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Origini e nomi dei principali tè neri provenienti da Cina, Kenya e Turchia

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tè neri, bicchieri turchi

Dobbiamo conoscere i nomi dei principali tè neri prodotti in Cina, Kenya e Turchia, proprio per sapere di cosa si sta parlando, ma anche perché sono nomi legati alla storia, e non solo del come bevanda. Ho già avuto occasione di raccontare, nell’articolo “il giardino del tè”, che in Cina la nascita della nominalizzazione coincide con la nascita del tè moderno. I cinesi chiamano i loro tè neri “hongcha” (tè rossi), mentre nel mercato internazionale sono chiamati “congou”, nome che sembra derivare dalla corruzione del termine “kung-fu” (colui che aiuta con abilità). Anche nei tè neri cinesi, come abbiamo già visto per i tè neri indiani, ci sono prodotti diversi, provenienti da luoghi diversi e soprattutto lavorati in modo diverso. Ricordo che uno dei più rinomati tè neri cinesi viene ottenuto con procedimenti che, ancora oggi, sono tenuti segreti, ma permettetemi anche  di ricordare che i tè neri cinesi sono nati per essere venduti ai “barbari dai grandi nasi”, insomma a noi occidentali.

Tè neri Keemun 

È probabilmente il principale tè nero cinese ed è uno dei quattro tè considerati “migliori del mondo”: ha un aroma intenso, con un profumo di rosa recisa. Il suo gusto profondo, assieme al suo eccezionale aroma, ne fanno un tè ottimo con latte e zucchero.  La regione del Keemun, in cinese “qimen”, si trova nella provincia di Anhui, storicamente nota per i suoi tè verdi. Una antica storia racconta che un Mandarino caduto in disgrazia, che aveva imparato il segreto della fermentazione a Fujiian (il territorio che confina con lo stretto di Formosa),  fece iniziare la produzione in alcuni villaggi, e da lì questa si estese a tutta la regione. Il tè Keemun è prodotto con le foglie di piante di una sottospecie di Camellia sinensis (probabilmente un endemismo), ha un gusto ricco, penetrante, lievemente astringente. Alcune varietà di questo tè sono prodotte con foglie leggermente affumicate, che rendono ancora più particolari ed esclusivi gli infusi che si ottengono.

Yunnan

Il territorio in cui viene prodotto il tè Yunnan è una provincia sub-himalayana non lontana dalla valle dell’Assam, confinante con il Tibet, il Laos, il Vietnam. In questa provincia la C. sinensis è coltivata da oltre 1500 anni, anche se inizialmente per scopi diversi da quelli attuali, ed è sempre dallo Yunnan  che provengono 260 delle oltre 320 sottospecie di C. sinensis che vengono coltivate in Cina. Questo tè ha un gusto ricco e forte, un sapore intenso e un gusto leggermente pepato per la presenza di molti germogli nella mistura. Ha un colore scuro che assieme alla sua forza lo fanno giustamente definire come il “caffè del tè”.

Szechuan 

Il tè nero prodotto nella provincia del Szechuan (e che ne prende il nome) ha un gusto particolarmente dolce e morbido e un profumo intenso che lo fanno consigliare come tè molto buono per il pomeriggio.

Lapsang Souchong

È un tè affumicato, realizzato con foglie di  Souchong tenute ad affumicarsi su dei bracieri in cui viene fatta consumare, senza fiamma, legna di abete rosso.

Il tè Pu-erh, un segreto di stato

Questo nome è in realtà riservato ad un’intera categoria di tè, quasi sconosciuti in occidente ma molto consumati in Cina, più per le proprietà medicinali che come bevanda abituale. Ricordavo che questo tè è poco conosciuto da noi anche perché,  ufficialmente, le modalità di produzione del Pu-erh sono un “segreto di Stato” cinese, tutelato dalla legge già dalla sua origine (che risale ai tempi della dinastia Ming). Chiunque venga riconosciuto responsabile della diffusione di un segreto di Stato, in Cina subisce la condanna a morte.

Questi sono tè fermentati che, dopo la fermentazione subiscono un ulteriore processo con batteri ed altro, ed è proprio grazie a queste lavorazioni segrete che aumentano le capacità terapeutiche del Pu-erh. Gli effetti antibatterici e anti colesterolo sono stati confermati alla fine del secolo scorso dai test effettuati presso l’ospedale di S. Antoine, a Parigi. Come ho già detto, in Occidente il pu-erh non è facile da trovare, se non da qualche speziale cinese, ma non è di gran qualità e viene commercializzato sotto forma di piccoli nidi di tè compresso, che i cinesi chiamano Toucha.

Il tè nel mondo

C’è una precisa ragione se nel precedente articolo ho parlato dei tè neri indiani e ora dei tè neri cinesi: sto parlando dei tè neri nel mondo secondo l’importanza della zona di produzione; questo vuol dire, come annunciato nel titolo, che ora parlerò dei tè neri del Kenya e poi dei tè neri in Turchia. Come curiosità vi segnalo i dati ufficiali della produzione di tè nel 2003 (riportati nell’edizione del 2005 dell’Atlante De Agostini). Al mondo, nel 2003, sono state prodotte circa 3.000.000 di tonnellate di tè di cui:

  • 885.000 tonnellate in India
  • 770.000 tonnellate in Cina
  • 370.000 tonnellate in Kenya
  • 205.000 tonnellate in Turchia

In sintesi quattro nazioni producono più  dei due terzi del tè del mondo.

Il tè africano

L’Africa, con le sue oltre 370.000 tonnellate di tè prodotto, ne è diventata, dopo India e Cina, il terzo produttore mondiale. In realtà è il Kenya, con le sue 290.000 tonnellate nel 2003, ad essere il terzo produttore mondiale. Non entrerò quindi nelle produzioni delle altre nazioni africane (che in alcuni casi sono qualitativamente interessanti).

Il tè del Kenya

Ta tutti i Paesi che hanno iniziato a produrre il tè, al di fuori di quelli orientali, il Kenya è quello che ha ottenuto i risultati maggiori, considerando che la produzione è incominciata nel 1909. Il tè del Kenya è prevalentemente usato per produrre “blend” (misture) o tè aromatizzati, con altre erbe o con la frutta, in cui il valore e l’aroma del tè puro passano in secondo piano. Rimane il fatto che il tè è il primo prodotto esportato dal Kenya. Rispetto a quanto detto, fanno eccezione i tè neri kenioti prodotti nei distretti degli altipiani posti alle pendici della Rift Valley, che sono commercializzati con i nomi di:

  • Marinyn
  • Limuru
  • Kipkoimet

Questi tè neri sono all’altezza dei migliori tè indiani.bicchiere tè turco

Il tè della Turchia

Çai è il nome del tè in Turchia, e dopo la seconda guerra mondiale il tè è diventato la bevanda nazionale. Ricordo che nel 2004 sono state superate le 205.000 tonnellate prodotte ma, grazie a  Mustafa Kemal Atatürk, che viene considerato il padre della Turchia moderna, il tè consumato in Turchia ha raggiunto le 120.000 tonnellate. Anche il modo di assumere il tè si è specializzato: i turchi bevono,in bicchierini di vetro a forma di tulipano, un tè molto scuro e dolce, prelevato da un particolare strumento composto da due teiere sovrapposte, quella superiore ha al suo interno le foglie in infusione in una specie di tè concentrato, la teiera che sta sotto è piena di acqua bollente che serve per ripristinare l’acqua nel concentrato e per tenerlo caldo, ma anche per diluire il tè concentrato nei bicchieri. Le aree sulla costa orientale del mar Nero nella provincia di Rize sono quelle dove viene prodotta la maggior parte del tè nero turco.

Sperando di avervi fornito altri elementi per conoscere il mondo del tè, con la stessa logica che ho usato per il tè nero, nei prossimi articoli vi parlerò del tè verde.

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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