Home Natura Piante Aloe Bowiea: una piccola pianta con due nomi e una storia

Aloe Bowiea: una piccola pianta con due nomi e una storia

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piccola aloe bowiea in vaso

Parlando delle piccole Aloe, la Chamealoe africana A.Berger (o come vedremo Aloe bowiea), per mia esperienza personale, non ne faceva certo parte. Il motivo? Gli inglesi, che in Europa anche a causa del loro passato coloniale sono sicuramente i massimi esperti di piante Sud Africane, negli anni Ottanta avevano importato, riprodotto e messo in vendita un certo numero di piante che avevano indicato come appartenenti a un genere monotipico (composto da una sola specie): Chamealoe. Naturalmente ne ho acquistato un paio di esemplari e ho verificato che quelle Aloe avevano effettivamente le foglie che quasi strisciavano a terra, in questo seguendo quanto indicava il nome del genere Chamealoe, dal greco χαμαι (chamái): a terra, strisciante Aloe. Le piante acquistate e messe in coltivazione erano senza tronco (acaule) e con poche foglie che rimanevano certamente basse, ma erano lunghe e linguiformi, e superavano i venti centimetri di lunghezza (mezzo metro di diametro), alla faccia della “piccola Aloe”.

Aloe Bowiea, caratteristiche e storiaaloe bowiea

Qualche anno dopo l’Organizzazione Internazionale per lo studio delle piante Succulente (I.O.S.) effettivamente declassò il genere, dichiarando che la specie era già stata descritta come Aloe bowiea da A.Schultes & J.H.Schultes (1829). Avevo trovato, e acquistato da poco, alcuni volumi sulle Aloe editi dalla Succulent Society of South Africa (S.S.S.A.) e li usai subito per leggere qualche cosa su quest’Aloe che, per quel che sapevo, coltivavo da alcuni anni. Pensate alla mia sorpresa quando vidi in fotografia l’Aloe bowiea e mi accorsi che la pianta non rassomigliava a quelle che avevo comprato dai coltivatori inglesi. In effetti deve esserci stato un equivoco e gli inglesi mi avevano venduto delle piante provenienti dall’Africa (forse ibridi di Aloe) che probabilmente erano state descritte con foglie striscianti, ed ecco la ragione del nome degli esemplari che mi erano stati venduti. Ma torniamo alla “vera” A. bowiea.

La specie A. bowiea è stata dedicata al botanico inglese James Bowie che per anni girò il mondo alla ricerca di piante e materiale botanico per il Kew Garden e per altre istituzioni. Chi ha visto il film “La battaglia di Alamo (1960)” ricorderà il nome del pioniere ed eroe americano James (Jim) Bowie morto a Fort Alamo. È un caso di omonimia e curiosamente addirittura nello stesso periodo storico. Purtroppo (per lui) Bowie il botanico, dopo essersi dedicato negli ultimi anni della sua vita alla ricerca e raccolta di piante rare da vendere, morì di stenti nel 1869, 33 anni dopo la battaglia di Alamo.

  • Gli esemplari della specie sono veramente piccoli, non arrivano a 15 cm, hanno la tendenza ad accestire e quindi non è raro trovarli in vaso in gruppetti; la forma di ogni singolo esemplare è “a fiasco”, particolarmente grossa al colletto, sembra quasi un bulbo.
  • Nella divisione in gruppi delle Aloe proposta dalla S.S.A. la specie fa parte del gruppo di quelle definite Aloe nane (Dwarf Aloes) assieme all’ A.aristata, A. brevifolia, A. humilis, A. longistila e A. variegata.
  • Le foglie, da 10 a 20, sono sottili, verde chiaro, allargate alla base e hanno ai margini delle brevi e sottili spine.
  • I fiori hanno forma di tubo (la classica struttura dei fiori di Aloe, ma non decombenti), sono raccolti su una spiga floreale (semplice) che raggiunge i 25 / 30 cm di altezza, sono radi, piccoli e non particolarmente appariscenti. Il loro colore è arancio/marrone e verde chiaro.
  • La fioritura è frequente, e la pianta in coltivazione in Sud Africa riesce a fiorire diverse volte all’anno nei mesi estivi (ottobre, novembre e dicembre). In Italia la specie mantiene quest’abitudine, solo che da noi fiorisce in autunno e inverno.
  • L’origine è sudafricana, il “locus typicus” è nei dintorni di Port Elizabet e Kariega, nella Provincia del Capo. Purtroppo l’urbanizzazione ha distrutto gli areali della specie, tuttavia ancora oggi in qualche parco della Provincia del Capo è possibile trovare alcuni gruppi di bowiea in tipici raggruppamenti da 200/300 esemplari (in realtà, a causa delle loro dimensioni, i 200 e più esemplari entrano in un quadrato con solo 45 centimetri di lato).
  • Gli esemplari di questa specie non sopportano il freddo, per questo è importante tenerli al riparo durante i nostri mesi invernali; per la mia esperienza basta tenerli asciutti e ad una temperatura superiore allo zero in modo che non gelino. A parte questo problema la specie è facile da coltivare, ma difficile da trovare e di solito è la “rarità” che stimola gli interessi dei collezionisti coltivatori.

Ricordo ai miei lettori che a James Bowie sono dedicate diverse specie di piante tra cui un genere di Oxalis (O. bowiei) e un intero genere, anche se monotipico (ossia con una sola specie): Bowiea volubilis. Un nostro amico che ammiro molto, Ernst Van Jaarsveld, qualche anno fa ne ha descritto una sottospecie: Bowiea gariepensis. A Ernst è andato come regalo la mia copia della seconda edizione della filosofia botanica di C. Linneo (stampata a Vienna dai Trattnern nel 1783), come ringraziamento per una sua conferenza a Roma sulle piante del genere Gasteria (che lui ha revisionato), ma la meritava!

Tutte le foto sono tratte da: “Guide to the Aloes of South Africa” (Ben Erik vanWyk & Gideon Smith)

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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