Velocità, accelerazione, dinamismo. La società contemporanea è votata a questi diktat, sempre di corsa, sempre in affanno, alla ricerca di un miglioramento che, secondo il sistema capitalista, può essere trovato solo accelerando i ritmi della vita quotidiana. Questa perenne corsa verso un “futuro migliore” ci distrae completamente dal presente e da quelle che sono le condizioni attuali del pianeta sul quale viviamo, ovvero le condizioni della nostra stessa vita. Diventa necessario riflettere sul concetto di sostenibilità, un concetto spesso abusato che merita approfondimenti sempre crescenti soprattutto quando associato a quello di consumo alimentare. Il 97% degli scienziati afferma che il cambiamento climatico che si sta verificando è una conseguenza diretta dell’azione umana. Allora per quale ragione non agiamo? Cosa ci impedisce di porre rimedio a questo errore che noi stessi abbiamo commesso e che minaccia la Terra, la nostra casa, la nostra salute? La maggior parte delle persone crede di non poter influire su quello che accade nel mondo, ma in realtà sono le nostre scelte quotidiane a darci il potere di cambiare le cose. Il nostro ruolo da consumatori ci rende responsabili per quelle che sono le conseguenze “invisibili” delle nostre azioni. Il problema essenziale riguardante il ruolo del consumatore è quello di essere egli stesso, per mezzo del suo comportamento, a influenzare il mercato. Già nel 1970 Baudrillard parlava di “società dei consumi”, fino ad arrivare ad oggi con Bauman che esprime sinteticamente la nostra epoca con l’emblematica frase “consumo, dunque sono”.
Carne e cibi industriali, le principali cause del cambiamento climatico
I beni che vengono consumati in maniera maggiore sono quelli a scopo alimentare, i quali hanno un enorme impatto su numerosi fattori: specie animali e loro habitat, consumo delle risorse, clima e sprechi alimentari. L’industria alimentare, in particolare l’industria della carne, è la causa principale del cambiamento climatico. Il consumo alimentare, nel corso degli anni, è cresciuto in maniera esponenziale fino ad arrivare ai livelli odierni che, in vista di un futuro aumento della popolazione, sono assolutamente insostenibili. Tecnologia e progresso la fanno da padroni in un mondo in continuo cambiamento e più un paese è sviluppato, più carne consumano i suoi abitanti. Per questa ragione, al giorno d’oggi produrre carne sempre più in fretta è di fondamentale importanza. Il primo fattore da evidenziare è il cambiamento che, negli anni, ha caratterizzato la nostra alimentazione; essenzialmente, le trasformazioni principali sono state due: aumento del consumo di carne e dei cibi industriali. Per quel che riguarda la carne, la FAO afferma che il suo consumo pro capite sia in continuo aumento: dal 1967 a oggi la produzione globale di pollame è aumentata di circa il 700%, quella di maiale del 290% e quella di bovini del 180%, solo per fare alcuni esempi.
Consumo di carne in continua ascesa
Oggi vengono prodotti 290 milioni di tonnellate di carne e si stima che questo consumo salirà del 73% entro il 2050. Gli allevamenti intensivi sono la causa primaria di inquinamento e depauperamento delle risorse ambientali. Grazie allo spazio ridotto delle gabbie, gli allevamenti intensivi consentono di allevare un elevato numero di capi di bestiame e, quindi, permettono una maggiore produzione di carne a costi ridotti. Senza contare le pietose condizioni di vita di questi animali, l’allevamento intensivo ha effetti devastanti per il pianeta: inquinamento, consumo d’acqua, perdita di biodiversità e deforestazione. Le Nazioni Unite hanno affermato che questo modello di industria produce una quantità di gas serra superiore a quella prodotta dall’insieme di veicoli che emettono biossido di carbonio. Il Word Wide Found sostiene che per ottenere un chilo e mezzo di carne di manzo sono necessari circa quindici chili di cereali e soia e quindicimila litri di acqua. Da tenere in considerazione è anche l’inquinamento legato all’ingente uso di pesticidi e fertilizzanti necessari per produrre mangimi. L’industria della carne è responsabile dell’abbattimento di più di tre quarti delle foreste pluviali in America centrale e meridionale dagli anni sessanta a oggi. Quasi il 70% delle aree deforestate in Amazzonia sono ora utilizzate come pascoli e sempre in Amazzonia, ogni minuto viene distrutta una foresta la cui area è paragonabile a quella di un campo da football. Il WWF stima che, escludendo Groenlandia e Antartide, il 40% della superficie terrestre è utilizzato per la produzione di cibo. Un fatto paradossale è che un terzo della produzione di alimenti sia destinato al mantenimento di tre miliardi di animali da allevamento. Se scegliessimo di ridurre l’acquisto della carne ad almeno due giorni a settimana sarebbe già un enorme passo in avanti.
Cibo industriale. A quale costo?
E cosa dire a proposito del cibo industriale? Specifichiamo subito che, con questo termine, facciamo riferimento a tutti quei prodotti alimentari che sono ottenuti come risultato di una serie di procedimenti quali: raffinazione, estrazione, precottura e surgelamento. Insomma, siamo sempre di corsa, entriamo nei supermercati e prendiamo affrettatamente tutto quello che ci serve senza pensarci troppo, senza domandarci da dove proviene, quanta strada abbia fatto per arrivare fino ai nostri scaffali, quale sia stato il suo costo ambientale e quale effetto possa avere sulla nostra salute. Compriamo prodotti precotti, cibi pronti o che richiedono una cottura veloce, releghiamo alla cucina il minor tempo possibile. Acquistiamo alimenti provenienti da paesi lontanissimi, spesso solo per un capriccio personale. Compriamo carne in quantità smisurate, perché la associamo a un preciso stile di vita sano e perché siamo cresciuti nella convinzione che è di questo che abbiamo bisogno. Al contrario, fare la spesa dovrebbe essere un compito importantissimo; si tratta della nostra salute e della salute delle persone che amiamo; si tratta della salute del pianeta sul quale viviamo. È necessario quindi trasformarci da semplici consumatori a “cittadini” consapevoli e responsabili in quanto non possiamo più permetterci il “lusso” di effettuare i propri acquisti senza tener conto degli effetti e delle relative conseguenze ambientali. Al giorno d’oggi è necessario promuovere uno stile alimentare che abbia un impatto ambientale ridotto, specialmente pensando che nel 2050 la Terra sarà popolata da 9,6 miliardi di persone e questo implicherà un aumento della domanda di beni alimentari. Siamo davvero convinti di avere a disposizione un’illimitata disponibilità di risorse? I dati mostrano che le risorse scarseggiano e il loro costo tenderà ad aumentare, quindi non sarebbe il caso di iniziare a fare buon uso di quelle che abbiamo? Essere consapevolmente responsabili è un comportamento che dobbiamo avere nei confronti di noi stessi, degli altri e delle future generazioni.