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Zafferano: parliamo di qualità!

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qualità dello zafferano, fiore

Ho parlato delle adulterazioni che più facilmente possiamo trovare acquistando una bustina di zafferano in polvere o di stigmi secchi. Permettetemi di criticarmi per quel che ho fatto: davanti ad una spezia “perfetta” e con una storia millenaria avrei dovuto evidenziare le qualità che fanno dello zafferano un prodotto eccezionale. La presenza di imbroglioncelli e mascalzoni che hanno cercato, o cercano ancora, di far soldi adulterando lo zafferano, non è una delle caratteristiche della spezia, ma eventualmente una curiosità legata alla storia della sua commercializzazione. Parlando come ho fatto dei “possibili” difetti e delle “possibili” fregature è come se, davanti al ritratto di Monna Lisa di Leonardo, invece di ammirarne l’armonia e il celebre sorriso mi fossi messo a discutere sulla cornice che avrei potuto metterle intorno, dopo averne fatto una riproduzione alla Andy Warhol. Credo che si debba rispettare e anche sostenere l’attività dei molti coltivatori artigianali appassionati, meticolosi nel loro lavoro, e non metterlo in dubbio. Rimedio subito!

Zafferano: bellezza e salute

Ci sono voluti molti secoli per riuscire a migliorare (addomesticare) il Crocus cartwrightianus, già gli antichi avevano scoperto quale parte della pianta, e addirittura del fiore, usare per la spezia. Da oltre 4000 anni chi coltivava i Crocus aveva il privilegio di vivere nella bellezza, ma anche di vivere a lungo. Avete mai visto un campo con migliaia di crochi fioriti? Oggi quelli che si interessano del “sociale”, specialmente della qualità della vita (sia psicologi che sociologi) concordano sul fatto che chi vive nel bello migliora la qualità della sua vita e sicuramente questo è successo a Creta, da dove probabilmente lo zafferano è arrivato in Occidente. Altro aspetto, non trascurabile per chi coltiva i Crocus, è il rispetto dei cicli vegetali, la natura non è solo maestra: seminare (o mettere a dimora), seguire la fioritura e attendere il raccolto è quello che medici di fama consigliano di fare come ausilio terapeutico, anche per patologie importanti. La statistica applicata alla gerontologia (la disciplina che studia complessivamente l’età senile) ha fatto scoprire che la maggior parte degli ultracentenari nel mondo è legata alla terra, alla sua cura e coltivazione, ai suoi prodotti, alla moderata ma continua attività fisica possibilmente svolta assieme ad altre persone all’aria aperta, alla positività con cui si affrontano gli eventi. Naturalmente anche la genetica e l’alimentazione contano ma, da quello che ho evidenziato, sembrerebbe che già coltivare il Crocus sativus, per ricavarne zafferano, allunghi la vita dando soprattutto, come da tempo sostengono i geriatri < Non tempo alla vita, ma vita al tempo!>.

A Creta le immagini dello zafferano

Nell’isola di Santorini, mezzo secolo fa, sono iniziati gli scavi sistematici e continuativi di quella che ormai tutti considerano la “Pompei” greca: la città di Akrotiri, che venne sepolta durante la catastrofica eruzione del 1628 a. C. e non nel più recente 79 d. C. (Pompei). Sicuramente 1700 anni di differenza sono importanti e da soli esaltano le differenze nella struttura delle due città, ma anche nelle loro funzioni. Pompei, quando venne sepolta, era una cittadina che era stata sottomessa a Roma dopo la guerra dei socii, cittadina che molti senatori e ricche personalità romane avevano eletto come luogo di villeggiatura e riposo, anche grazie al clima e alla sua posizione. La maggior parte di loro vi si era traferita dopo aver costruito sontuose ville, su terreni e con ricchezze che avevano depredato ai sottomessi sanniti. L’importanza strategica di Pompei non era certo quella di Akrotiri, che durante l’eruzione del vulcano Santorini nel 1628 a.C. era uno dei porti più importanti dell’età del bronzo, quindi centro del potere (e della sua rappresentazione) con edifici pubblici che stanno riaffiorando e ci mostrano molti affreschi e inaspettate ricchezze. Secondo gli archeologi (Spyridon Marinatos e i suoi collaboratori) fu quell’eruzione a decretare la fine dell’antica civiltà Minoica di Creta. In uno degli edifici già emersi sono stati recuperati diversi affreschi che mostrano fasi della coltivazione del croco e della raccolta e conservazione dello zafferano. Sembrerebbe che l’edificio fosse dedicato a una divinità femminile per ringraziarla del dono dello zafferano, che veniva usato (dalle donne) soprattutto per le sue qualità medicinali (analgesico contro i dolori mestruali). Secondo la professoressa Susan Amigues, una ellenista esperta in farmacopea siriaca, gli affreschi di quel palazzo mostrano una specie di percorso di istruzione o di iniziazione, in cui le giovani donne imparavano (o mostravano di aver imparato) a produrre e conservare lo zafferano, questa ipotesi è anche condivisa da Nanno Marinatos, figlia e collaboratrice di Susan Marinatos.

La qualità dello zafferano da cosa dipende?

Ho ricordato la passione di coltivatori che artigianalmente e con meticolosità maniacale raccolgono lo zafferano, ma non sono loro gli unici produttori. Secondo Carlo Petrini (il fondatore di “Slow Food”) la provincia iraniana più importante per la produzione delle spezie è il Khorasan, che in persiano vuol dire “luogo dove sorge il Sole”. Su “Terra madre” si può leggere che nel Khorasan viene prodotto il 95% (forse è una percentuale eccessiva) della produzione mondiale di zafferano, oltre a tantissime altre spezie. Sempre la stessa provincia è il luogo di origine e produzione del Kamut (che in realtà è un marchio commerciale): il cereale venne per la prima volta descritto nel 1921 come il grano di Khorasan. Sempre su “Terra madre” è spiegato che, con la collaborazione e la supervisione della facoltà di Agraria dell’Università di Mashhad (la capitale della regione, città sacra agli Sciiti), centinaia di migliaia di piccoli agricoltori coltivano il Crocus sativus, producono e conferiscono le loro produzioni ai consorzi ed alle cooperative che poi si occupano della commercializzazione a livello mondiale. In pratica, secondo “Terra madre”, anche il più importante produttore mondiale altro non è che un enorme consorzio di artigiani, o quasi. Non potrebbe essere diversamente, proprio per la complessità del lavoro necessario. La reale differenza sta nell’uso di mezzi meccanici di raccolta, nelle coltivazioni ottenute su terreni concimati in modo non ammesso in Italia e supersfruttati, nonché nelle caratteristiche igieniche in cui il prodotto è realizzato (essiccazione, confezionamento, ecc.), ma è proprio questo che determina la qualità del prodotto! In particolare del prodotto italiano. Proprio a Mashhad, nell’ottobre del 2006, si è tenuto il secondo simposio internazionale sullo zafferano (la più importante conferenza internazionale del settore, che si tiene ogni due anni), il sesto simposio (6th International Saffron Symposium) si è tenuto ad agosto 2018 ad Istanbul in Turchia. Anche nel rispetto delle tradizioni, le tecniche e le conoscenze sullo zafferano si evolvono; così, prima di cercare l’origine delle più famose e tradizionali ricette che impiegano lo zafferano, vorrei ancora parlarvi delle tecniche di coltivazione previste nei capitolati dei consorzi di tutela e naturalmente continuare ad approfondire le ricerche legate allo zafferano nella storia, ricerche che ci daranno delle belle sorprese!

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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