Oggi parliamo dello zafferano e la chimica. Confesso che, non essendo un chimico, per questo argomento ho dovuto chiedere aiuto a più di un esperto. Un amico che insegnava chimica organica sosteneva che tutto era chimica, ma non è mai riuscito a convincermi del tutto. Credo che la chimica possa essere una chiave di lettura del mondo, ma non credo sia così totalizzante. Nel mondo vegetale la chimica è molto importante e riguarda diversi aspetti, a seconda degli obiettivi: ci sono analisi chimiche finalizzate a determinare la qualità dei prodotti, oppure analisi per cercare d’individuare la composizione chimica efficace (presente nel vegetale) che ha reso la pianta in esame, o una sua parte, famosa per un particolare scopo. In effetti questa seconda chimica (molto più antica) collega tra loro la storia, l’antropologia, la farmacologia, ma anche la psicologia e la chimica, fino a rasentare l’alchimia. Permettetemi alcune considerazioni personali che ho maturato in decenni di frequentazioni con esperti di associazioni legate a piante ritenute miracolose. L’effetto ottenuto dagli adepti con l’uso diretto delle piante, o con parte di esse, è sempre risultato diverso dagli effetti ottenuti usando prodotti di sintesi, anche se apparentemente uguali a quelli contenuti nel materiale vegetale. Gli esperti attribuiscono il fenomeno alla presenza di combinazioni di microelementi naturali che riescono a fare la differenza. Personalmente ho potuto constatare che l’aspettativa creata nel gruppo (omogeneo) svolge un effetto terapeutico che a volte funziona anche con la somministrazione del solo placebo, al posto del medicamento.
Lo zafferano e la chimica al servizio della qualità
Nel caso dello zafferano la chimica è realmente al servizio della qualità, anche se, come ho già avuto occasione di scrivere, per lo zafferano è importante usare i propri sensi. Secondo le prime analisi chimico-quantitative lo zafferano è così composto:
Acqua | 9-14% |
Estratto acquoso | 55-65% |
Sostanze azotate | 11-13% (2-3% come N) |
Sostanze non azotate | 41-44% |
Olio essenziale | 0,3-2% |
Sostanze grasse | 3-8% |
Zuccheri | 12-15% |
Cellulosa (fibra grezza) | 4-7% |
Ceneri | 4-8% |
Da questa tabella non si riescono ad evidenziare le qualità della spezia, anche per questo l’Europa ha stabilito le normative che devono essere rispettate per definire le qualità dello zafferano sia in polvere che in stigmi essiccati. Le norme ISO 3632-1/1993 indicano le caratteristiche minime per certificare le 4 categorie merceologiche (ora sono solo 3) previste per la spezia; queste categorie aiutano i consumatori ad individuare i prodotti con reali qualità.
Categoria | Potere amaricante A1%1cm(257 nm) | Potere colorante A1%1cm(440 nm) | Potere aromatizzante A1%1cm (330 nm) |
I | 70 minimo | 190 minimo | Da 20 a 50 |
II | 55 minimo | 150 minimo | Da 20 a 50 |
III | 40 minimo | 110 minimo | Da 20 a 50 |
IV | 30 minimo | 80 minimo | Da 20 a 50 |
I tre aspetti presi in considerazione sono:
IL POTERE AMARICANTE, definito in modo sensoriale e ricorda il numero che definisce la piccantezza nei peperoncini. È un assaggiatore che, con particolari tecniche ed accortezze, ha il compito di stabilire la concentrazione minima di alcune sostanze che fanno percepire il sapore amaro, nel caso dello zafferano la concentrazione minima di picrocrocina. Il risultato è comparato con una soluzione titolata di cloridrato di chinino. La picrocrocina è uno dei tanti carotenoidi presenti nello zafferano. Riporto una precisazione (tratta da Wikipedia) con un linguaggio specialistico che in parte spiega il collegamento tra i tre carotenoidi principali che, assieme ai centocinquanta e oltre componenti chimici, sono presenti nello zafferano: crocina, picrocrocina e safranale.
“… (formula chimica: C16H26O7; nome sistematico: 4-(β-D-glucopyranosyloxy)-2,6,6- trimethylcyclohex-1-ene-1-carboxaldehyde) è l’unione di una subunità aldeidica conosciuta come safranale (nome sistematico: 2,6,6-trimetilcicloesa-1,3-diene-1-carbossialdeide) con un carboidrato. Ha delle proprietà insetticide e pesticide e può costituire fino al 4% dello zafferano secco. La picrocrocina è una versione troncata del carotenoide zeaxantina prodotta attraverso clivaggio ossidativo ed è anche il glicoside dell’aldeide terpenica safranale. …”
IL POTERE COLORANTE, definito dall’analisi spettrofotometrica, che determina l’assorbimento e la quantità di crocina. La crocina è la sostanza idrosolubile responsabile del colore giallo dello zafferano che quando viene idratata si trasforma in crocetina (quasi insolubile) mostrando un colore rossiccio.
IL POTERE AROMATIZZANTE, l’aroma dello zafferano si forma durante la fase dell’essiccazione: gli stigmi appena separati dal fiore non profumano, è il safranale il responsabile dell’aroma. Questo è sostenuto anche nella definizione del Vocabolario Treccani:
“… Composto organico, aldeide aromatica che si trova in natura sotto forma di glicoside (picrocrocina) nello zafferano.”
Secondo la regolamentazione internazionale, nel caso di Stati con piccole produzioni, realizzate da produttori artigianali, lo zafferano commercializzato come nazionale può solo essere di prima categoria, ossia le sue caratteristiche devono rispettare i seguenti numeri:
potere amaricante superiore a 70, potere colorante superiore a 190 e potere aromatizzante tra 20 e 50.
La qualità dello zafferano nel mondo
Tutti sanno che, a seconda del luogo in cui cresce, un vitigno produce uva che una volta pigiata esprime un vino che mantiene alcune caratteristiche dovute agli elementi presenti nel terreno, ma anche alla quantità di sole o alla piovosità caratteristiche del luogo. Lo stesso avviene per il Crocus sativus, la pianta dal cui fiore ha origine lo zafferano. A seconda del luogo (ancor più della nazione) in cui il Croco cresce, lo zafferano sarà diverso. Per lo zafferano le differenze sono ancora più marcate che per la vite (e quindi per il vino): il Croco è una pianta triploide e quindi sterile, che si riproduce per divisione. Le piante coltivate per secoli nello stesso luogo si sono specializzate in “cultivar” con dimensioni diverse, degli stigmi, ma anche di altre parti del fiore, con diverse qualità e quantità di carotenoidi presenti e quindi con caratteristiche sia fisiche che organolettiche distinguibili e specifiche per il gruppo. Negli ultimi decenni questi cultivar sono stati codificati e associati a particolari tipi di lavorazioni e commercializzazioni della spezia, così, a seconda della provenienza e anche della lunghezza degli stigmi raccolti e della lunghezza e quantità dello stilo presente nella spezia secca, sono state individuate delle classi di qualità. Per meglio chiarire il concetto riporterò le classi più comuni.
PER LO ZAFFERANO IRANIANO:
Sargol: è la classe più pregiata, composta solo dalle punte degli stigmi rossi.
Pushal: contiene oltre agli stigmi rossi anche alcuni stili gialli.
Bunch: contiene ancora più stili gialli e viene presentato e commercializzato sotto forma di piccoli covoni in miniatura.
Konge: formato da soli stili gialli.
PER LO ZAFFERANO SPAGNOLO IN ORDINE DI INTENSITÀ DI PRODOTTO:
Coupé: è equivalente al Sargol iraniano.
Mancha: equivalente del Pushal. Tuttavia i coltivatori spagnoli hanno ottenuto il marchio DOP per il Mancha prodotto in Spagna per differenziare la loro produzione dal prodotto iraniano spacciato per spagnolo. Altre classi spagnole in ordine decrescente di qualità sono: Rio, Standard e Sierra.
Lo zafferano italiano, oltre ad essere di prima qualità, secondo le norme ISO, ha caratteristiche superiori che lo rendono, secondo molti chef, il migliore del mondo; non sono in grado di dire se realmente sia il migliore del mondo ma, per quello che ho potuto scoprire, è sicuramente tra i migliori.