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Zafferano, cos’è e come viene adulterato

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risotto di pesce allo zafferano

Dopo aver scritto tante pagine sulla spezia che molti chiamano “oro rosso” mi sono accorto di aver dato per scontata la conoscenza del lettore su che cosa sia materialmente lo zafferano. Proverò a porre rimedio alla mia mancanza con alcune parole chiave che cercherò di spiegare al meglio delle mie capacità; naturalmente il mio desiderio di essere “scientifico” confligge con la possibilità di essere “completo” e soprattutto “divulgativo”. È il mio modo di chiedere scusa ai botanici e ai ricercatori focalizzati solo su alcuni aspetti della materia, ma soprattutto ai miei lettori ai quali raccomando di scrivermi se non comprendono qualche termine. Prometto di rispondere a tutti!

Lo zafferano: un prodotto di origine naturale

Quindi non è solo una parte di un fiore come molti sostengono, ma un prodotto dell’ingegno umano! È l’uomo che in secoli di esperienze ha affinato un prodotto che, come tutti ricordano, ha bisogno di ben 500 ore di lavoro per ottenerne solo un chilo. Lo zafferano è composto dagli stigmi, o stimmi, del fiore del Crocus sativus. Sono gli organi del gineceo (i tubicini) che ricevono il polline e lo trasmettono, tramite lo stilo, all’ovaio ma, come vedremo sui capitolati di produzione stabiliti dai vari consorzi di tutela, per ottenere un risultato finale eccellente conta il luogo e il metodo di coltivazione della pianta, quello di raccolta, ma anche il metodo di essiccazione e di conservazione della spezia finita.

Bulbo di Crocus

Crocus sativus

Crocus sativus è essa stessa una specie “creata” dall’uomo, sembra con secoli di selezioni, tutte tendenti a “migliorare” le caratteristiche della pianta, in modo da avere tempi di coltivazione e qualità fisiche delle sue parti finalizzate alla raccolta degli stigmi. Ma permettetemi qualche nota di botanica.  Secondo alcuni, la specie è il risultato dell’“addomesticamento” della specie Crocus cartwrightianus: a sostegno di questa ipotesi c’è il fatto che, seppur sterile, la specie C. sativus, impollinata con il polline del C. cartwrightianus, produce semi fertili. Il fenomeno è verificato e pubblicato anche dalla professoressa Antonella Canini del dipartimento di biologia dell’Università di Roma “Tor Vergata”. Attenzione però a non prendere per oro colato tutto quello che viene da un dipartimento universitario. Anche i professori possono essere appassionati e quindi distratti dall’oggetto del loro amore. Per mantenere un discreto livello di scientificità occorre tener presente che un professore di chimica che scrive di geografia ha lo stesso valore scientifico di un professore di geografia che scrive di chimica. Spero di riuscire a far comprendere ai miei lettori non specialisti le intime caratteristiche della specie. Ad esempio, cosa vuol dire che la specie C. sativus è un triploide, ossia ha cromosomi tripli, a gruppi di tre (3n): ciò complica la vita alla specie perché rende irregolare la meiosi (il processo di riproduzione per divisione delle cellule diploidi, riproduzione sessuata animale ecc.) e quindi la specie è sterile. La riproduzione normalmente usata per la specie del C.sativus ha bisogno delle amorevoli cure dei coltivatori ed avviene per clonazione del bulbo madre. 

Ancora un po’ di botanica sullo zafferano

La pianta dello zafferano appartiene alla famiglia delle Iridaceae, e al genere Crocus, le specie di questo genere fanno ancora discutere per la loro determinazione: si parla di circa 80 specie, ma non tutti i tassonomisti concordano sulla chiave dicotomica da usare per distinguere le differenze tra le specie. Il fiore del Croco è formato da un perigonio (una specie di lungo tubo) che termina con tre tepali esterni arrotondati e tre tepali interni un poco più corti dei precedenti ed è un fiore ermafrodito, ossia ha sia la parte femminile (Gineceo), che la parte maschile (Androceo) con il polline.

Senza scendere in troppi particolari, ha l’ovaio “infero”, si dice così quando l’ovaio (il luogo dove si forma il frutto e i semi) è sotto la corolla. Nelle Liliaceae (come ad esempio le Aloe) l’ovaio è supero e nel perigonio. Il gineceo ci interessa maggiormente perché è composto dall’ovaio collegato all’esterno dal lungo stilo che si divide in tre stigmi che, quando il fiore è sessualmente maturo, si aprono a trombetta. Proprio lo stilo e gli stigmi sono quelli che servono per la produzione dello zafferano.

Chi ha letto le pagine precedenti ricorderà che ho parlato del falso zafferano, quello velenoso, che in realtà è il Colchicum autumnale, che superficialmente rassomiglia al Crocus, ma è una specie appartenente alle Liliaceae e quindi ha l’ovaio supero e non tre ma due stigmi chiari e uncinati. Purtroppo gli erborizzatori “fai da te” confondono i sei stami rossicci del Colchicum con gli stigmi del Crocus.

Parlando di adulterazioni

Come vedremo anche in seguito, ogni prodotto ottenuto non seguendo i capitolati di tutela può definirsi un prodotto adulterato. Considerando il costo della spezia, l’adulterazione più frequente prevede l’aggiunta allo zafferano di prodotti diversi e di scarsa qualità, questa pratica è antica come il prodotto e prevede l’uso di stigmi di fiori meno pregiati o di polveri di altre spezie, compreso la curcuma. L’adulterazione più comune e meno dannosa avviene spacciando per zafferano italiano prodotto artigianalmente quello importato dall’Iran o da altre nazioni.  A volte si tratta addirittura di sofisticazioni molto pesanti ottenute aggiungendo prodotti neppure di origine vegetale, ho sentito di sfilacci di carne di cavallo affumicata e colorata con tintura di zafferano e poi fatta seccare e introdotta nelle bustine come stigmi essiccati di Crocus. Certamente la polvere di zafferano è più facile da adulterare rispetto agli stigmi interi, ma ci sono molte tecniche ed è estremamente difficile scoprirle.

Piatti troppo colorati e zafferano che costa poco

Come dicevo gli unici test in grado di smascherare i prodotti contraffatti sono quelli sulla presenza e sulla quantità dei fitofarmaci, ma se non avete la possibilità di usare uno spettrografo di massa, dovrete usare i vostri sensi. Lo zafferano italiano è particolarmente bilanciato tra aroma e sapore, non c’è il retrogusto amarognolo che caratterizza le spezie d’importazione. Anche il prezzo è un buon criterio di scelta, specialmente se collegato a false credenziali di consorzi di tutela.  Se, quando aggiungete zafferano, la pietanza si colora velocemente, potrebbe essere un effetto di qualche colorante chimico, i sofisticatori usano non solo i fiori di zafferanone o di papaveri tritati, per ottenere il giusto colore nelle loro misture aggiungono anche coloranti alimentari come E102 ed E104 tartrazina e chinolina. Ricordate infine che più rosso è il colore della pietanza e più intenso deve essere l’aroma, se le due cose non sono correlate tra loro potete essere quasi certi di aver ricevuto una fregatura. Potrebbe essere consolatorio sapere che anche anticamente lo zafferano subiva tentativi di adulterazione, al punto che doveva essere protetto con norme severissime, che oggi non possiamo davvero invocare! Si narra che un mercante olandese venne giustiziato per aver adulterato lo zafferano. Di queste norme e dei relativi processi non sono riuscito a trovare una bibliografia soddisfacente, i vari “riportati” che ho letto spiegano che la spezia era così protetta perché lo zafferano, a quei tempi, era usato come moneta di scambio.

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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