Coltivare quelle che la maggior parte della gente chiama “piante grasse”, sui terrazzi degli appartamenti in città, è un’attività che molti praticano con successo. A volte, però, alcuni nostri “errori” di coltivazione creano delle malformazioni: strozzature, filature e anche scottature che imbruttiscono, ma soprattutto indeboliscono, le piante che abbiamo mal coltivato. In queste righe cercherò di illustrarvi alcuni possibili rimedi, quando ce ne sono, infatti alcune piante hanno la possibilità di dimenticare i nostri errori, altre invece no e con queste ultime potremo tentare interventi “eroici” con “operazioni chirurgiche”. Ma procediamo in modo ordinato e permettetemi di descrivere le malformazioni di cui vi parlavo:
Malformazioni delle piante grasse: le strozzature
La caratteristica delle piante che hanno questo problema è quella di avere la forma di una serie di salsicciotti sovrapposti. Il danno per l’esemplare è prevalentemente di natura estetica, sempre che il difetto non sia particolarmente accentuato. In quest’ultimo caso la strozzatura potrebbe compromettere la dimensione dei vasi linfatici e influire sulla crescita dell’esemplare. Gli amici coltivatori di piante succulente in Germania hanno dimostrato che il principale responsabile delle strozzature è la crescita invernale. Le piante succulente (nome corretto per le piante grasse, che non contengono grassi ma succhi) hanno un periodo vegetativo che di solito coincide con quello delle piante nostrane, e almeno un periodo di riposo, frequentemente due. Durante il periodo di riposo se c’è una crescita (dovuta a qualche giornata calda) questa crescita risulterà misera. Gli amici tedeschi impediscono che questo accada incartando i loro esemplari e tenendoli in cantina al freddo durante i mesi invernali, in questo modo risparmiano anche l’energia per scaldare le serre. Al fenomeno delle strozzature sono soggette soprattutto le piante cereiformi, quelle che hanno un aspetto colonnare, queste piante crescono dalla parte apicale, ma continuano anche a sviluppare la dimensione del “fusto”. Proprio per questa caratteristica possono correggere, dopo tanti anni, le lievi strozzature, ma per le strozzature molto forti non c’è nulla da fare. Nei casi più gravi vi consiglio di amputare il ramo, cercando di far ramificare il moncone. Le tecniche florovivaistiche per far ramificare prevedono delle incisioni profonde (con strumenti puliti e sterili) per stimolare le cellule meristematiche. Se avete fretta potete anche aggiungere una spolverata di giberelline (l’ormone vegetale che stimola la crescita delle ramificazioni). Ho visto usare le giberelline in polvere anche sulle talee di euforbie o di cerei, personalmente lo sconsiglio poiché questo ormone inibisce la crescita delle radici che invece vengono stimolate da un altro ormone vegetale: quello a base di acido indolbutirrico, oppure di auxine.
Malformazioni delle piante grasse: le spigature
Quando la punta di una pianta si assottiglia, schiarisce il suo fusto e allunga la distanza tra le areole da dove escono le spine, si dice che la pianta sta “spigando”. Il fenomeno nelle succulente è legato a clamorosi errori di coltivazione, di solito abbiamo sbagliato dando troppa acqua e poca luce. Ho già avuto occasione di raccontare ai miei lettori un aneddoto su un’interpretazione di una signora che frequentava un mio corso di giardinaggio. La signora sosteneva di aver assistito a una storia d’amore tra due piante che lei teneva sul comodino in camera da letto, le due piantine si erano allungate fino a toccarsi e morire. In realtà le due piante avevano spigato e poi erano morte. Non c’è la possibilità di salvare le piante spigate, a rovinarsi sono quasi sempre le cactacee globose, quelle che di solito hanno una forma sferica, se le “scapuzziamo” toglieremo alla pianta la possibilità di produrre nuovo materiale vegetale. Queste piante crescono dall’apice: il tessuto vegetale cresce dal centro della parte superiore della pianta e viene in parte riassorbito dal “colletto” che è la parte che segna il passaggio tra il fusto e la radice. Con un procedimento chirurgico adatto a stimolare le cellule meristematiche (quelle che vengono chiamate le cellule staminali vegetali) possiamo riuscire a ottenere che la pianta rovinata accestisca, ossia che si sviluppino un certo numero di teste dal colletto del nostro esemplare. Naturalmente la pianta eventualmente salvata dovrà poi essere coltivata in modo corretto.
Le Scottature
Anche se tutti associano le piante succulente alle zone aride e desertiche, che normalmente sono molto assolate, quelle che vivono sui nostri terrazzi non sono attrezzate come quelle dei deserti. Un classico esempio sono gli Echinocactus grusonii (quelli che senza molto rispetto per le suocere vengono chiamati “cuscini della suocera”), che nei deserti centro messicani hanno spine foltissime che schermano il tessuto del fusto dai raggi solari. Gli esemplari che coltiviamo in Italia sono nati da noi e soprattutto sono stati costretti a crescere velocemente, a discapito della dimensione delle spine. Sempre da noi, a meno che non si possieda una serra, durante l’inverno le piante saranno tenute al coperto per poi essere esposte al sole in primavera, se non vogliamo che si scottino dovremo usare (soprattutto nelle zone di grande insolazione, come le coste marine) gli stessi accorgimenti che useremmo per proteggere la nostra pelle: ombreggiarle e poi aumentare pian piano l’esposizione. La scottatura sulla superficie del fusto di una cactacea produce una specie di piaga biancastra che impedisce la funzione di sintesi clorofilliana, non è una cosa di poco conto, sia dal punto di vista estetico che per le capacità di crescita. Tuttavia, come ho già spiegato, l’accrescimento apicale delle cactacee globose, con il riassorbimento del tessuto al colletto, farà sparire dopo molti anni le tracce della scottatura. In sintesi, se avremo pazienza la pianta dimenticherà il nostro errore di esposizione. A proposito di esposizione, uno sbaglio che molti coltivatori dilettanti fanno è quello di cambiare l’esposizione del vaso. Ho raccomandato, parlando di tecniche di coltivazione, di segnare con della vernice il lato del vaso esposto al sole, in modo da poter riposizionare esattamente la pianta se la spostiamo. Questo vale per tutte le piante, non solo per le succulente. Non farlo vuol dire costringere la pianta a cambiare il suo sviluppo, in alcuni casi ad abortire la fioritura o peggio.
Ho parlato delle piante succulente perché sono quelle in cui i problemi che ho evidenziato sono più frequenti, ma coltivare le piante in modo corretto, ossia tenendo conto delle loro esigenze, è sicuramente il modo migliore per evitare in futuro di lavorare di più. Anche nel mondo vegetale, come ovunque, prevenire è meglio che curare!