Abbiamo raccontato come Augusto abbia nominato curatori della biblioteca palatina due personaggi estremamente colti, autori essi stessi ma anche esperti di amministrazione e burocrazia. Andando avanti negli anni, i procuratores bybliothecarum vennero scelti prima tra gli schiavi imperiali affrancati e poi nell’ordine equestre. Ci imbattiamo allora in un paio di (antichi) tipi da biblioteca, quelli che ancora oggi puoi incontrare sempre lì, con il naso tra le carte. In questo caso, vi raccontiamo di Svetonio e Galeno.
Svetonio e le biblioteche come luogo di sapere enciclopedico
Svetonio fu procuratore delle biblioteche al tempo di Traiano; per essere precisi era amministratore della biblioteca imperiale ed è possibile che abbia collaborato alla creazione delle bibliothecae ulpiae nel Foro di Traiano. Il suo lavoro di bibliotecario fu indispensabile per le sua attività di studioso, storico e biografo. Svetonio è autore De vita Caesarum ed è probabile che per scrivere le biografia degli imperatori abbia approfittato dell’accesso agli archivi di Stato, che conservavano documenti privati di grande interesse, sia opere letterarie (come le memorie di Claudio e di Nerone, ma anche l’opera sulla cura dei capelli scritta da Domiziano) sia corrispondenza. Svetonio peraltro era uno studioso serio, erudito, autore di varie opere in greco e in latino, sebbene ne De vita Caesarum si faccia influenzare un po’ dal gusto del pettegolezzo e, specie per alcuni imperatori, dalle fonti a loro ostili. La lista delle sue opere è lunghissima ed evidenzia la preparazione enciclopedica di un uomo che spese la sua vita tra i volumina delle biblioteche. Ma, sotto Adriano, Svetonio cade in disgrazia: Plinio il Giovane, suo amico e protettore, muore e pare che il nostro intellettuale fosse entrato un po’ troppo nelle grazie dell’imperatrice Sabina.
Galeno e le biblioteche come luogo di ricerca
Galeno per secoli sarà l’ultimo medico dell’antichità ad essere riconosciuto come un punto di riferimento scientifico. Non aveva certo bisogno delle biblioteche per presentarsi come persona di sapere, ma esse furono l’ambiente dove Galeno poté consolidare il proprio prestigio scientifico. In trattato ritenuto a lungo perduto ma ritrovato in un monastero greco, Galeno racconta i suo progetti di studio, lasciandoci un involontaria quanto intrigante descrizione del funzionamento delle biblioteche antiche. La biblioteca Palatina, quella nel Templum Pacis e altre ancora non erano solo luoghi di consultazione e lettura ma, diremmo oggi, anche di ricerca. Nel testo ritrovato Galeno specifica anche di aver mobilitato alcuni amici perché copie delle sue opere raggiungano anche le biblioteche di provincia: è un inizio di quella che oggi chiameremmo distribuzione.
Il racconto di un tragico incendio
Nel 192 d.C. un feroce incendio devastò Roma e i magazzini delle sue principali biblioteche: una tragedia immane per gli amanti della cultura e di chi, come Galeno, aveva bisogno di fonti. Nel leggere il racconto di questa disgrazia, balza ai nostri occhi la metodica organizzazione dell’antico sistema bibliotecario. La conservazione ordinata dei volumina per secoli era stata una garanzia di salvezza degli stessi, ma all’arrivo delle fiamme si era trasformata in una condanna collettiva per quei fragili testi. Galeno racconta che tra le fiamme perirono “opere rare e non conservate altrove, copie di opere correnti che però erano tenute in gran conto per la precisione del testo
…vi erano anche numerose copie autografe di antichi grammatici, oratori, medici e filosofi
Galeno, L’imperturbabilità, 13
Con queste sue addolorate parole, Galeno ci riporta un mondo estremamente moderno, in cui le biblioteche erano anche il luogo prescelto per validare i testi, confermandone attendibilità e prestigio.