Chi ama le Aloe ha sicuramente coltivato una Aloe humilis, o almeno un suo ibrido. Si tratta di una delle Aloe più diffuse in Europa e la più usata per realizzare ibridi altrettanto famosi e diffusi: ciò contrasta con il fatto che questa specie è sulla “lista rossa” delle piante sudafricane (la lista delle specie in pericolo di estinzione); devo anche aggiungere che in natura, in Sud Africa, è realmente in pericolo di estinzione. La ragione è come al solito legata al fatto che il “locus typicus” di questa specie coincide con la zona maggiormente antropomorfizzata di quella nazione: l’industrializzazione, l’urbanizzazione, assieme alla piccola dimensione degli esemplari della specie, le hanno reso la vita difficile.
L’ibrido più famoso: l’aloe spinosissima
Sicuramente l’ibrido più famoso di Aloe humilis è l’Aloe spinosissima, che è un ibrido tra l’A. arborescens e l’A. humilis, descritto nel 1908 da Alwin Berger come specie a sé, poi venne indicato come ibrido naturale e infine come esemplare orticolo. L’Aloe spinosissima, che conserva alcuni caratteri di entrambe le specie di provenienza, può raggiungere più di un metro di altezza e ha spine chiare e non dure sulla pagina inferiore delle foglie.
Quello che si può leggere sull’Aloe humilis
Purtroppo la sua diffusione, dovuta principalmente alla facilità di riproduzione per talea, l’ha inserita nel gruppo delle Aloe “chiacchierate” e così su uno dei siti pseudoscientifici, con centinaia di migliaia di seguaci, e che sostiene di ispirarsi a Leonardo da Vinci c’è scritto (riporto letteralmente):
Aloe humilis – questo tipo di aloe vera viene solitamente impiegata come pianta ornamentale (come possono esserlo anche le precedenti già presentate). È la variante di aloe vera che presenta le foglie più piccole; …
La verità sull’Aloe humilis
È composta di individui con una forte variabilità al punto che ha creato dei problemi anche a Linneo che la descrisse nel 1753 come Aloe perfoliata var. humilis, solo nel 1768 Philip Miller elevò questa varietà a specie descrivendola di nuovo come A. humilis. Sempre la variabilità della specie ha tratto in inganno (per tutto il Novecento) molti botanici che ne hanno descritte una ventina tra specie, sottospecie e varietà, tutte ora riconosciute come sinonimi. La verità, confermata da esami genetici e da verifiche sperimentali, è che, a seconda del suolo su cui crescono gli individui di questa specie, le spine, la forma delle foglie e il loro colore cambiano.
Le specifiche caratteristiche dell’Aloe humilis
- È una pianta senza tronco (acaule) con crescita a rosetta; di solito gli individui di questa specie si trovano in gruppi di decine di esemplari.
- Le foglie, erette ed incurvate verso l’interno, a seconda del terreno di crescita sono più o meno a sezione triangolare; anche il colore delle foglie è variabile: se l’esemplare è coltivato in ambienti aperti e molto luminosi hanno un colore cinereo-celeste che diventa più verde se la pianta cresce in ombra.
- Le foglie, lunghe dieci centimetri, sono dentate ai margini con spine bianche lunghe due o tre millimetri e sono presenti molti tubercoli bianchi brevi e morbidi, soprattutto sulla superficie esterna.
- Le spinesono morbide.
- La fioritura in natura è primaverile, con una spiga floreale singola alta da 30 a 35 cm; i racemi sono grossi rispetto alla dimensione della pianta.
- Sempre in relazione alla dimensione della pianta i fiori sono lunghi (arrivano a 4 cm) e radi, il loro colore va dall’arancione al rosso ed hanno un peduncolo particolarmente lungo.
- Come ho anticipato, anche questa Aloe è di origine sudafricana; in natura ne sono stati trovati esemplari intorno a Mossel Bay e nella zona che va dal Little Karoo fino a Grahamstown: è un territorio con un clima abbastanza mite e soprattutto con una ridotta piovosità, naturalmente concentrata nei periodi più caldi.
- In coltivazione la specie è generosa e fiorisce anche due volte all’anno, la riproduzione è abbastanza semplice, sia per semina che per talea.
Per la mia esperienza l’Aloe humilis accestisce anche se coltivata in piccoli vasi; a Roma, in terrazza, non ha particolari problemi e riesce a resistere bene anche al freddo (naturalmente se tenuta all’asciutto) durante i nostri mesi invernali.