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    Api e miele in città? Diventa un sostenitore!

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    api in città

    È capitato sicuramente a tutti di osservare sul proprio balcone di casa un’ape che bottina i fiori di un vaso. Cosa ci fanno le api in città? Da dove queste api vengano e dove siano dirette non sempre ce lo siamo chiesto, a volte sui giornali abbiamo letto di sciami raggruppati sotto un cornicione o su un ramo, con grave imbarazzo degli abitanti e dei  passanti, che normalmente si affrettano a chiedere aiuto alle forze dell’ordine.  Ma c’è un pericolo reale? Come mai accadono queste cose? La risposta è semplice: le api, anche in città, fanno il loro lavoro! Da qualche mese, grazie alle conferenze della FAI (Federazione Apicoltori Italiani) ed al loro progetto “Api in città”, ho scoperto che ora le api lavorano anche per noi, come sensori della salute ambientale e come indicatori della biodiversità.

    Il miele di città 

    Se le api in città fanno il loro lavoro è evidente che, sempre in città, ci saranno degli apicoltori che raccoglieranno e lavoreranno il miele. Chi segue quello che scrivo su Greenious avrà letto la mia posizione sugli alimenti prodotti in città (coltivare ortaggi in balcone nuoce gravemente alla salute) ma con il miele la situazione è differente, e ne sono così convinto da chiedere a tutti i lettori (che vivono a Roma) di diventare aiutanti delle api capitoline. Intanto ho scoperto (grazie alle informazioni fornite dalla FAI) che il miele prodotto negli alveari cittadini contiene una quantità di inquinanti minori di quelli riscontrati anche in ottimi mieli artigianali. Probabilmente il motivo di ciò sta nell’inferiore uso di pesticidi e fitofarmaci in città (rispetto alla campagna), ma anche nel breve tempo di bottinatura, che non permette ai pollini di restare contaminati dai più frequenti inquinanti cittadini, quelli dovuti al traffico e alla massiccia presenza umana.

    Api in città: una breve premessa

    Ricordiamoci che le api sono le vere responsabili della vita vegetale, e quindi anche animale, sul nostro pianeta. Senza la loro paziente opera di impollinazione non ci sarebbero né frutti né semi, con la irrimediabile estinzione della maggior parte delle specie vegetali che conosciamo. Oltre a questo, da millenni hanno permesso ai nostri progenitori di nutrirsi del miele, di utilizzare la cera e tantissimi altri prodotti, dai propoli alla pappa reale. Per comprendere l’importanza del loro lavoro pensate che, per un chilo di miele, occorrono da uno a dieci milioni di micro prelievi e quindi di altrettante azioni di impollinazione.

    La maggior parte delle piante hanno bisogno di insetti impollinatori

    Sappiamo che nel mondo vegetale l’impollinazione è sostanzialmente di tre tipi: autoimpollinazione, impollinazione anemogama (quella che viene ottenuta grazie al vento ed alla pioggia), e impollinazione zoogama. Quest’ultima modalità è quella caratteristica delle Angiosperme, le piante raggruppate nelle Spermatofite (piante che producono semi), quelle che vengono definite piante superiori. Sono proprio queste piante ad essere le più comuni nel nostro mondo e, grazie alla riproduzione zoogama sono anche le specie maggiormente capaci di adattarsi ai cambiamenti ambientali. Tornando alle api, partendo dall’esperienza fatta con le arnie sperimentali collocate già dal 1982 sui tetti della sede della FAI (in Corso Vittorio Emanuele II, al centro di Roma) gli apicoltori hanno proposto, in collaborazione con i Carabinieri Forestali del CUFA (ex CUTFAA, ex CUFAA),di utilizzare le api in città oltre che per il loro naturale ruolo di insetti impollinatori, anche come monitoraggio dello stato della biodiversità e come test sullo stato dell’ambiente.

    In Italia la migliore ape da miele al mondo

    Il presidente della Federazione Apicoltori Italiani Raffaele Cirone  mi ha spiegato che, anche se esistono centinaia di sottospecie di Apis mellifera, la sottospecie Apis mellifera ligustica (Spinola 1806), quella che tutti riconoscono come “ape italiana”, è ormai considerata da tutti gli apicoltori del mondo la migliore ape da miele. Le sue principali qualità sono la sua mansuetudine, che la rendono un’ape che accetta, senza particolari reazioni, le normali operazioni di tecnica apistica e la grande capacità produttiva di uova della regina. Proprio per questo occorrerebbe tutelare maggiormente la sottospecie e la FAI ha anche questo tra i suoi obiettivi prioritari.

    Il miele: uno dei prodotti più contraffatti al mondomarchio di miele italiano FAI

    Sempre da Raffaele Cirone ho appreso che il mercato mondiale (e quindi anche il mercato italiano) è invaso da tonnellate di miele spacciato come miele italiano, addirittura di tipo monoflora. Questo tipo di prodotto, quando è miele, proviene da allevamenti cinesi o comunque da paesi privi di controlli, in altri casi è addirittura una sapiente ricostruzione chimica del miele, con in aggiunta polline ed altri elementi che complicano tantissimo la possibilità di individuare la sofisticazione e la reale origine del prodotto. La FAI ha realizzato, da trenta anni, un sigillo di garanzia che individua il miele prodotto dagli apicoltori italiani i quali possono apporre sui propri vasetti una fascetta con i colori della bandiera italiana e la scritta “miele italiano”. Sono state messe a punto anche delle procedure analitiche per aiutare i Carabinieri Forestali a combattere le contraffazioni.

    La FAI e il progetto “api in città”

    Attenzione però, fare l’apicoltore è un’attività che ha bisogno di cultura e conoscenze: occorre che l’apicoltore sappia far sentire le api a loro agio (a casa loro) negli alveari. Nelle stagioni fredde le api vanno alimentate e protette, sia dalle malattie che dai parassiti, occorre sapere come e quando intervenire per prendere il miele e gli altri prodotti. Proprio per questo la Federazione degli Apicoltori organizza corsi di formazione e promuove studi e ricerche per migliorare le conoscenze sulle api e il loro mondo. Il progetto “Api in Città” che vi voglio presentare si inserisce in questa attività di ricerca.

    Studiando le abitudini delle api si è scoperto che, anche se un’ape può percorrere fino a dieci chilometri per raccogliere il polline, il 90% del lavoro delle api operaie è circoscritto in circa due chilometri dall’alveare, questo vuol dire che ogni alveare “serve” per circa dieci chilometri quadrati di superficie.  Partendo da questa considerazione la FAI ha previsto di realizzare a Roma una rete di stazioni di monitoraggio che possano rappresentare una copertura significativa, da cui analizzando i pollini si riuscirà a scoprire la situazione della biodiversità. Riporto quelle che saranno le disposizioni delle arnie indicando, come hanno fatto gli esperti apistici della FAI, le distanze (in linea d’aria) dei nuovi alveari dall’apiario didattico-sperimentale di Corso Vittorio Emanuele II.

    1. Comando CUFA, 1850 metri.
    2. Villa Borghese, 1750 metri.
    3. Giardini del Quirinale, 1100 metri.
    4. Tenuta di Tormarancia, 5750 metri.
    5. Via di Vigna Murata, 8000 metri.
    6. Parco delle Energie, 5500 metri.
    7. Monte Mario, 3000 metri.
    8. Villa Doria Pamphili, 1700 metri.
    9. Villa Ada, 4000 metri.
    10. Parco della Caffarella, 5500 metri.

    Cosa possiamo fare come cittadini per aiutare le api? È semplice, basterà lasciare un paio di vasi sui nostri balconi e terrazzi con piante da fiore (magari scelte tra le piante di interesse apistico). È una specie di invito alle nostre operose amiche ad arrivare anche da noi.

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    Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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