico, di orologi personali risalenti tra il 1700 e il 1950 mi sono trovato in imbarazzo ad intervenire su alcuni pezzi. Il codice dei beni culturali dal 2004 mi imponeva di chiedere aiuto ad un restauratore professionista iscritto all’albo dei restauratori. La committenza privata non giustifica l’intervento di persone non riconosciute come restauratori, e non era una giustificazione neppure la mancata iscrizione nei registri dei beni artistici e tutelati degli orologi su cui stavo intervenendo. 

Per molti anni l’orologeria europea, compresa quella degli “orologini” personali, realizzava quasi esclusivamente oggetti unici, numerati solo per ricordare al fabbricante la committenza e per ritrovare nel registro di bottega le annotazioni sulle caratteristiche di quel particolare orologio. Solo a partire dalla Rivoluzione Industriale le produzioni si sono uniformate, i calibri standardizzati hanno promosso la diffusione di alcuni modelli prodotti in milioni di esemplari. Questo ha condizionato anche l’attività degli orologiai che da allora in poi fu sufficiente che conoscessero le caratteristiche tecniche dei calibri e dei movimenti, senza la necessità di studiare ogni singolo pezzo. 

Gli orologi del Quirinale non sono pezzi prodotti in serie, anche se alcuni dei fabbricanti, soprattutto quelli francesi e in particolare quelli con sede a Parigi, avevano realizzato in alcuni quartieri della città delle concentrazioni di artigiani che, lavorando in sinergia, accrescevano la qualità e la omogeneità della produzione: una sorta di fabbrica diffusa. Nel quartiere dei grandi orologiai c’erano le botteghe di chi produceva quadranti, di chi si dedicava alle molle, di chi si occupava delle lancette, di chi invece si interessava delle casse in cui inserire i meccanismi, c’erano grandi ebanisti, ma anche fabbri in grado di realizzare le minuterie necessarie ai grandi atelier. A Parigi si era formato il tessuto connettivo che permetteva agli orologiai di creare e brevettare nuove complicazioni. Gli orologiai che al giorno d’oggi si dedicano all’orologeria antica non hanno modelli di riferimento e devono quindi essere anche storici e investigatori, in grado di comprendere le ragioni di ogni scelta per ogni singola parte del movimento in restauro: è sicuramente un’attività che offre soddisfazioni maggiori rispetto a quella della semplice riparazione. Tra gli storici dell’orologeria mi sono fatto un nome scrivendo molti articoli che avrebbero dovuto essere la base di un lavoro a quattro mani sui movimenti e le complicazioni nei secoli, un libro che poi non è più stato realizzato perché l’amico (sicuramente più esperto di me in storia dell’orologeria) è morto inaspettatamente. Tuttavia, anche senza il libro, i nostri articoli sono stati ripresi da prestigiose riviste internazionali del settore. Scrivendoli e soprattutto studiando i movimenti che riparavo e i lavori dei miei colleghi, ho scoperto quanto fossero improvvisati alcuni restauratori che pur essendo professionisti legalmente riconosciuti, non sapendo far altro, si limitavano a ripristinare l’aspetto estetico e non il movimento di orologi bellissimi con movimenti geniali. I colleghi lasciavano ai “meccanici” l’intervento sui movimenti, prevedendo una diversa voce di spesa per la “manutenzione e il recupero” di quei movimenti, non riconoscendo come restauro la ricostruzione di parti meccaniche. Ho constatato personalmente, e con piacere, che i restauratori del Quirinale sono anche degli egregi manutentori e meccanici.

Orologi del Quirinale: in principio i manutentori

Uno dei maestri dell’orologeria moderna al quale esprimevo il mio rammarico, concordava con me sulle difficoltà aggiunte da “orologiai” improvvisati rispetto alla possibilità di restaurare la meccanica di movimenti inusuali, spesso pezzi unici. Ho imparato a mie spese che per non creare danni occorre una forma mentale che si acquisisce con l’esperienza e con il rispetto per gli oggetti che si cerca di riparare, spesso occorre costruire degli strumenti, riscoprire quelli usati dai produttori, studiare i loro gesti, anche se tutto questo servirà soltanto per intervenire su un solo pezzo, non si può avere fretta e neppure essere presuntuosi, occorre prima studiare l’intervento nei minimi particolari. Questo non è certo il problema dei “tecnici” del Quirinale: il laboratorio di orologeria del Quirinale venne istituito grazie alle considerazioni di Alberto Giuganino, nel 1958, quindi possiamo considerarlo tra i migliori laboratori di manutenzione e restauro, per le competenze acquisite nella sua ultrasessantennale esperienza, ma di questo vi parlerò più avanti. In realtà all’inizio gli orologiai erano soprattutto dei manutentori, secondo Giuganino dovevano occuparsi di fare in modo che i 230 orologi nel Palazzo continuassero a segnare il tempo. Ho potuto verificare di persona che ora i tecnici del laboratorio di orologeria del Quirinale hanno aggiunto alle capacità tecniche anche competenze legate alla storia dell’orologeria, alla storia dell’arte; tutto questo assieme alla conoscenza delle più importanti collezioni di orologi antichi, sia pubbliche che private.  Ma non ci sono solo cose positive, ho potuto leggere che negli ultimi anni il laboratorio è stato oggetto di notizie false e di attacchi da parte di persone interessate a denigrarne il lavoro, al punto che l’ufficio stampa del Quirinale è dovuto intervenire, il 29 luglio 2018, con un articolo intitolato “La verità sugli orologiai e le fake news su internet”. Anch’io sono tra gli italiani “imbrogliati” dagli autori del volume su “La Casta” ero convinto che le notizie riportate fossero vere e verificare. Il Quirinale era indicato come uno dei luoghi degli sprechi, le straordinarie restauratrici del laboratorio degli arazzi, nel libro erano presentate come “rammendatrici” strapagate e lo stesso trattamento era riservato agli orologiai. 

È triste che per vendere qualche copia in più dei “giornalisti” siano disponibili ad alterare la realtà soffiando sul fuoco del malcontento popolare. Ora non posso credere di aver appoggiato e ritenuto degno di fede chi chiedeva “giustificazioni” a chi, per conservare un’opera d’arte (tra l’altro di proprietà pubblica) si rivolgeva a super tecnici specializzati. È evidente il disprezzo per l’arte e la storia. Ma se ci sono caduto io che conoscevo bene il valore degli oggetti custoditi nel Quirinale, vuol dire che l’operazione di disinformazione è stata estesa, martellante e probabilmente cavalcata politicamente. Nessuno si sarebbe scandalizzato se gli orologiai fossero stati usati per mantenere in funzione orologi moderni, magari di qualche grande marca (usata come investimento) sopravvalutata dal mercato degli orologi di lusso. Questo mi fa pensare a quanto sia facile cadere negli imbrogli della demagogia. Forse gli ignoranti avrebbero potuto evitare le polemiche pensando anche solo al valore venale degli orologi del Quirinale

Certo non ci sono prezzi di listino, in questo caso sono i collezionisti, durante le aste, a stabilire il “prezzo”, ma posso anticiparvi che parliamo di pezzi storici realizzati dai più famosi artigiani e soprattutto del periodo d’oro dell’orologeria francese, quindi di un patrimonio veramente importante anche dal punto di vista economico. Ma spero che non sia questo l’aspetto più importante per gli italiani.  

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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