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Spreco alimentare. Il paradosso del nostro secolo

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In un’epoca in cui ancora si sente parlare di morti per malnutrizione, lo spreco alimentare è un fatto paradossale e inammissibile. Il consumo alimentare nel corso degli anni è cresciuto in maniera esponenziale fino ad arrivare ai livelli odierni che, in vista di un futuro aumento della popolazione, sono assolutamente insostenibili (per ulteriori approfondimenti leggi anche sostenibilità alimentare).

La FAO ha stimato che il fabbisogno alimentare previsto per il 2050 richiederà un aumento della produzione agricola del 70%. Ma davvero oggi non produciamo abbastanza cibo per sfamare tutti?

Spreco alimentare: i dati

Il consumatore contemporaneo domanda al mercato una produzione alimentare estremamente elevata e il mercato risponde producendo e mettendo in commercio una quantità esponenziale di cibo. I livelli di consumo continuano a crescere e con essi anche il tasso di spreco; dal 1974 a oggi lo spreco alimentare nel mondo è aumentato del 50%.

Quanto di questo cibo viene acquistato? Quanto realmente consumato? e quanto invece buttato?

La FAO afferma che gli sprechi alimentari nel mondo ammontano a più di 1,3 miliardi di tonnellate all’anno, pari a circa un terzo della produzione totale. Quindi, su 3,9 miliardi di tonnellate di alimenti prodotti, il 33% finisce nella spazzatura. Questa copiosa quantità di cibo gettato potrebbe essere impiegata per sfamare quasi due miliardi di persone.

Categorie di spreco alimentare

Lo spreco alimentare si può dividere in due tipologie: food losses e food waste.

Con il termine food losses si fa riferimento a tutte quelle perdite che si hanno all’interno del processo che avviene nella filiera produttiva, come ad esempio quelle legate a semina, coltivazione, raccolto e conservazione; quindi tutte quelle problematiche connesse a questioni meteorologiche o a una cattiva gestione del raccolto.

Per quanto riguarda il food waste, questo termine ha a che vedere con la fase successiva della produzione alimentare, ovvero l’ingresso del prodotto all’interno del mercato, perciò riguarda la fase della trasformazione industriale, della distribuzione e del consumo finale, ovvero cibo invenduto oppure rovinato durante la distribuzione.

Altra categoria di spreco alimentare è quella legata al consumo domestico, ossia tutto quel cibo che viene acquistato ma che poi finisce per essere gettato perché non consumato entro la data di scadenza indicata e quindi viene considerato inutilizzabile, quando invece nella maggior parte dei casi sarebbe ancora commestibile.

Inoltre, è necessario fare un distinguo tra gli sprechi che avvengono nei paesi in via di sviluppo e quelli che si verificano invece nei paesi industrializzati.

  • Per quanto riguarda i paesi sviluppati, lo spreco alimentare di cui sono colpevoli è legato principalmente a livello della distribuzione: si generano sprechi per difetti di packaging, per cambi di immagine, per lanci di nuovi prodotti o residui di promozioni; ovvero il 40% del loro scarto alimentare è cibo che può ancora essere consumato.
  • Nei paesi in via di sviluppo, invece, lo spreco alimentare si concentra principalmente nella fase precedente, ovvero nella fase che riguarda la filiera produttiva, quindi semina e raccolta; questo accade a causa delle condizioni climatiche avverse o anche a una cattiva gestione del raccolto.

Spreco alimentare e questione ambientale

Nel 90% dei casi il cibo viene eliminato quando in realtà sarebbe ancora consumabile e questo implica che vengano sprecate anche tutte quelle risorse che sono state utilizzate per produrlo: acqua, terra, energia, fertilizzanti; tutte risorse naturali oramai andate perdute. Lo spreco alimentare contribuisce ad aggravare le condizioni delle riserve idriche e anche del cambiamento climatico.

Il WWF ha stimato che per ogni chilogrammo di cibo si emettono in media 4,5 kg di CO2: ne consegue che gli 89 milioni di tonnellate di cibo sprecato in Europa producono 170 milioni di tonnellate di CO2eq l’anno.

Il medesimo discorso vale per l’utilizzo dell’acqua:

– per ottenere un chilo di mele sono necessari 820 litri di acqua

– per un chilo di mais servono 1.220 lt di acqua

– per un chilo di riso 2.500 lt di acqua

– per un chilo di pollo 4.300 lt di acqua

– per un chilo di maiale 5.900 lt di acqua

– per un chilo di manzo ben 15.500 lt di acqua

La situazione Europea

Lo spreco alimentare europeo è di circa 180 kg di cibo pro-capite l’anno. Di questi 180 kg, circa il 42% è uno spreco che si verifica principalmente a livello domestico.

Facendo una stima tra i diversi paesi europei, quello con maggiore spreco pro-capite è l’Olanda con i suoi 579 kg pro-capite all’anno; al contrario, il paese che spreca meno è la Grecia (44 kg pro-capite all’anno).

L’università di Bologna ha promosso una ricerca condotta dall’osservatorio Waste Watcher e che è stata presentata in occasione del lancio della sesta edizione di “Spreco Zero 2016”, campagna europea per la riduzione degli sprechi alimentari. I risultati della ricerca sono stati i seguenti: il valore dello spreco alimentare mondiale è di 1.000 miliardi di dollari; ogni anno questa cifra sale a oltre 2.600 miliardi con i costi nascosti legati all’acqua e all’impatto ambientale. Inoltre, nella sola Unione Europea si buttano 88 milioni di tonnellate di cibo all’anno e ogni giorno vengono sprecate 720 Kcal di cibo a persona.

Nel 2016, la Francia ha approvato la legge contro lo spreco alimentare, nel tentativo di ridurre gli 8 milioni di tonnellate di cibo che ogni anno finiscono per essere gettate.

Concretamente, la legge impedisce alle grandi catene alimentari di gettare cibo o di rendere le derrate non vendute. Essa è applicabile solo ai supermercati la cui grandezza sia a partire dai 400 metri quadrati, imponendogli l’obbligo di donare alle organizzazioni caritatevoli il cibo che si avvicina alla data oltre la quale sarebbe preferibile non consumarlo; in alcuni casi è anche possibile per i supermercati trasformare questo cibo in mangime per animali o in compost.
Questa legge prevede però anche delle sanzioni nel caso in cui le derrate alimentari ancora consumabili vengano distrutte.

La situazione in Italia

Secondo la FAO, lo spreco alimentare in Italia si aggira intorno a un valore di 13 miliardi di euro l’anno, ovvero circa l’1% del PIL.

I dati affermano che circa il 57% degli sprechi sono causati dagli attori economici, ma approssimativamente il 43% avviene in casa del consumatore.

Quest’anno, a Roma è nato il progetto “Food Sharing – Confartigianato Roma trasforma gli sprechi alimentari in cibo”, accordo tra Roma Capitale e Confartigianato Imprese Roma che sarà valido fino al 31 dicembre 2017. Obiettivo del progetto è quello di attivare un servizio di raccolta alimentare a livello municipale per aiutare i cittadini in condizioni svantaggiate dal punto di vista economico. In questo modo non vengono soltanto aiutate persone in condizioni di necessità, ma viene anche evitato un grande spreco di cibo.

Lo scorso anno, in Veneto è partito il progetto “Family Bag”, promosso dal ministero dell’Ambiente in collaborazione con Unioncamere Veneto e il Sistema Conai-Consorzi di Filiera.

Il progetto consiste nella possibilità di richiedere ai ristoratori che aderiscono all’iniziativa una Family Bag per portare a casa le pietanze ordinate ma che non sono poi state consumate, adottando in questo modo un comportamento anti-spreco.

Inoltre, in Italia è stata finalmente approvata la legge anti spreco, di cui la prima firmataria è l’onorevole Maria Chiara Gadda. Con questa legge si intende rendere maggiormente efficiente il riuso e la cessione in forma gratuita di tutti quegli alimenti che altrimenti andrebbero gettati; si vuole quindi spingere a un utilizzo più consapevole delle risorse e anche al riciclo di tutti quei beni alimentari che sono considerati ancora consumabili.

Mentre la legge francese prevede delle sanzioni, quella italiana è fondata sulla logica della premialità, incentivando così a donare e rendendo più facile tutto il processo di donazione; mentre fino a poco tempo fa era necessario fare una dichiarazione preventiva cinque giorni prima della donazione, oggi è possibile donare facendo semplicemente una dichiarazione consuntiva alla fine di ogni mese.

La Gadda afferma che “punire chi spreca serve a poco, va capito che gli alimenti recuperati non sono rifiuti, ma il prolungamento del cibo buono. E questa legge lo dice chiaramente, perché si fonda sul concetto di dono”.

Cosa possiamo fare?

Lo spreco alimentare è qualcosa che riguarda ognuno di noi, è una conseguenza delle nostre azioni e delle scelte che compiamo ogni giorno, quindi la risposta è a partire dalle nostre azioni quotidiane.

  • Fare la spesa con più frequenza, acquistando pochi alimenti per riuscire a consumarli prima della loro data di scadenza;
  • Comprare il più possibile da produttori locali;
  • Prediligere prodotti che siano di stagione;
  • Utilizzare avanzi e scarti per cucinare;
  • Usare meno prodotti preconfezionati e/o precotti;
  • Imparare a leggere le etichette e le date di scadenza (un prodotto che è “preferibile consumare entro” non è un prodotto che non può più essere mangiato dopo la data indicata).

Piccoli gesti nella vita di tutti i giorni possono avere un grande impatto sulla riduzione dello spreco alimentare.

La popolazione aumenterà come previsto e di conseguenza anche la domanda alimentare, ma imparando a usare sapientemente e coscienziosamente le risorse che abbiamo riusciremo a sfamare tutti.

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