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Repubblica Democratica del Congo, il paradiso dei grandi laghi, l’inferno dei genocidi

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RDC Congo Genocidi
Kinshasa RDC (foto IreneFlickr)

L’intervista a K. e F., delegati di una ONG della Regione dei Grandi Laghi presente in Burundi, Rwanda e Repubblica Democratica del Congo (RDC) getta luce sulla difficile congiuntura socio-politica ed economica che caratterizza la situazione della regione.

Da sapere sulla Regione dei Grandi Laghi

In seguito al genocidio in Ruanda del 1994 e alla caduta della trentennale dittatura di Mobutu nel 1997, la Regione dei Grandi Laghi ha ereditato il poco invidiabile titolo di “teatro della Prima Guerra Mondiale Africana”. Il vasto territorio dell’ ex- Zaire, ribattezzato da allora Repubblica Democratica del Congo (RDC), ricco di risorse minerarie, ha risvegliato la cupidigia di attori regionali ed internazionali (la Documentation Française).

Attualmente la violenza ed i conflitti interni devastano la Regione dei Grandi Laghi con conseguenze umanitarie disastrose. La regione continua ad essere profondamente marcata dall’instabilità che persiste nella RDC orientale, nonché dalla guerra civile ripresa in Burundi e dai postumi del genocidio ruandese, eventi che non si possono certamente definire trascurabili. Solo alcuni, però, a dire il vero non molti, tra esperti e giornalisti, o semplicemente coraggiosi cittadini della Regione, osano chiamare le cose con il loro nome: genocidi. Questa è la vera e dura realtà di oggi in Burundi e nella RDC orientale, nel territorio di Beni, vicino al Parco Naturale di Virunga.
Attualmente nella sola Repubblica Democratica del Congo ci sono 1,3 milioni di rifugiati fuggiti da paesi confinanti con la speranza di dimenticare la violenza, le carestia e le malattie. Altri 4 milioni di persone, di cui 1,4 milioni di bambini, sono stati forzati ad abbandonare le loro case: sono i cosiddetti internally displaced, sfollati all’interno del proprio paese. (UNHCR)
Non va poi taciuta la situazione delle donne. Nella RDC decine di migliaia di donne e ragazze, per non dire bambine, vengono stuprate e/o subiscono violenze sessuali, e non una, ma più volte nel corso della loro vita. In questi paesi le violenze contro le donne ed il femminicidio sono vere e proprie armi da guerra. (ONU)
Secondo un Report di Human Rights Watch sulla RDC, diversi sono attualmente i gruppi armati, alcuni dei quali cooperano o sono aiutati dalle forze armate nazionali, che continuano a commettere i più gravi crimini e le peggiori atrocità contro la popolazione civile. Per fare un esempio, le Forze armate della RDC (FARDC) sono state ritenute responsabili di esecuzioni sommarie, di stupri, nonché di arresti arbitrari. Questi combattenti, numerosi dei quali coinvolti nel genocidio ruandese, sono oggetto di mandati di arresto del Tribunale Internazionale in quanto ritenuti responsabili di crimini di guerra generalizzati, perpetrati nel Est della RDC, nello specifico massacri etnici, stupri generalizzati e arruolamento forzato di bambini.

Medici senza frontiere ne parla così:

“Ogni giorno siamo testimoni diretti della sofferenza dei nostri pazienti, risultato del conflitto, dell’assenza di un adeguato sistema pubblico sanitario e della mancanza di un’adeguata assistenza umanitaria. Giorno dopo giorno l’emergenza continua.” (Médecins Sans Frontières)

L’intervista a K. e F.

K. e F. provengono dal più grande e “ricco” paese della regione dei grandi laghi: la Repubblica Democratica del Congo. Questa intervista è l’occasione per fare luce sullo stato della zona dal punto di vista della difesa della natura, della sostenibilità ambientale e della qualità della vita in un paese già devastato dai conflitti.

Pensate che nella Repubblica Democratica del Congo la natura e l’ambiente vengano rispettati?
K. : Si e no. Si al livello individuale. Le persone ci tengono a curare il proprio giardino. No a livello generale, statale. Ormai da più di 5 anni, il lavoro dello Stato, in materia di rispetto e conservazione della natura, viene portato avanti dalle ONG.

E a livello di salvaguardia dell’ambiente, si attuano programmi di riciclaggio di rifiuti?
K. : No, non ricicliamo.

Dopo aver scambiato qualche parola in Swaili con K. è F. ad aggiungere:
” In realtà conosco una sola associazione di donne vedove, a Goma, che per autofinanziarsi ricicla sacchi al fine di ricavarne borse da vendere”

Esistono delle aree protette nella Repubblica Democratica del Congo?
K. : Si, esistono dei parchi naturali. Per esempio, nella mia città, a Goma, c’è il Parco Nazionale di Virunga, dove si predilige, però, la protezione della fauna piuttosto che della flora. Le foreste, per questo, sono fortemente minacciate. La deforestazione nel nostro paese è una realtà. La gente ha bisogno del carbone per cucinare. Mentre le ONG cercano disperatamente di sensibilizzare la popolazione, l’esercito, che si dovrebbe occupare della salvaguardia delle suddette aree protette, se ne frega. I soldati sono i primi a tagliare gli alberi nelle aree che dovrebbero difendere.

Ed a livello energetico? Avete l’elettricità?
K. ed F. : 2/3 ore a settimana.
L’elettricità viene considerata un lusso concesso a pochi.

K. : La nostra è elettricità idroelettrica che ricaviamo dai fiumi e dai laghi.

L’energia idroelettrica è una fonte di energia alternativa e rinnovabile. Sfruttate altre fonti di energia rinnovabile? Utilizzate pale eoliche e/o pannelli solari?
K. : I pannelli solari, ma dipende dalle possibilità finanziare dei singoli. Nella RDC la maggior parte dei pannelli solari esistenti – quelli che la gente si può permettere di comprare – provengono dalla Cina ed hanno una durata di appena qualche anno.

E per quanto riguarda l’acqua potabile?
K. : A Goma l’acqua potabile proviene dai laghi, ma la distribuzione nelle varie città non è equa. Tre famiglie su dieci hanno a casa un rubinetto, ma molto spesso la distribuzione d’acqua viene tagliata. Goma è una città di 700’000 abitanti ed il problema più grande, in quanto ad elettricità ed acqua, è proprio la distribuzione.
F. : L’acqua che siamo abituati ad usare è salata.

E per cosa la utilizzate?
F. : Per tutto: per la cucina, per lavare e – va da sé – che la beviamo.
K. : L’acqua viene trattata, ma mantiene comunque un gusto di sale, a cui ormai siamo abituati.

Tutta l’acqua è cosi? Com’è la situazione nei villaggi?
K. : Nei villaggi la situazione è migliore perché l’acqua proviene dalle sorgenti di montagna.

Mi avete parlato della stagione delle piogge e della stagione del sole.
K. : Si, 7 mesi di pioggia e 5 di sole.

Avete problemi di siccità?
K. sorride e risponde: No, da noi è il paradiso, il problema è che manca la pace.

E durante la stagione delle piogge, avete problemi causati da alluvioni?
K. : No, grazie alle montagne ed ai laghi che canalizzano l’acqua non se ne verificano.

Parlando di risorse minerarie, cosa mi potete dire del coltan?
K. : È un minerale molto richiesto a livello mondiale. Oltre che nella nostra regione – in cui è presente in abbondanza – lo si può trovare in un solo paese dell’ America Latina.

Esistono delle leggi che regolano lo sfruttamento del coltan?
F. : No. Non ci sono delle leggi che ne regolano lo sfruttamento: vige l’anarchia.

Se non erro, il coltan non si trova a grandi profondità.
K. e F. : Esatto, gli scavi sono all’aria aperta. Il coltan si trova a circa tre metri di profondità.
K. : È facile da reperire e da sfruttare, anche perché non richiede un lavoro di pulizia una volta estratto. Si trova ovunque nel Kivu, la nostra regione, al sud come al nord.

È opportuno ricordare a cosa serve il coltan.

K.: Viene utilizzato per fabbricare le batterie di cellulari, PC, tablet, etc.

Il vostro paese è anche ricco di oro e diamanti. Esiste una legislazione in materia di estrazione?
K. : Ci sono delle leggi che garantiscono l’equa suddivisione delle miniere tra le diverse imprese. Ma queste leggi non vengono applicate nei villaggi controllati dalle milizie, dall’esercito o dai cinesi.

Che c’entrano i cinesi?
K. ride e mi spiega: Le imprese cinesi ottengono dei permessi per lavorare nella RDC per la costruzione di strade, di infrastrutture. In realtà oltre alla costruzione di infrastrutture, si dedicano anche all’estrazione di minerali. Soprattutto di coltan. Alle imprese cinesi si aggiungono anche ricchi imprenditori di altri paesi stranieri, i quali comprano appezzamenti di terra nei villaggi al fine di sfruttarne le risorse minerarie.

Ci sono tanti conflitti legati alla terra?
K. : Si. I tribunali hanno a che fare quotidianamente con dispute riguardanti la terra.

Grazie!
K. : Ci fa piacere aver potuto condividere con te la nostra storia. È bene che si sappia qual è la realtà del nostro paese.

A conclusione di questa intervista, mi sembra opportuno richiamare due espressioni cui è ricorso G. Rufini, Direttore di Amnesty International Italia, il quale, alla fine di un corso da lui tenuto sulle Emergenze Umanitarie, ha sottolineato la gravità della situazione nella Regione dei Grandi Laghi definendo la Repubblica Democratica del Congo “il luogo più infernale del mondo, con 8 milioni di morti dal 1998 ad oggi”. Si tratta di un’ emergenza umanitaria che dura da più di un ventennio e che si potrebbe, forse, riassumere così:
“Ci sono momenti in cui gli uomini riescono a spegnere l’interruttore. E decidono che non vogliono più vivere. E muoiono”.
Questa riflessione a G. Rufini, è stata ispirata dalla triste fine di una coppia di rifugiati, la drammatica testimonianza del profondo dolore causato dalla morte dei loro figli, frutto dalla crudeltà umana, della guerra e dei genocidi, della ricchezza della loro terra oppressa da un’ economia perversa. Una morte contro natura, o forse da Essa concessa? Un’inumana fatica.

L’aggettivo “infernale” mi ha colpito particolarmente per il contrasto e l’assonanza con le parole di K. :”Da noi è il paradiso, il problema è che manca la pace”. La Natura è famosa per i suoi capolavori. Spesso mi sono ritrovata a definire luoghi dove Essa ancora regna, veri e propri paradisi terrestri, ma vogliamo veramente associare all’intervento umano l’aggettivo infernale? Perché qui, è proprio di questo che stiamo parlando.

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