Home Natura Le terapie non convenzionali riconosciute in Italia come complementari

    Le terapie non convenzionali riconosciute in Italia come complementari

    1895
    0
    terapie non convenzionali

    Anche l’espressione “terapie non convenzionali” ha una serie di sinonimi o di termini usati in ambienti specifici. Considerate che la “terapia” in Europa è regolata da normative internazionali e non tutti hanno il permesso di fare i terapeuti. La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO) anche in base a quanto stabilito dall’organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha fatto approvare in Italia una serie di pratiche terapeutiche che (anche se non ufficialmente riconosciute per la loro scientificità) possono essere praticate come terapie complementari, ma solo da medici iscritti ai vari ordini professionali. Questo è legato sostanzialmente a due considerazioni: la prima è che queste terapie hanno un “seguito” particolarmente numeroso e una storia ultracentenaria e dunque la platea dei clienti è molto vasta; la seconda è che queste materie non sono tra quelle obbligatorie per chi studia medicina. Gli studi e gli esami legati a queste tecniche terapeutiche sono essi stessi complementari.

    Terapie non convenzionali: comunque male non fanno

    “Male non fanno”! È il motivo per cui i “medici” hanno deciso di occupare lo spazio non scientifico che fino alla fine del 1800 era lasciato ad altri “operatori”. Sono in perfetta sintonia con l’idea di “medico terapeuta” anche un poco stregone, capace anche solo con la sua presenza, con le sue parole, di far sentire meglio il proprio assistito. Meno d’accordo sono con quei medici che hanno deciso di specializzarsi e praticare “solo” un certo tipo di terapia soprattutto se priva di conferme scientifiche. In questo caso ci vedo molta ipocrisia e il desiderio di far soldi, legittimo ma conflittuale con il nostro sistema di assistenza pubblica. Per la frase autoassolutoria: “Comunque male non fanno!” credo che debba valere la regola che se un modello terapeutico, anche se antico e largamente sperimentato, mi impedisce di accedere a terapie di efficacia superiore e provata, questo è un danno, indipendentemente da chi sia a prescrivere o a consigliare la terapia, un medico o solo uno stregone. Alcuni diranno che un medico deve operare secondo “scienza e coscienza”, uno stregone no.

    Scienza e coscienza

    Penso che se non ci sono prove scientifiche ripetibili che ad un’azione terapeutica corrisponda un risultato almeno statisticamente rilevante, la “copertura” della Federazione degli Ordini dei Medici è sicuramente riservata ad una coscienza che mi pare più che altro di tipo economico o finanziario. Sono sicuro che qualche medico possa ritenersi offeso, ma ricordo che io alludo solo agli specialisti cultori esclusivi di terapie complementari, non certo a chi, con tutto il suo armamentario di sapere, accompagna il cliente alla guarigione o almeno alla migliore situazione possibile.

    Ho usato con malizia il termine “cliente”, ricordando che, nel 2014, l’espressione “paziente” venne sostituita da “persona assistita” nel nuovo codice deontologico dei medici. Il codice però fatica a far comprendere, alla categoria a cui si rivolge, l’importanza del termine. Avrebbe potuto essere un cambio di paradigma, allargando l’assistenza terapeutica anche alla prevenzione e all’educazione sanitaria, ma toglieva la subalternità remissiva del “paziente”, che così rimane come soggetto a cui vanno somministrate medicine, che poi è in parte quello che fanno molti medici che distribuiscono per telefono, ora con qualche ragione, medicine e certificazioni di malattia. Spero, con le mie affermazioni, di suscitare una discussione, personalmente conosco sia medici interessati principalmente a far soldi che medici seri professionisti, che mettono passione nella loro professione.

    Uno stereotipo non è sempre la realtà

    Nel 1972, durante un viaggio in quelli che allora erano i Paesi del blocco comunista, mi capitò di dare un passaggio ad un giovane ungherese che cercava di passare in Occidente: noi andavamo verso Belgrado, quindi ci fece piacere avere con noi una persona in grado di farci conoscere i paesi che avevamo deciso di attraversare. Era una persona colta e così ci fece da cicerone, ma soprattutto ci fece conoscere la cucina tradizionale ungherese nei piccoli paesi che incontravamo sul nostro percorso verso quella che allora era la Jugoslavia e che oggi è la frontiera tra Ungheria e Serbia. Noi lo trattammo come un amico e così cercammo di conoscere le motivazioni del suo viaggio e la sua storia. Ci spiegò che si era laureato in medicina, specializzandosi in chirurgia estetica: per lui era incomprensibile dover rimanere in Ungheria, dove avrebbe potuto avere uno stipendio da impiegato lavorando in ospedale, mentre a 400 chilometri di distanza (ad esempio in Italia) i suoi colleghi si arricchivano grazie a nasi rimodellati e a trapianti di capelli. Eravamo ben disposti verso di lui ma i sui discorsi ce lo resero meno simpatico. Cercammo di spiegargli le differenze tra i percorsi formativi, i costi sostenuti dai medici e i costi della vita in Occidente, la concorrenza spietata che avrebbe incontrato, le differenze culturali. A lui i nostri discorsi interessavano poco, né gli importava che fossero stati i suoi connazionali a pagare i suoi studi. Così, dopo aver cercato di spiegargli il nostro punto di vista, lo lasciammo a Szeged (Seghedino), ultimo paese prima della frontiera jugoslava. Dall’altra parte della frontiera c’era Subotica (Subotiza o Maria Teresiopoli), e il giovane medico   contava di attraversare la frontiera ed entrare clandestinamente in Jugoslavia, da dove sarebbe stato facile arrivare in qualche Paese Occidentale. Noi non lo aiutammo nel suo proposito di fuga. Avevamo scoperto gli effetti della televisione occidentale sui giovani di oltrecortina. Già da allora gli stereotipi sulla figura dei medici e anche dei dentisti erano usati come esempio di promozione sociale.

    Elenco ufficiale delle terapie non convenzionali

    In Italia le terapie non convenzionali riconosciute come complementari, la cui pratica è riservata esclusivamente ai medici chirurghi o odontoiatri, sono (in ordine alfabetico):

    • la terapia antroposofica,
    • la terapia ayurvedica,
    • la fitoterapia
    • la medicina tradizionale cinese comprese l’agopuntura e la moxibustione,
    • la omeopatia,
    • la omotossicologia.

    La Cassazione ha emesso sentenze a “difesa” della pratica esclusiva (riservata ai medici) per queste terapie non convenzionali.

    Vi invito a partecipare alla conferenza organizzata dalla SIMA (Società Italiana di Medicina Antroposofica) che spiega “Come usare correttamente i colliri omeopatici per la salute degli occhi”, oppure a quella della Fondazione per la Salutogenesi ONLUS che riguarda “Il vischio e il calore nella terapia oncologica”.

    Ricordo ai distratti come sia difficile per me parlare di medicine che si rifanno alla memoria dell’acqua, e che non hanno bisogno dell’autorizzazione dell’Agenzia del farmaco perché i principi attivi non sono rilevabili, ma che ne pensate di una medicina che si autodefinisce un “ampliamento” della medicina ufficiale dichiarando che:

    “I medicinali antroposofici vengono concepiti prestando attenzione da un lato all’aspetto individuale dei fenomeni patologici e dall’altro alla stretta connessione tra l’uomo e i regni della natura.”

    Ricordo ancora che in biologia i regni della natura sono: Bacteria (batteri), Archaea (procarioti), Protista (protozoi), Cromalveolata (alghe), Fungo (funghi), Animalia (animali), Plantae (piante). Per appartenenza noi esseri umani facciamo parte del regno Animalia. Ma non sono sicuro che stiamo parlando degli stessi regni della natura.

    L’affermazione che ho riportato è sicuramente efficace e fa venire la curiosità di sapere come “praticamente” si possa riuscire a fare quel che si dice. Ho deciso! Mi faccio visitare da un medico antroposofico! Poi vi racconterò. Ripensandoci penso sia meglio, se avete avuto esperienze di terapie antroposofiche, che siate voi a raccontarle, come previsto già dall’inizio di questa serie.

    Articolo precedenteFondazione Benetton Studi Ricerche: istituite due borse di studio sul paesaggio
    Articolo successivo“Umbria e Cactus”, la fiera delle piante grasse
    Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

    LASCIA UN COMMENTO

    Lascia un commento!
    Inserisci qui il tuo nome