L’usa e getta è presente oramai nella vita di tutti i giorni e non si tratta solo delle bottigliette di plastica o del bicchierino del caffè al bar, ma anche di tutti quegli imballaggi che ricoprono le infinite quantità di merci che acquistiamo.
Come e perché è nato l’usa e getta
La nascita dell’usa e getta è da ricondurre allo stile di vita che ha ormai preso piede in quasi tutto il mondo; uno stare al mondo basato sull’istantaneità e sugli incessanti e mai soddisfatti desideri umani. Oggetti monouso, monoporzioni con i loro imballaggi, frutta e verdura confezionati: consumiamo frettolosamente e gettiamo ancor più rapidamente.
L’usa e getta si adatta perfettamente alla velocità e rapidità con la quale gestiamo le nostre vite nelle città contemporanee. Potrebbe apparentemente aver semplificato la nostra esistenza ma è davvero questa la soluzione ai nostri problemi?
L’impatto ambientale dell’usa e getta
La maggior parte dell’usa e getta è composto da plastica, materiale molto dannoso per il suo impatto ambientale. I materiali plastici hanno un ruolo importantissimo nell’economia contemporanea e in questo momento sembrerebbe impensabile sostituirli.
La plastica è economica, leggera, facilmente trasportabile e resistente, tutte caratteristiche che la rendono estremamente desiderabile. Quello che non si sa o che sembra difficile credere è che tutti i materiali di plastica, per quanto lungo o breve possa essere il loro utilizzo, finiscono nella spazzatura e, da quel momento in poi, la loro vita da rifiuti è particolarmente lunga.
La plastica ha un tempo di decomposizione molto lungo, quindi rimane per tanti anni nei mari e sulle spiagge, molto spesso scomponendosi in microplastiche che possono essere ingerite da animali e umani. Perciò, gestire la plastica una volta che diviene un rifiuto è molto costoso dal punto di vista economico e richiede un procedimento alquanto lungo. Lo stesso discorso vale anche per il riciclo.
A questo proposito, l’OCSE ha affermato che soltanto il 15% della plastica viene riciclato a livello mondiale. Invece, per quanto riguarda gli inceneritori questi raccolgono il 25% del totale della plastica prodotta. Il 60% dei rifiuti plastici rimanenti, nella migliore delle ipotesi, viene mandato nelle discariche, altrimenti finisce disperso nell’ambiente.
I dati ottenuti dalle ricerche della Commissione Europea evidenziano la presenza di un’ingente quantità di rifiuti plastici nei mari; più dell’80% dei rifiuti marini mondiali sono di plastica.
I principali rifiuti usa e getta
La Commissione Europea ha stilato un elenco dei dieci rifiuti usa e getta più inquinanti. Si tratta perlopiù di rifiuti che vengono trovati nei mari o sulle spiagge:
- cotton fioc
- stoviglie di platica
- palloncini e bastoncini per reggere i palloncini
- contenitori per alimenti
- tazze e tazzine per bevande
- contenitori per bevande
- mozziconi di sigaretta
- buste di plastica
- involucri e bustine di plastica di dolci e merendine
- salviette umide e articoli per l’igiene personale
Le ricerche effettuate dalla Commissione Europea mostrano che questi dieci articoli rappresentano circa il 43% del totale della spazzatura marina presente sulle spiagge europee.
Inoltre, è stato riscontrato che un altro grande problema sono le attrezzature da pesca, in gran parte composte da plastica. Queste rappresentano il 27% del totale della spazzatura marina.
Undici articoli, quindi, che corrispondono al 70% dei rifiuti presenti nelle acque dei mari europei.
La situazione italiana
Per quel che riguarda l’Italia, la situazione è ben evidenziata dai dati forniti da Legambiente:
- l’Italia è il primo consumatore in Europa e il secondo al mondo per l’uso di acqua in bottiglia (206 litri di acqua in bottiglia a testa)
- circa 2 chili di posate, piatti, bicchieri e cannucce usa e getta vengono consumate annualmente
- è stato registrato un calo del 55% nell’uso delle buste di plastica grazie all’introduzione dei sacchetti biodegradabili. Ma ci sono ancora moltissime buste di plastica non compostabili, non biodegradabili e quindi illegali in circolazione.
Attuazione della direttiva Europea come prospettiva di cambiamento
La nuova direttiva europea riguardo i rifiuti di plastica segue quella che era stata formulata nel 2015 e si inserisce nel quadro strategico verso l’economia circolare che la Commissione e il Parlamento Europeo hanno approvato a fine maggio.
L’obiettivo è quello di promuovere e finanziare la ricerca e lo sviluppo di nuovi materiali che possano sostituire la plastica in maniera altrettanto efficace, senza comportare danni all’ambiente e all’uomo.
Infatti, è fondamentale ridurre la produzione di materiali plastici anche per evitare il problema della gestione dei rifiuti; sia perché è un procedimento lungo, complesso e costoso, sia per via del blocco dell’import dei rifiuti della Cina.
Un volta attuata la strategia, i risultati previsti sono i seguenti:
- un taglio alle emissioni pari a 3,4 milioni di tonnellate di CO2
- un taglio di 22 miliardi di euro di danni ambientali entro il 2030
- un risparmio economico per i consumatori pari a 6,5 miliardi di euro
I passi fondamentali in direzione di un cambiamento:
- migliorare il design degli imballaggi e di tutti quei prodotti che hanno un ciclo di vita breve
- fornire maggiori informazioni ai consumatori riguardo i costi economici e ambientali dei prodotti che acquistano
- incoraggiare il riciclo e il riutilizzo
Il cambiamento sarà concreto solo quando direttiva verrà attuata in maniera rigida e riuscirà a infondere nei singoli individui il desiderio di salvaguardare il pianeta dal quale dipendono.