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Tra frutti antichi e dimenticati alcuni mi sono familiari

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giuggiole, zibibbo,

A fine 2024 dei miei amici hanno ricevuto, insieme agli auguri, una bottiglia di “broda di giuggiole”. L’idea era quella di farli sentire davvero “in brodo di giuggiole” e, come faccio sempre, ho accompagnato il dono con un mio breve articolo.

Avevo già approfondito l’origine del modo di dire “sentirsi in brodo di giuggiole” e scoperto che le piante di giuggiolo (Ziziphus jujuba) sono abbastanza diffuse in tutta Italia. Crescono soprattutto nei terreni residuali, dove risulta poco redditizio coltivare alberi da frutto: per questo, nel nostro Paese, a ottobre le giuggiole si trovano facilmente, anche se spesso non vengono raccolte.

La pianta è originaria della Siria e fu esportata in Cina oltre 4.000 anni fa. I Cinesi facevano, e fanno tuttora, appassire i frutti — che così diventano molto dolci — per poi consumarli come datteri, da cui deriva il nome “datteri cinesi”. In realtà i frutti erano noti e utilizzati anche dagli antichi Greci ed Egizi, che li facevano fermentare per ottenere una bevanda alcolica citata anche da Erodoto.

Lo Ziziphus fu introdotto in Europa dai Romani e, in Italia, la pianta venne utilizzata soprattutto in Veneto per creare siepi di protezione: grazie alle radici profonde e alle spine forti e lunghe, formava barriere invalicabili. Sempre in Italia furono i Gonzaga, intorno al 1600, a perfezionare e diffondere la ricetta moderna della “broda di giuggiole”, che amavano offrire ai loro ospiti per stupirli. La dinastia dei Gonzaga governò Mantova fino al 1707.

A metà del Settecento gli eredi dei Gonzaga si imparentarono con i marchesi di Piacenza e svilupparono nei loro possedimenti del Parmense la coltivazione di frutti rari. Questa premessa spiega il motivo di questo nuovo articolo: avevo già scritto su Greenious un contributo dedicato ai frutti dimenticati e alle antiche coltivazioni.

“Qualche giorno fa mi sono imbattuto nel nome del paese in cui è nata mia madre: Sorbolo, in provincia di Parma. Da curioso, mi sono messo a cercare l’origine del nome, scoprendo che deriva dal fitonimo Sorbus domestica, una pianta che già gli antichi Romani coltivavano da secoli nella ‘bassa’ parmense…”

Il ritorno a Sorbolo

Il 9 febbraio 2025 sono tornato a Sorbolo, invitato dall’amministrazione di Sorbolo Mezzani per partecipare alla cerimonia di inaugurazione di una targa — posta davanti alla casa di mia madre — che ricorda il luogo di nascita di mio zio Mirco (medaglia d’oro al valor militare) e alla dedica di una strada a lui intitolata nel nuovo quartiere Conad.

Mi sono sentito profondamente orgoglioso e commosso per il riconoscimento dato a mio zio, al quale avevo già dedicato due articoli su Greenious:

Alla ricerca del Sorbolino

Dopo la cerimonia ho approfittato del tempo a disposizione per cercare un liquore di cui avevo sentito parlare e che da bambino avevo visto sorseggiare dai grandi, ma che non avevo mai assaggiato: il Sorbolino — o “liquor ed sorbi”, o “liquore nobile di sorbole”.

Forse per mancanza di tempo non sono riuscito a trovarlo, ma ho scoperto che la produzione oggi è esigua e stagionale, nonostante il liquore sia elencato sul sito della Regione Emilia-Romagna tra i prodotti DOP, IGP e di qualità.

Approfondendo, ho appreso che anche la ricetta del Sorbolino fu perfezionata dai Gonzaga, contemporaneamente a quella della “broda di giuggiole”, intorno al 1600. Alcuni storici sostengono che fu una delle creazioni di Bartolomeo Stefani, capocuoco di Carlo II Gonzaga, e che venne servito per la prima volta nel pranzo d’onore offerto a Cristina di Svezia nel 1655.

Mia cugina Antonia mi ha spiegato che, a Sorbolo, la ricetta del liquore è leggermente diversa e che la produzione è artigianale, spesso casalinga.

Ricetta del Sorbolino

Per i lettori, riporto la ricetta ufficiale del Sorbolino (secondo Antonella Santilli), disponibile anche sul blog Fiori di Malva – Giallo Zafferano:

Ingredienti:
500 g di sorbe mature
5 dl di alcol per alimenti a 95°
400 g di zucchero semolato
5 dl di acqua
½ stecca di vaniglia

Procedimento:
Lavate e asciugate le sorbe, dividetele a metà e ponetele a macerare nell’alcol in un vaso di vetro per tre settimane, agitandole di tanto in tanto. Trascorso il periodo, preparate uno sciroppo con acqua, zucchero e vaniglia. Una volta raffreddato, unite lo sciroppo al macerato e lasciate riposare per altri sette giorni. Filtrate più volte e imbottigliate. Il liquore sarà pronto dopo due mesi di riposo.

Il Sorbo domestico e la saggezza contadina

Poche parole sul Sorbus domestica, oggi Cormus domestica (APG IV): un altro albero di origine asiatica diffuso dai Romani in tutta Europa. I suoi frutti maturano tardi, ma in Italia i coltivatori hanno imparato ad anticiparne la maturazione innestando il Cormus su cotogno o biancospino.

Per evitare danni causati dagli eventi meteorologici, i frutti vengono raccolti acerbi e fatti maturare nella paglia, come le nespole: è il cosiddetto “ammezzimento”. In Italia si coltivano entrambe le varietà del Cormus domestica, quella con frutti a forma di mela e quella con frutti a forma di pera. Tuttavia, come ho già avuto modo di scrivere, oggi la produzione è ridotta e le sorbole — come le giuggiole, le cotogne, i corbezzoli, gli azzeruoli e i cornioli — sono frutti dimenticati, spesso lasciati sugli alberi.

Un aspetto interessante riguarda il tipo di zucchero presente nelle sorbe: il sorbitolo, utilizzato anche dai diabetici come dolcificante. Non è un monosaccaride, ma un polialcol con una capacità dolcificante superiore al comune zucchero.

Il detto “Con il tempo e con la paglia maturano le sorbe” richiama proprio la tecnica dell’ammezzimento. Durante questo processo i tannini presenti nel frutto si trasformano in sorbitolo (fino al 20%) e in altre sostanze: secondo Columella — che cita Plinio — questa caratteristica potrebbe spiegare l’etimologia del nome, derivante da sòrbeo (“sorbire”), poiché i Romani succhiavano i frutti dolci. Forse è davvero da qui che deriva il toponimo del comune di Sorbolo?

Dove trovare il “liquore nobile di sorbole”

Un’ultima, particolarissima informazione riguarda la distilleria che produce ancora oggi il “liquore nobile di sorbole” secondo l’antica ricetta dei Gonzaga. Poiché non è facile da trovare, riporto eccezionalmente i riferimenti dell’azienda segnalatami da mia cugina:

Liquorificio Colombo – Salsomaggiore
📧 info@liquorificiocolombo.it
📞 0524 573109

Sorbole, quanto è buono!

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Luciano Zambianchi
Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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