Home Piante grasse Aloe tenuior (Aloiampelos tenuior), la specie aliena

Aloe tenuior (Aloiampelos tenuior), la specie aliena

1791
0
aloe tenuior o Aloiampelos tenuior

Tra le Aloe di medie dimensioni l’Aloe tenuior (da ottobre 2017 il nome è diventato Aloiampelos tenuior) è una specie che ha incominciato a colonizzare le nostre coste, partendo da alcuni esemplari arrivati per caso e coltivati senza conoscerne l’origine, proprio come hanno fatto tante altre specie aliene! Da alcune piante importate più o meno legalmente, da una talea regalata da un amico, da un pezzo messo a radicare, ci siamo trovati, dopo qualche anno, colonizzati. È in questo modo che tanti anni fa questa specie è arrivata fino a me e quando, per motivi di spazio ho regalato la pianta, sempre allo stesso modo è tornata tra gli esemplari che crescono sulla mia terrazza.

Dove l’ho trovata 

frutti di aloe tenuior

La pianta che coltivo oggi viene da Focene e mi è stata regalata da un’amica che aveva notato la mia sorpresa, quando mi sono trovato un esemplare già adulto della specie coltivato nella sabbia in una stradina privata (una piccola traversa di via di Focene). Nel frattempo ero riuscito a classificare la specie, molto simile all’A. ciliaris, ma con un tronco più grande, senza le classiche ciglia e con le righe sul tronco che mostrano i canali linfatici ripresi anche nella pagina inferiore delle foglie (canaliculate) e naturalmente con il fiore giallo, anche se ho scoperto che ce ne sono anche a fiore rosso. Ho scoperto che la pianta di Focene viene da Colledara in Abruzzo e in quel paese per cinque anni ha subito inverni rigidi, arrivando ad essere sepolta da un metro di neve. Sto cercando di capire la strada percorsa per arrivare a 430 m di altitudine ai piedi del Gran Sasso.

La ragione di un comportamento

Per anni sono stato molto attento ad osservare scrupolosamente le piante di Aloe usate come siepi e quelle piantate ai bordi delle strade da giardinieri improvvisati per abbellire l’esterno delle proprie ville. Ho potuto constatare che proprio queste sono le piante potate con minore attenzione, spesso (come in alcune strade provinciali in Liguria) da macchinari che si limitano a tosare velocemente e in modo uniforme (alla stessa altezza) tutto quello che trovano, senza preoccuparsi della struttura né della salute dalla pianta tagliata. La ragione di questa mia ricerca era di verificare che, anche maciullati, gli apici delle Aloe non crestano. In pratica la verifica del fatto che agendo meccanicamente non era possibile ottenere crestature dai monocotiledoni (piante che quando nascono hanno una sola fogliolina). In realtà, dopo migliaia di osservazioni, ho potuto constatare solo che la cosa risulta vera, almeno per il genere Aloe.

L’esercito degli invasori succulenti

Sono ormai molte le specie di piante succulente che hanno colonizzato in modo definitivo le nostre coste, dai fichi d’india (Opuntia ficusindica), alle agavi (Agave americana), ad alcuni ibridi di Aloe (specialmente di Aloe arborescens), fino a moltissimi mesembriantemi (carpobrotus edulis e concinna). Sui nostri marciapiedi è facile trovare piante di Kalanchoe e di Portulaca oleracea, e il merito (o la colpa) è della globalizzazione. In compenso molte di queste specie sono ormai naturalizzate, al punto che vivono da noi senza particolari problemi colturali, e l’Aloe tenuior è una di queste specie.

Caratteristiche dell’Aloe tenuior

Ho iniziato con il dirvi che l’Aloe tenuior è una pianta di media grandezza che non ero riuscito a classificare, ho scoperto con piacere che la pianta, come tantissime Aloe di origine sudafricana, ha molte varietà e tantissime forme. Non mi voglio certo paragonare ai grandi esperti del passato, ma a partire dal 1825 ben undici tra i più grandi studiosi di Aloe la hanno descritta come specie nuova; il primo di essi, nel 1825, è stato uno dei miei idoli: Adrian Hardy Hawort (1767-1833, entomologo e botanico inglese) ed è a lui che, essendo stato il primo, è stata giustamente attribuita la descrizione ufficiale.

  • tenuoir, dalle popolazioni locali (in Sud Africa) è chiamata Khalene, mentre il nome specifico deriva dal latino “tenuis”= sottile, snella, perciò “tenuior” vuol dire “la più snella”.
  • La pianta forma un tronco sottile (15 – 20 mm) che, a differenza di quanto accade nella ciliaris , riesce ad auto-sorreggersi, soltanto quando è molto lungo decombe. I lunghi rami si sviluppano da grosse e robuste radici.
  • Le foglie, che sono lunghe 15 – 30 cm, fasciano il tronco al punto di collegamento, si sviluppano dalla rosetta apicale e si distanziano con il crescere del tronco, che arriva a 150 – 300 cm di lunghezza.
  • Il colore delle foglie dell’Aloe tenuior varia dal celeste al grigio, passando per il verde e proprio questo ha indotto in errore molti botanici che hanno descritto come specie autonome alcune forme locali.
  • La superficie fogliare è glabra e di colore uniforme, ai bordi ci sono tanti piccoli denti bianchi, lunghi mezzo millimetro, più larghi alla base e distanti uno o due millimetri.
  • I fiori di solito sono gialli e raccolti in un racemo lungo e dens; Reynolds ne ha descritto una varietà “rubiflora” (a fiore rosso) e una varietà “densiflora” (con i racemi molto densi), anche se la ridefinizione del genere ha fatto piazza pulita di varietà, sottospecie e forme.
  • La fioritura dell’Aloe tenuior è ricca e generosa, e a seconda della piovositaloe tenuior in vasoà si presenta due volte l’anno.
  • Il “locus typicus” di questa specie sudafricana va dalla zona est della Provincia del Capo al sud del KwaZulu Natal (la provincia intorno a Durban).

Ma con i nomi non c’è pace

Dal 14 ottobre 2017 un gruppo di botanici (Klopper & Gideon F.Sm.) ha raggruppato le Aloe a seconda del loro portamento; il genere di cui fa parte la Aloe tenuior è diventato Aloiampelos che è la sintesi tra Aloe e “ampelos” (dal greco antico Αμπελος, “vitigno” “che si arrampica”). Sono tutte specie con areali collocati nella zona nordest della provincia del Capo, per i curiosi riporto l’elenco delle specie del gruppo (scusate se non riesco a dire del genere):

  • Aloiampelos ciliaris (Haw.)
  • Aloiampelos commixta (A.Berger)
  • Aloiampelos decumbens (Reynolds)
  • Aloiampelos gracilis (Haw.)
  • Aloiampelos juddii (van Jaarsv.)
  • Aloiampelos striatula (Haw.)
  • Aloiampelos tenuior (Haw.)

Tra queste ho già parlato dell’Aloe ciliaris, (ora Aloiampelos ciliaris) diventata molto comune in Italia per la sua tenacia e per la capacità di crescere fino a un metro ogni anno.

Credo sia proprio per le sue fioriture generose che questa specie è riuscita ad evadere dalle serre degli amatori di piante succulente e a diventare comune sulle nostre coste, questo tipo di invasione non è molto pericolosa, non ci sono nuovi insetti che hanno stabilito rapporti simbiotici e soprattutto questa specie non sottrae nulla alle specie autoctone.

Articolo precedenteIl progetto del giardino, tra memoria e sguardo al futuro
Articolo successivoTutti “Sopra La Panca”! La nuova serie di video interviste green
Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

LASCIA UN COMMENTO

Lascia un commento!
Inserisci qui il tuo nome