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Aloe pendens, sugli altipiani dello Yemen

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aloe pendens

La piccola Aloe pendens è una pianta che coltivo da circa venti anni, da quando l’ho avuta in regalo da un grande amico. In realtà il “grande” è John Jacob Lavranos, che nel 1998 mi regalò le diapositive di un suo viaggio in Yemen (nel 1962) e successivamente tre Aloe yemenite: l’Aloe pendens , l’Aloe  vacillans e l’Aloe lavranosii. John è stato “l’Heinrich Schliemann della botanica”, con oltre 40.000 esemplari vegetali raccolti, centinaia di specie nuove di piante descritte, tra cui un centinaio di nuove specie di Aloe di cui ben 77 attualmente riconosciute come valide (le altre sono classificate come sinonimi). A lui sono stati dedicati numeri speciali di riviste specializzate nella botanica: nel 2006, sul numero 78-2 della rivista americana “Cactus and Succulent Journal”, interamente dedicato a John in occasione dei suoi ottant’anni, Gerhard Marx scrive:

“… a 80 anni, John continua regolarmente ad esplorare in Africa, Madagascar e Yemen! Senza dubbio questo Pablo Picasso del mondo vegetale succulento continuerà ad esercitare le sue straordinarie capacità ancora per più di un decennio. Quindi questo numero, dedicato a John, non è sicuramente un omaggio prematuro, ma piuttosto un lungo applauso in ritardo …”

Nel 1997 J.J. Lavranos venne in Italia a tenere un paio di conferenze sulla flora dello Yemen. Nel 1998 con le sue diapositive e parte dei suoi racconti realizzammo un numero speciale della rivista “Piante grasse”.

A febbraio 2018 John è morto, ma rimangono a ricordarlo le sue scoperte, i suoi lavori scientifici, migliaia di amici, un genere e sei specie di piante a lui dedicate. Delle sue piante sulla mia terrazza restano solo alcuni giovani esemplari: fino all’anno scorso le piante erano grandi e rigogliose, ora (dopo le gelate) sono piccole e stentate, ma sono sicuro che torneranno belle e forti.

Aloe pendens sugli altipiani dello Yemenaloe pendens in vaso

Quest’Aloe è stata trovata ad altitudini tra i 1500 e i 2300 metri sul livello del mare, sia in Yemen che in Arabia Saudita. Gli altipiani dello Yemen fino al XX secolo erano ricchi di boschi, poi i problemi legati alle guerre e l’aumento della popolazione hanno contribuito al disboscamento e allo sviluppo di una monocoltura (quella del caffè) che fino a qualche anno fa occupava gran parte del terreno utilizzabile. Da qualche anno la coltivazione delle piante del caffè è stata parzialmente sostituita con la coltivazione di una droga, il qāt (Catha edulis), una pianta le cui foglie contengono un alcaloide dall’azione stimolante che provoca dipendenza. Proprio per questo fatto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il qāt tra le droghe, tuttavia la coltivazione e l’uso di questa droga sono estremamente diffusi in tutto lo Yemen.

Descrizione e caratteristiche dell’Aloe pendens

L’Aloe pendens è stata descritta per la prima volta nel 1775 da Pietro Forskal in “Note sulla flora aegyptiaco – arabica” a pagina 74. Per i curiosi segnalo che tutta la pubblicazione (nell’edizione del 1775) è scansionata e leggibile direttamente in rete.

Il nome deriva dal latino (“pendens” = pendente) e fa riferimento alla crescita in natura di questa specie, che vive appesa su ripide pareti rocciose. Anche in coltivazione i fusti delle piante non hanno la forza per restare eretti, per comodità io le coltivo sorrette da una rete metallica, i miei esemplari non si allungano molto, ma in compenso accestiscono.

  • La specie sviluppa radici e germogli alla base; i sottili tronchi raggiungono i 20 / 25 cm di lunghezza, e sono larghi da un centimetro a un centimetro e mezzo. La specie tende ad accestire formando dei cespugli.
  • Su ogni tronco 8 – 12 foglie sono disposte lungo il fusto prima alternate poi a formare una piccola rosetta.
  • Le foglie, di colore verde, sono ricoperte da spot bianchi allungati, presenti in numero maggiore sulla pagina inferiore della foglia.
  • Negli esemplari adulti coltivati in terra le foglie raggiungono i 50 cm di lunghezza e sono larghe fino a 4 cm, in vaso rimangono più piccole.
  • Le foglie, lunghe e sottili, sono lisce (non tubercolate) e ricche di succhi, lievemente ricurve verso l’esterno e concave nella parte superiore.
  • Il margine delle foglie è cartilagineo, privo di denti o con denti radi, corti e sottili (da 0,5 mm), con una sottile (fino a 0,5 mm) linea cornea bianca o bronzea (anche a seconda dell’esposizione al sole).
  • I fiori, densamente raggruppati e lunghi fino a 25mm, sono solitamente gialli con sfumature rossastre, raramente arancione e collegati ai racemi da pedicelli lunghi 12 – 15 mm.
  • I fiori sono disposti su racemi singoli e formano lunghi grappoli. Talvolta il racemo si divide in due o tre spighe floreali.
  • I racemi sono lunghi da 15 a 40 cm.
  • Il “locus typicus” è in Hadieh (secondo Forskal), sulle montagne dello Yemen occidentale. Ho già parlato dei dirupi rocciosi dove la specie cresce in natura, ma altri esploratori hanno trovato gruppi di Aloe pendens anche in altre zone dell’Arabia Saudita.

Forskal raccolse esemplari di questa specie nel 1773 e nel 1774, ad altitudini variabili tra i mille e i duemila metri, successivamente la specie fu esportata e coltivata in varie parti del mondo. Nel marzo 1902 Sir Thomas Hanbury mise in coltivazione diversi esemplari (clonotipi) di Aloe pendens nella sua villa a La Mortola (in Liguria). Villa Hanbury, depredata durante l’ultima guerra mondiale della maggior parte della collezione di Aloe, oggi sta risorgendo grazie gli interventi della facoltà di botanica dell’università di Genova che ne ha fatto una sua sede separata.

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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