Quale miglior occasione della Festa della donna per raccontare e analizzare come la bufala e il suo hinterland si muovano nei confronti dell’universo femminile?
La museruola
A fine gennaio compare in prima pagina su Libero la foto di una donna con un ornamento in bronzo dal titolo Dal burqa alla museruola. In verità, non solo non è una museruola ma si tratta del boreghen delle donne bandari, una piccola popolazione che vive nei villaggi rurali dell’isola di Qeshm, tra lo stretto di Hormuz e il sud dell’Iran. Si tratta, come raccontato dal fotoreporter Eric Lafforgue sul Daily Mail prima e da Rodolfo Contreras della BBC poi, di una tradizione vecchia di secoli: “Nessuno ne conosce l’origine anche se alcuni sostengono che iniziò durante la dominazione portoghese, quando le donne cercavano di nascondersi agli schiavisti che andavano a caccia di donne di bell’aspetto”. Con tutta probabilità, la maschera doveva servire a simulare la presenza dei baffi.
Donne, manipolazione di tradizioni antiche
A differenza delle altre donne iraniane, le bandari usano abiti molto colorati al posto del nero chador e del velo. Queste maschere sono realizzate in bronzo o in stoffe, spesso molto ricamate. Le maschere non impediscono assolutamente alle donne di parlare e, soprattutto, non è una nuova usanza estremista per sottomettere ulteriormente le donne. Ovviamente, come sempre più spesso accade in questo preciso periodo storico, un’usanza secolare, viene raccontata a servizio dell’ignoranza e a favore del populismo più sfrenato. A rendere più credibile la bufala, poi, è l’autrice dell’articolo, la giornalista d’origine marocchina Souad Sbai. Il lettore profano, davanti a una denuncia piazzata in prima pagina scritta da una donna di origini nordafricane, non si pone domande. Semplicemente, si indigna. Viene da chiedersi, tuttavia, se la strumentalizzazione politica dei più deboli non stia raggiungendo livelli insostenibili in quanto un conto è inventare bufale con personaggi di fantasia, altro è costruire su usanze antiche una “narrazione” dal sapore denigratorio con venature potenzialmente violente.
#wledonneislamiche