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Uno strano sport chiamato paddle

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C’è chi assicura che tra qualche anno non si parlerà d’altro: del “paddle“, di questo nuovo, strano sport che tanto ha del tennis ma anche dello squash. Diventato vera e propria disciplina sportiva a partire dal 1990, nacque, almeno così sembrerebbe, per la bizzarra distrazione di Enrique Corcuera, un messicano che si ritrovò a realizzare il proprio campo da tennis all’interno della propria lussuosa villa su di uno spazio ridotto, delimitato da muri: da qui l’idea-necessità di concepire gli stessi come parte integrante della superficie di gioco come, appunto, nello squash.

Il paddle, le origini dallo squash

E paddle fu. Campo dunque più piccolo rispetto a quello da tennis ma sempre diviso da una rete: lateralmente e posteriormente pareti che possono essere colpite dopo un primo tocco a terra e che imprigionano la palla in un movimento continuo che termina solo con un secondo tocco a terra, tocco che determina l’acquisizione di ogni singolo punto. Per il resto il punteggio è quello tennistico, le racchette simili per dimensioni e forma a quelle che vengono comunemente utilizzate sulle spiagge ma forate, per renderle più leggere, il servizio dal basso facendo rimbalzare la pallina sul pavimento prima di colpirla. Circa sei milioni i giocatori nel mondo tutti concentrati, per lo più, in paesi come l’Argentina, la Spagna, gli Stati Uniti dove a praticarlo sono anche molti ex campioni della racchetta come Gabriela Sabatini, Conchita Martinez, Aranxt Sanchez, Guillermo Vilas e Josè Luis Clerc.

Anche in Italia sempre più praticato

L’Italia non sta però a guardare: ormai esistono campi un po’ in tutte le principali città, Roma e Bologna prime fra tutte e siamo certi che tra qualche anno la notorietà di questo sport sarà ancor maggiore. Non sono, infatti, richieste grandi capacità tecniche quanto piuttosto qualità come velocità, agilità, precisione nel piazzare i colpi a ridosso delle pareti, occhio nel prevedere le traiettorie dopo i rimbalzi.

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