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La cerimonia del tè, in ogni Paese una tradizione

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teiera per cerimonia del tè

Ho trovato in libreria e nel web decine di volumi e filmati che spiegano le varie cerimonie del tè nei principali Paesi consumatori di questa meravigliosa bevanda. Quello che in queste poche pagine mi propongo di fare è trasmettere ai lettori la capacità di godere di queste cerimonie, di capirne i significati. Cercherò di farlo rispettando la storia, mettendo in fila le cerimonie in ordine di nascita. Chi aspira a diventare “maestro del tè” apprezzerà la differenza tra le esperienze proposte nelle cerimonie e l’esperienza vissuta da una nostra amica. Seduta ad un tavolino di una importante Casa del Tè a Barcellona, l’amica ha ordinato dal menù, a 10,00€, il mitico Tè Shen: le hanno portato su un vassoio una scatolina con dentro tre foglioline, una tazza, una piccola teiera con acqua calda e qualche bustina di zucchero. Mentre stava per mettere le foglie nella tazza (fredda!?) è stata chiamata da alcuni colleghi e così la scatolina è diventata un souvenir.

Cerimonia cinese del tè

Ho già raccontato come in Cina il consumo del tè sia una tradizione antichissima anche se la sua origine come infuso moderno è più recente ed è collegata alla nascita del nome “cha” nel Settimo secolo. Precedentemente gli infusi amari di erbe o foglie (usati come presidi terapeutici) non erano distinti tra loro. Nel 758 il monaco Lu Yu scrisse il “Canone del tè”, sicuramente la prima monografia sul tè, ancora ristampata per il piacere degli amatori. Sempre per il piacere degli amatori nell’ultimo mezzo secolo in Cina si sono riscoperti gli usi tradizionali che, grazie all’aumentato benessere si sono diffusi, passando dalle élite culturali a larghe fasce della popolazione. Ho parlato di cerimonie perché anche in Cina, come in ogni altra parte del mondo, un conto è la quotidianità familiare, un altro è l’uso cerimonioso del tè per esaltare la bellezza o l’importanza di particolari momenti. In casa i cinesi mettono le foglie di tè (prevalentemente verde o oolong) in una pentola con l’acqua calda, dopo qualche minuto con un mestolo raccolgono l’infuso che spesso servono ai familiari in bicchieri trasparenti (le foglie possono essere usate più volte).

Nelle occasioni importanti: se si vuole mostrare rispetto o onorare un ospite, chiedere scusa per qualche cosa, nelle feste familiari, nei matrimoni ecc. , si tirano fuori gli strumenti tradizionali, quasi sempre di origine moderna e si rappresenta la propria capacità di realizzare un tè perfetto. In realtà quello che viene ammirato dai cinesi in questa cerimonia del tè è la destrezza di chi la esegue, che viene letta in base all’armonia che riesce a trasmettere. Armonia è la parola chiave per leggere la qualità della preparazione. In Cina, negli anni Settanta, ho potuto verificare, visitando scuole e quelle che all’epoca chiamavamo “comuni”, che già all’asilo i bambini cinesi imparavano i trucchi di magia o gli esercizi fisici che poi erano i più apprezzati e applauditi durante gli spettacoli dell’Opera di Pechino. Gli spettatori conoscevano perfettamente i trucchi e gli esercizi proposti, ma applaudivano l’aspetto estetico, la destrezza di esecuzione. Allo stesso modo nella cerimonia del tè in Cina si esalta una “cerimoniosa armonia”. Per rispetto verso la “complessità” della cerimonia ne elenco i passaggi principali:

  • Si presentano gli strumenti
  • Si prepara l’acqua calda
  • Si scaldano le tazze, nel modo e per un tempo tradizionale
  • Si mostrano agli ospiti le foglie del tè, in modo che ne possano apprezzare le qualità
  • Si inseriscono le foglie nella teiera
  • Si versa l’acqua calda e dopo un’attesa tradizionale
  • Si versa il tè nelle tazze, badando ad uniformarne il colore
  • Si porge la tazza all’ospite

Cerimonia del tè in Giappone

Il arriva e si diffonde in Giappone a partire dal IX secolo, e proprio allora nasce l’esibizione giapponese del tè. Ho volontariamente parlato di esibizione perché in un mondo (quello giapponese pre-medioevale), mentre i capi delle famiglie nobili, guerreggiando, facevano di tutto per indebolire il potere centrale che aveva appena spostato la capitale a Kyoto,  le padrone di casa gareggiavano tra loro, ma con il tè invece che con le armi. Solo nel XVI secolo il monaco buddista Sen no Rikyū codificò la cerimonia del tè, che divenne tutt’uno con il pensiero e l’azione zen. Anche se sono passati pochi secoli, siamo lontani anni luce dal buddismo giapponese di “Alla Ricerca del Toro”. Il maestro Sen no Rikyū  indica semplicemente la via per fondersi con il tutto, trasformando una specie di competizione in un’esperienza socio spirituale.cerimonia del tè giapponese

“…l’obiettivo consiste nel preparare una deliziosa tazza di tè; disporre il carbone in modo che riscaldi l’acqua; sistemare i fiori come in un giardino; in estate proporre il freddo; in inverno il caldo; fare tutto prima del tempo; preparare per la pioggia e dare a coloro con cui ti trovi ogni considerazione.”

Naturalmente la situazione odierna nel Giappone moderno vede l’uso smodato a colazione di tè oolong in bustine filtro. Una cosa è la spiritualità, un’altra è la realtà quotidiana. È la “perfezione”, che secondo i maestri si ottiene con l’esercizio e la concentrazione, ma anche estraniandosi con la meditazione, ripetendo gesti ritenuti essenziali. In effetti ogni passaggio di questa cerimonia è stato affinato e, secolo dopo secolo, è arrivato alla perfezione, con effetti sia spirituali che corporali, addirittura terapeutici. Ne ho già accennato parlando dell’uso terapeutico del tè in “Il tè verde, super alleato naturale per prevenire e curare molte malattie”: una equipe di ricercatori ha scoperto che durante la cerimonia giapponese del tè, nelle persone diabetiche la glicemia scende bruscamente. Nella cerimonia giapponese il numero dei passaggi è aumentato rispetto a quella cinese, e in qualche modo anche il destinatario della cerimonia ne fa parte: chi poi dovrà bere il tè è coinvolto, al punto che “tutto diventa uno”. La cerimonia cambia a seconda degli ospiti! Non volendo banalizzare quello che per noi occidentali spesso si esprime con ossimori, come ad esempio “la complicata semplicità”, vi propongo le parole che secondo me indicano ciò che dovrebbe avvenire, passo dopo passo, nella cerimonia: sintonia con il tutto, rispetto del tutto, vacuità del tutto, serenità interiore e del tutto, in una parola lo Zen.

Cerimonia del tè in Russia

La cerimonia del tè in Russia cosa significa? Nelle sale da tè, dei grandi alberghi e dei circoli privati, nei salotti esclusivi, le signore della nuova oligarchia si incontrano intorno a samovar d’argento e a vassoi pieni di pasticcini finissimi e di ghiottonerie, per gustare tè nero cinese. Nelle case, “normali” samovar elettrici scaldano l’acqua solo quando ci sono gli ospiti, di solito un pentolino è sufficiente per preparare l’acqua bollente che poi viene versata sulle foglie di tè nero, spesso di origine Georgiana. Ho avuto notizia che la nuova borghesia russa usa il tè come momento aggregante in cui gustare i manicaretti preparati dalla padrona di casa. Per questo sono tornati di moda i samovar di porcellana e i servizi da tè da esibire e da trasmettere agli eredi, comunque più che a gustare un buon tè, si punta ad ottenere una socializzazione, quasi sempre aggiungendo altri alimenti, dolci o salati. Dell’uso del tè in Russia, per quello che ho potuto vedere, ho scritto su Il tè nel mondo, i riti e le abitudini”: sono esperienze datate e limitate, ma se siete curiosi… .

Cerimonia del tè in Turchia

Alla fine degli anni Sessanta, da uno dei miei viaggi nei paesi balcanici, portai come souvenir (da regalare agli amici) un discreto numero di bricchetti in rame per il caffè alla turca, comprati in un negozio di casalinghi. Ero rimasto colpito dalle caffetterie, dove gli uomini (e solo loro) si incontravano per bere un caffè alla turca, un tè nero, a giocare a scacchi, a dama e ad altri giochi che non conoscevo. Mi colpirono anche le doppie teiere con cui veniva servito il tè. Tornando in quelle zone un decennio dopo, ho potuto verificare che soprattutto nelle famiglie offrire il tè aveva la stessa valenza del nostro offrire un caffè, non vale tanto la qualità del tè che si offre, ma il clima che si riesce a creare,  la fantasia e la qualità dei dolcetti offerti. Se volete scoprire come viene fatto il çai turco, leggete “Origini e nomi dei principali tè neri provenienti da Cina, Kenya e Turchia”. A mio parere in una sala da tè è importante creare un clima speciale, caratteristico ed unico, ed è questo che dovrebbe promuovere un “maestro del tè”.

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Luciano Zambianchi
Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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