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L’Arco di Costantino, monumento che vale un museo

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arco di costantino

L’arco voluto dall’imperatore Costantino non sorge sullo stesso asse degli altri ed è quasi interamente costruito con materiale tratto da monumenti più antichi. Tuttavia questi elementi di rottura, dettati da scelta ideologica e necessità pratica, lo rendono un vero e proprio “museo di scultura a cielo aperto”, come definito da Filippo Coaerelli nella sua Guida Archeologica.

L’epoca di Costantino

Il cambiamento è in corso, si sta affacciando all’orizzonte ma non è ancora avvenuto. Anzi, sembra più distante di quanto davvero sia. Costantino non ha ancora aderito al cristianesimo, nonostante la leggenda della battaglia di ponte Milvio, in base alla quale la vittoria su Massenzio fu dovuta all’apposizione della croce sugli scudi dell’esercito. Se sul monumento sono riportate scene di sacrificio alle divinità dei Padri, però l’arco non è rivolto nella stessa direzione degli altri, non guarda verso il tempio di Giove Capitolino. E tra i vari componenti che Costantino prese e reimpiegò da monumenti dei suoi predecessori, mancano proprio quelli che raccontano il trionfo e il sacrificio alla fine di esso.

Aspetto del monumento e motivi

L’arco di Costantino è comunque un monumento imponente, alto 21 m di altezza, largo quasi 26 metri e profondo 7,4 metri. La parte inferiore è di marmo mentre la parte superiore è più leggera, in muratura e cementizio. Con le sue tre porte e la sua austerità ricorda un po’ l’arco di Settimio Severo, a cui si ispira anche per alcuni elementi decorativi. L’Arco di Costantino viene eretto per celebrare la vittoria dell’imperatore su Massenzio, il quale era però molto amato a Roma per le sue politiche incentrate sulla Capitale, quindi le scelte iconografiche che Costantino si trova ad operare sono volte anche alla propria legittimazione. Nel momento di scegliere le opere da utilizzare, vengono preferite quelle di Traiano, Adriano e Marco Aurelio, considerati gli imperatori ideali, così che Costantino possa apparire come il quarto di questa felice serie di imperatori. In alcuni casi, le loro teste furono adattate per ritrarlo.

Una nuova società

Oltre alla ricerca di un inquadramento simbolico, la scelta di riciclare materiale da altri monumenti, che diventerà la regola nei decenni a seguire, è dovuta alla situazione politica ed economica di Roma. La Capitale ha perso la sua centralità, il materiale scarseggia e un’altra profonda carenza riguarda maestranze in grado di operare ad alto livello. Roma non attrae più finissimi artisti. Ci sono anche delle parti originali, scolpite appositamente per l’Arco di Costantino, che mostrano un cambiamento nelle forme dell’arte antica: il senso della proporzione e dello spazio si diluiscono fino a perdersi. I personaggi più importanti sono rappresentati con dimensioni maggiori e la maestà imperiale viene accentuata dalla presenza di un nimbus, una presenza sopra il capo, che poi evolverà in aureola. Gli elementi paesaggistici di sfondo non sono rappresentati secondo la propria reale collocazione, ma scegliendone una simbolica, funzionale a un messaggio che si vuole passare con un linguaggio più semplice e immediato, adatto a tempi in cui la finezza classica inizia a entrare nel ricordo. Le scene sono affollate, ricche di chiaroscuro e dramma, la narrazione perde fluidità e si fa per quadri.

L’Arco di Costantino oggi

Oggi l’arco di Costantino appare davanti ai nostri occhi appena usciamo dalla fermata della metropolitana “Colosseo”, proprio alla destra dell’Anfiteatro Flavio. È diventato uno dei simboli dell’accesso all’area più antica di Roma e nel 1960, durante la XVII Olimpiade, funse da traguardo per la maratona. Quel giorno fu l’etiope Abebe Bikila a entrare nella leggenda, raggiungendo l’arco come trionfatore senza tempo. Vinse la gara che da millenni ricorda l’eroico Fidippide, morto dopo aver corso per 40 km al fine di avvisare gli ateniesi della vittoria. Abebe Bikila trionfò a piedi scalzi davanti agli occhi dell’intero pianeta e all’Arco di Costantino.

 

Foto di copertina tratta da Khanacademy
Foto interne all’articolo tratte da Wikipedia e Sancara

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