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I Kitabe, tra tradizione e superstizione

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kitabe
Antichi kitabe

Il termine “Kitabe” deriva dall’arabo e si traduce “scrittura” o “libro”, ma per la cultura popolare di molti paesi kitabe sta per talismano o portafortuna. Tra i più potenti talismani conosciuti c’è sicuramente (per i credenti) la parola di Dio, o la sua immagine o la parola di un suo profeta. Di solito, tutte queste cose, sono raccolte in “libri” o più precisamente nel “libro”. “Il libro” è il più importante documento all’interno della comunità religiosa che fa riferimento a quella divinità o a quel profeta  e i più ortodossi tra i credenti spesso pretendono di uniformarvi anche le leggi nazionali.

Il mio Amuleto

Chi mi conosce sa che da oltre vent’anni porto al collo un kitabe copto di origine yemenita, probabilmente un pezzo antico dei primi anni del 1800. È una piccola custodia realizzata in pelle di serpente che dovrebbe contenere una preghiera benaugurate in grado di proteggere chi lo indossa.   Lo porto sempre con me, da quando un amico me lo ha regalato e me lo ha fatto conoscere; sarebbe meglio dire me li ha fatti conoscere, infatti ci sono diversi tipi di kitabe, usati negli anni passati  dagli abitanti di diverse nazioni.

I kitabe copti

Francobolli etiopici con kitabe

Anticamente, come è documentato sia nel Talmud, che nel Vecchio Testamento, ma anche nel Vangelo e nel Corano, alcune popolazioni di religione israelitica si erano insediate nella parte meridionale della penisola araba, quella che oggi è identificata nello Yemen, e nel Corno d’Africa e quindi nella Somalia. Era il regno della regina di Saba, che alcune leggende descrivono così tanto saggia da sfidare il re Salomone. Altre leggende sostengono che lei fosse addirittura la moglie di Re Salomone, da cui avrebbe avuto un figlio che, con il nome di Menelik I, diventò il primo imperatore dell’Etiopia.  Di lei si dice che fu la custode dell’Arca dell’Alleanza, l’oggetto più sacro e sicuramente uno dei più antichi della religione israelitica: la cassa che conteneva le tavole delle leggi che il Dio degli israeliti e dei cristiani dettò a Mosè, quindi il più potente talismano israelitico. Nel IV secolo d.C. i copti convertirono la  maggior parte della regione  e sono rimasti nella zona fino ai nostri giorni, nonostante le successive invasioni islamiche e l’accerchiamento ebraico. I copti usavano (ed usano ancora) nelle iscrizioni rituali il ge’ez (o gheez o geez), che era la lingua semitica parlata in quei territori fino al XV secolo, oggi è una lingua morta, un linguaggio che scritto sembra quasi sanscrito, ma che è l’equivalente del latino dei cattolici. Queste comunità cristiane, prevalentemente di rito copto, rimasero come delle enclavi circondate da popolazioni e religioni concorrenti in fase di espansione: da una parte la religione Ebraica, dall’altra l’Islam, proprio per questo finirono per assorbirne parte degli usi e della cultura. Per i fedeli della religione copta, specialmente tra il 1600 e il 1850, era uso comune far realizzare dal prete della comunità un talismano per ogni nuovo nato. Nel talismano (il kitabe) era inserito un lungo foglio di pergamena su cui il religioso scriveva in ge’ez (quello che ho definito il “Latino” dei Copti) un brano benaugurate tratto dalle Sacre Scritture. Il tutto era illustrato in più colori (a seconda della ricchezza del committente): nero, rosso e verde. All’inizio del testo di solito veniva scritto il nome della persona da proteggere e poi c’erano dei piccoli disegni, spesso riproducenti la croce greca, ma anche delle piccole pitture, delle illustrazioni molto simili alle più antiche icone copte. La lunghezza di queste pergamene era variabile tra 50 e 90 cm. Raramente è possibile trovare all’interno della pergamena delle serie di icone dipinte, un vero racconto per immagini, questo succede specialmente per i kitabe provenienti dalle comunità in cui anche il religioso non sapeva leggere e neppure scrivere.

Filatteri o Tefillin: l’equivalente ebraico del kitabe 

Antico kitabe e sterco

I Filatteri o Tefillin, sono delle doppie scatolette che vengono usate nella preghiera del mattino, legate alla fronte e al braccio non dominante. Realizzate in pelle di animali kosher, e quindi puri, sicuramente è esclusa la pelle di serpente e di maiale. I filatteri vengono legati con delle sottili strisce di pelle che servono per fissare le scatolette alla fronte e al braccio destro o sinistro (a seconda se il fedele è mancino o destro).

La preparazione di queste scatolette, che contengono pergamene con quattro brani del Talmud diversi a seconda se dovranno essere fissati al braccio o alla fronte, è un  fatto rituale e dura un anno. Nel realizzarle manualmente gli ebrei ortodossi compiono uno dei 613 precetti riportati nella Torah. Considerate quanto poteva essere affascinante questa usanza per chi, come gli abitanti del Corno d’Africa, era già culturalmente portato a cercare talismani potenti contro le “ingiurie” dei luoghi impervi in cui viveva.

Kitabe islamici 

In Bangladesh ho acquistato da un orefice e anche da un rigattiere decine di scatolette e cilindretti (in argento, in rame e in bronzo) destinati a contenere dei talismani contro il malocchio, particolarmente dedicati ai ragazzi. Sono oggetti molto particolari, come ben segnala la professoressa Ida Zilio-Grandi (Università di Venezia, Ca’ Foscari):

“ … L’amuleto o talismano in questione, che porta una scrittura araba e ha provenienza islamica, è un oggetto impiegato in generale per propiziare la fortuna e in particolare, in un contesto monoteista come quello  islamico, per ottenere l’aiuto dell’unica divinità.

Il Libro santo dell’Islam attesta sia l’esistenza della magia, sia la sua possibile efficacia, sia, sotto certe condizioni, la sua liceità. Il Corano chiama la magia sihr, un termine la cui radice rimanda ai verbi “incantare”, “ammaliare”, “stregare”, e sulla sua esistenza offre molti esempi. …”

kitabe ebraici
Filatteri ebraici

Alcune curiosità 

Grazie all’amico che me li ha fatti conoscere ho potuto esaminare più di un centinaio di kitabe prodotti tra la fine del 1700 e la fine del 1800. Negli anni le custodie dei kitabe hanno cambiato forma (a seconda delle mode e dei luoghi di produzione): da cilindri a parallelepipedi o addirittura a forma di medaglioni; anche il materiale in cui erano realizzati variava a seconda della ricchezza della famiglia committente, dall’antico oro si passò all’argento e poi alla pelle, spesso di bovino o di pecora, raramente di serpente, con incisioni e sbalzi, quasi sempre a forma di croce greca. Grazie alla contaminazione con le antiche religioni locali a volte venivano realizzati anche kitabe porta sfortuna (che dovevano maledire il portatore), questi a differenza dei kitabe classici venivano riempiti con letame secco e cose simili. Questo comportamento, sviluppato particolarmente verso la fine del 1800, è caratteristico di popolazioni particolarmente litigiose sorrette da “preti” facilmente corruttibili. Ho acquistato da un religioso yemenita che vende antichi kitabe su ebay un vecchio kitabe maledetto. Spero tanto che le attuali contrapposizioni non li facciano diventare di moda anche da noi!

Kitabe islamici
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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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