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Il Bestiario degli italiani, alla ricerca dell’Italia profonda

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La testata de Il Bestiario degli Italiani, rivista periodica sula storia, la cultura e il costume del nostro Paese.

La storia della cultura italiana della prima parte del XX secolo ha visto la fondazione di numerose riviste letterarie animate da giovani intellettuali. Solo per fare alcuni nomi, ricordiamo La Voce di Giovanni Papini e Ardengo Soffici,  Il Selvaggio di Mino Maccari e L’Italiano di Leo Longanesi. Nel corso degli ultimi mesi, si sta assistendo a un tentativo di recupero di questa preziosa tradizione della cultura italiana da parte di alcuni ragazzi e ragazze riuniti attorno alla rivista Il Bestiario. Dopo aver recentemente ospitato sulle nostre pagine l’anticipazione del giornalista Sebastiano Caputo, Greenious è andato ad approfondire il discorso intervistando i direttori de Il Bestiario, Lorenzo Vitelli e Carlotta Correra.

Lorenzo, appena due numeri e Il Bestiario degli italiani si sta già ponendo all’attenzione grazie a un efficace lavoro sul web e a un attento lavoro sul territorio con presentazioni e iniziative. Quali obiettivi vi state prefiggendo?

LV: Partiamo dal fatto che Il Bestiario prende ispirazione da importanti riviste della prima metà del ‘900 come L’Italiano, Il Selvaggio, Lacerba e Il Borghese.

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Lorenzo Vitelli

Uno dei nostri obiettivi principali è quello di ripercorrere la stessa strada dei vari Longanesi, Maccari, Papini e Prezzolini i quali, nell’Italia liberale e fascista, si erano ritagliati uno spazio di autonomia in un contesto culturale che, al contrario di quanto si tende a credere, era attivo e pieno di fibrillazioni. Cerchiamo di liberare uno spazio nella cultura contemporanea con una rivista che possa fornire un punto di vista alternativo e trasversale allo stesso tempo. Questo vale anche per il nostro modo di vedere la politica. Non siamo interessati a essere di supporto a un partito o ad attivarci per scadenze elettorali perché il nostro interesse è quello di vedere la politica attraverso la cultura, inserendo il tutto in una visione profondamente italiana.

CC: Il regista neorealista Roberto Rossellini cominciò a fare cinema dall’esigenza di riconoscersi e individuarsi in qualcosa, dopo aver compreso l’assurda tragedia alla quale lui e i suoi contemporanei erano sopravvissuti. Anche il nostro ben più modesto Bestiario nasce dal tentativo di comprendere la tragedia contemporanea. Abbiamo tutti sentito il bisogno di trovare un sentimento nostrano, di interpretare gli umori dell’Italia profonda e di identificarci in un sentimento puro, sincero, italiano. Cerchiamo di fare ciò osservando con maggiore attenzione la nostra realtà, catturando le tante sfumature e contraddizioni italiane e trasformandole in articoli, poesie, racconti, filastrocche, illustrazioni.

https://www.youtube.com/watch?v=TIMtKfgiNMA

Molte sono le tematiche affrontate da Il Bestiario: dalla cultura politica al cinema, dalla letteratura allo spettacolo. Vi ponete, pertanto, come una rivista generalista di costume?

LV: Lo siamo nella misura in cui cerchiamo di spaziare attraverso molti argomenti vari e differenti tra di loro. Tuttavia mi preme sottolineare che non siamo una rivista di approfondimento o, comunque, riconducibile a un’impostazione accademica. La definirei come una pubblicazione di intrattenimento dove, al suo interno, si può trovare folklore, attualità e anche gossip. Nostro tratto distintivo è, senza dubbio, l’ironia con cui affrontiamo le problematiche unita a una forte dose di sarcasmo inteso come elemento di provocazione intelligente.

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Carlotta Correra

CC: L’ironia e, allo stesso tempo, la serietà sono le caratteristiche essenziali de Il Bestiario. Questo perché, come ci insegna il cinema italiano di Risi, Monicelli e Germi, l’Italia è un profondo dramma e, al medesimo tempo, una ridente commedia. Godard riteneva che proprio le commedie italiane sono le uniche in cui il protagonista può anche morire.

Quali sono i principali riferimenti culturali de Il Bestiario? Vi sono anche i vari Prezzolini, Longanesi e Maccari?

LV: Sono certamente tra le nostre stelle polari ma aggiungerei anche Malaparte, Papini e Flaiano. Non c’è dubbio che vogliamo recuperare la loro lezione sul “genio italiano” ossia quella capacità di sapersi muovere tra l’immobilismo e il tentativo di andare comunque avanti cercando di vivere a modo proprio. Nel corso della storia italiana sono emerse queste straordinarie figure che hanno sconvolto i canoni correnti e che hanno saputo caratterizzare un’epoca. Non dimentichiamo che, nel periodo fascista, personaggi come Maccari e Longanesi davano un certo fastidio al regime di Mussolini per la loro capacità di porsi al centro dell’attenzione. Specie in Longanesi, poi, non c’è dubbio che va recuperato quella sua capacità di fare artigianato culturale, quell’abilità di mettersi sempre in gioco facendo numerose attività come l’impaginatore, l’editore e l’illustratore. In poche parole, un geniale creatore di idee.

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“L’antipubblicità” del numero II de “Il Bestiario degli Italiani”

CC: La lezione di Longanesi, ad esempio, cerchiamo di riprenderla smitizzando le pubblicità televisive. Con la nostra pagina dell’antipubblicità spogliamo le varie réclame dai loro falsi modelli di bellezza, perfezione, omologazione, immaginandoci come verrebbero realizzate se fosse rappresentata la vita reale degli italiani. Così, se nel primo numero prendevamo di mira la pubblicità dei profumi disegnando a Capri, sullo sfondo dei faraglioni, una classica coppia italiana di mezza età, senza fisici scultorei e senza alcuna passione inarrestabile nel solo intento di mangiarsi un panino al prosciutto sul gommone, nell’ultima uscita immaginiamo la famiglia della Burino Bianco dove facciamo chiaramente il verso alla pubblicità della Mulino Bianco.

Passiamo un momento alla veste grafica de Il Bestiario. Ci sono delle riviste del passate dalle quali traete ispirazione?

LV: Il Selvaggio di Mino Maccari, in primo luogo. Sulla traccia di questo grande esempio editoriale del passato, abbiamo cercato di caratterizzare il nostro Bestiario puntando sulle illustrazioni, sulle vignette e su una scelta grafica in bianco e in nero. Questo perché non concordiamo con l’eccessivo utilizzo del colore nelle riviste attuali, convinti come siamo che serva solo a distrarre il lettore senza coinvolgerlo effettivamente nei contenuti. Da questo punto di vista, la nostra è chiaramente una scelta antipubblicitaria e antimarketing.

CC: Cerchiamo di continuare la tradizione novecentesca delle riviste anche tramite l’uso esclusivo della carta, in controtendenza con la smania compulsiva di digitalizzare qualunque cosa. Ciò non significa essere ostili allo sviluppo o al futuro, ma significa semplicemente sentire l’esigenza di una rivista che possa essere sfogliata, una rivista tangibile, reale e concreta. Questa scelta, per noi svantaggiosa e forse fallimentare in un momento del genere, non deve essere intesa come uno stupido capriccio nostalgico. L’intenzione è, in realtà, quella di conservare un’eredità culturale e di attualizzarla. Infatti la carta, a mio parere, ha una tradizione e una preziosità tale da essere sempre al passo con i tempi.

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La copertina del numero I de “Il Bestiario degli Italiani”

Sfogliando le pagine della rivista, colpisce molto l’attenzione de Il Bestiario al movimento strapaesano, all’Italia profonda. Nell’attuale momento storico e in una fase di profondo smarrimento culturale, ritenete che questi riferimenti a una precisa tradizione culturale possano essere recuperati? E il Bestiario come intende recuperare questa italianità?

LV: In un periodo storico dove i modelli esteri d’importazione, spesso e volentieri più scimmiottati che interiorizzati, vanno per la maggiore, con Il Bestiario cerchiamo di recuperare l’essenza profonda dell’italianità partendo dalla dignità delle realtà locali e della tradizione nostrana. Nella continua ricerca a riferimenti cosmopoliti che hanno poco a che fare con la nostra tradizione culturale, mi viene in mente Pier Paolo Pasolini quando parlava di “progresso senza sviluppo” dove si inseguiva la modernità senza capire che, con quel progresso, si perdevano elementi della civiltà italiana. Siamo ancora nelle fasi iniziali del nostro progetto e stiamo cercando di costruirci uno zoccolo duro di lettori ma non escludo che, non appena riusciremo a dare più autorevolezza alla rivista, potremo tentare di espandere la nostra influenza su realtà istituzionali, scuole o imprese.

CC: Trovare una redazione di giovani articolisti, scrittori e illustratori, disposti a lavorare gratuitamente pur di collaborare a un progetto culturale è stato facilissimo. Ciò perché, a dispetto di quanto viene detto, la letteratura, la cultura, la poesia e l’esigenza di comprendere la nostra natura comune di italiani fanno parte della nostra generazione. I problemi sorgono dai costi da sostenere, dalla mancanza di investimenti o altre soluzioni di finanziamento, dall’inesistenza di canali di distribuzione per progetti editoriali piccoli e indipendenti o di strutture gratuite per organizzare conferenze, dibattiti e quant’altro. Perché, ad esempio, non istituire un bando attraverso il quale si possano selezionare delle riviste di settore, quotidiani emergenti o redazioni giovanili da inserire nelle emeroteche e biblioteche oppure, meglio ancora, negli immensi bookshop o negozi di souvenir di mostre e musei?

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