Home Natura Essere in un brodo di giuggiole, l’origine del termine e la ricetta

    Essere in un brodo di giuggiole, l’origine del termine e la ricetta

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    giuggiole

    “Sono in un brodo di giuggiole”, l’origine di questo modo di dire, e quindi dei significati correlati è veramente antica. Nel 1600 gli Accademici della Crusca riportavano come espressione usata comunemente “andare in broda di succiole”. Le Succiole erano le castagne che, cotte nell’acqua con tutta la buccia, venivano mangiate succhiandole: da questo SUCCHIARE deriverebbe il nome di “succiole”. Questo modo di dire ha però un’origine più antica, e si rifà a significati legati all’ipocrisia, alle magagne nascoste per mostrarsi migliori di quanto realmente si sia, in cui la castagna diventa la metafora. Già i Latini dicevano (con riferimento alle castagne) : “Intus Hecuba, foris Helena“, nel Medioevo, riferendosi alle nuore, le madri avvertivano i loro figli dicendo: “come la castagna, di fuora è bella, e dentro ha la magagna”. Nei primi dell’Ottocento con l’aumento dell’uso delle Giuggiole nella farmacopea, ma anche nell’uso alimentare, il significato diventa quello che ancora conosciamo, ossia il sinonimo di “Andare in solluchero”, “Sdilinquire dal piacere”. A fine Ottocento nel Lessico dell’infirma italianità di C. Arlia e P. Fanfani si legge:

    Dicono Andare in broda di giuggiole per Godere di molto di chicchessia, Averne somma compiacenza, Sdilinquire dal piacere, ma dicono male; rettamente s’ha a dire Andare o Andarsene in broda di succiole, che è l’antico modo Andare in brodetto o in guazzetto, perché le giuggiole non si lessano, come le castagne o marroni sbucciati, che si dicono succiole, o più comunemente ballotte; e se le si cuociono, se ne fa con altri ingredienti una scottatura per la tosse, non si fa una broda

    L’albero del giuggiolo

    brodo di giuggiole albero del giuggiolo
    Foto di Luca Sardella

    L’albero del giuggiolo è originario  dalla Siria, il Ziziphus jujuba, il cui nome è sicuramente derivato da come i romani chiamavano la pianta: Ziziphum, a sua volta i romani avevano preso il nome da come i contadini siriani chiamavano la pianta. Importata dai romani in Italia era già presente in Cina e in India da almeno 4000 anni. La pianta in Italia è molto usata come arbusto decorativo e si trova coltivata in terreni residuali dove è impossibile coltivare altro. Il frutto del Giuggiolo è verde e simile ad un’oliva, ha il sapore di una mela e ha un unico nocciolo al suo interno. Solo se lasciato avvizzire diventa marroncino, la superficie si  raggrinzisce e il sapore diventa dolce, quasi stucchevole. In molte regioni il frutto del giuggiolo è l’ultimo frutto ad essere raccolto.  All’inizio del 1900 in Italia la pianta viene chiamata “Dattero cinese”, è probabile che il nome sia stato attribuito a seguito del massiccio flusso migratorio di cittadini cinesi (quelli che nell’iconografia classica non pronunciavano la “erre” e  vendevano “clavatte”). Credo che furono questi cinesi a individuare il frutto del Giuggiolo come il loro “Dattero”.

    La ricetta classica del Brodo di Giuggiole

    Riporto la ricetta classica del Brodo di Giuggiole, ricordando che è una specie di infuso che comprende (a seconda dei luoghi di produzione) diversi tipi di frutta che vengono aggiunti all’uva.

    • Prendere una padella abbastanza ampia da contenere tutti gli ingredienti che verranno aggiunti.
    • Lavare accuratamente le giuggiole mature, tagliarle ed eliminare il seme centrale che si trova in ogni singolo frutto. Lasciare la buccia alle giuggiole che si vogliono utilizzare per fare il brodo, o il liquore di giuggiole.
    • Mettere le giuggiole, pulite e snocciolate, nella padella. Allargarle in modo da occupare tutto il fondo.
    • Lavare accuratamente l’uva ed aggiungerla alle giuggiole nella padella.
    • Versare lo zucchero, poco per volta, mescolando continuamente in modo che tutta la frutta sia avvolta. Mescolare bene il tutto.
    • Accendere il fornello e metterlo a fuoco basso. Lasciare cuocere le giuggiole per almeno un’ora, mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno.
    • Aggiungere due bicchieri di vino bianco dolce, mescolare e lasciare assorbile.
    • Alzare la fiamma e far evaporare il vino.
    • Aggiungere la buccia di limone, passare e mettere in un bottiglia.

    Servire freddo.

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    Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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