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Circo di Massenzio, spettacolo che non è iniziato

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Resti del circo di Massenzio
Foto di Sonia Morganti

Quando si parla di passioni, gli antichi romani non erano secondi a nessun altro popolo e il loro vero amore non era tanto la lotta tra gladiatori – che probabilmente titilla in particolare modo la nostra mania per le rese dei conti – ma i giochi da circo, in particolare la corsa delle bighe. E per celebrare la questa passione, i romani avevano un’organizzazione che nulla avrebbe da invidiare all’odierna Formula 1. Stessi meccanismi, diversi mezzi per esplicarli.

Una struttura parte della villa

circo di Massenzio
Foto di Sonia Morganti

Nella villa che l’imperatore Massenzio si fece costruire sull’Appia, subito fuori Roma, c’era persino un circo che pare fosse riservato alla famiglia imperiale e alla sua cerchia. Tuttavia abbiamo davanti una struttura di poco inferiore, per dimensioni e capienza, al Circo Massimo. Almeno 10.000 anime potevano accomodarsi nel circo su robuste gradinate, sostenute da volte in materiale cementizio inframmezzato da elementi di terracotta per rendere la struttura più leggera. Eppure, probabilmente, Massenzio non poté mai deliziarsi a seguire una gara dal pulvinar, tribuna dedicata alla famiglia imperiale e collegata direttamente agli alloggi dell’imperatore tramite un corridoio porticato. Sconfitto da Costantino nella battaglia di Ponte Milvio, Massenzio muore lasciando incompleto il suo circo e il suo progetto di restituire a Roma quella posizione dominante che stava perdendo in maniera rapida e irreversibile.

L’organizzazione perfetta del circo di Massenzio

A riprova del mancato utilizzo di questo gioiello, si nota che non vi è nemmeno traccia di sabbia, e sappiamo quanto questa fosse importante per un circo in funzione: doveva essere di una grana tale da prevenire le nuvole di polvere e da impedire la formazione fango. Perfetti organizzatori, i romani erano attenti anche a questo. Il circo di Massenzio, come tutte le antiche strutture simili ma anche come le nostre piste di atletica, prevedeva una partenza in diagonale, per annullare lo svantaggio dei carri posti in posizione più esterna. Per lo stesso motivo, la lunghezza del circo era attraversata in maniera leggermente obliqua dalla spina, il divisorio alla cui estremità sorgevano le metae, elementi semicircolari posti nel punto in cui i carri dovevano svoltare. Lungo la spina vi erano edicole con le statue in pietra rappresentanti sette uova e sette delfini che indicavano, in base alla loro posizione alzata o abbassata, il numero dei giri compiuti e da compiere.

L’inizio dello spettacolo

Al centro del circo vi erano dieci vasche, per abbeverare e rinfrescare i cavalli, ma anche per inumidire la sabbia evitando che la polvere sollevata dal passaggio della corsa potesse creare disagio ai concorrenti e compromettere la visuale degli spettatori, seduti sugli spalti del circo nell’area loro concessa in base alla posizione sociale. In uno dei lati corti del circo vi erano i carceres, dei veri e propri box dove sostavano i carri in attesa di gareggiare. Al momento opportuno, i concorrenti entravano in scena passando sotto un grande arco, oggi in buona parte crollato. Ci resta invece uno degli accessi del pubblico, che per queste occasioni era sempre numeroso e scatenato. Quando il magistrato lasciava cadere la mappula, dando il via alla corsa, qualunque fosse la squadra che si sosteneva – erano quattro, distinte dai colori: la bianca, la rossa, la verde e l’azzurra- iniziava un tifo assolutamente moderno nei modi e anche negli eccessi.

Le decorazioni

Al centro della pista sorgeva un obelisco realizzato in precedenza da Domiziano su modello egizio. Massenzio lo prelevò dalla villa dove si trovava e lo collocò nel suo circo. Oggi il cosiddetto Obelisco Agonale si trova sulla fontana dei Fiumi di Piazza Navona, per volere di Gian Lorenzo Bernini. Chiaramente nel circo non mancavano marmi e statue, in un apparato decorativo che celebrava l’armonia del cosmo e la potenza della Magna Mater. Un’estetica coerente con il sostegno di Massenzio alla religione dei Padri, oltre che alla centralità di Roma.

Il destino del circo di Massenzio

Il sipario su questo spettacolo calò bruscamente con la vittoria di Costantino, per rialzarsi in epoca relativamente recente: solo nel 1825, con il rinvenimento di frammenti di marmo, si è potuto attribuire il circo a Massenzio. Fu infatti ritrovata un’incisione che dedica il circo a Valerio Romolo, sfortunato figlio dell’imperatore affogato nel Tevere, per il quale sorgeva nelle vicinanze anche un mausoleo mai utilizzato dalla famiglia. Fino a quel giorno si pensava che i ruderi fossero attribuibili a Caracalla. Un lungo periodo di oscurità ha dunque privato il mondo di quello che possiamo definire il circo meglio conservato dell’epoca romana. D’altronde, per secoli, nobili famiglie si sono divise quelle terre e i resti che vi trovavano, fino all’esproprio avvenuto nel 1943. Oggi il circo di Massenzio e la sua villa sono facilmente raggiungibili e affascinano di nuovo il visitatore, con volumi che suggeriscono la grandezza malinconica del sogno di un imperatore che voleva salvare qualcosa di già passato. Lo spettacolo può finalmente continuare.

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