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La colonna di Foca e l’amara ironia della storia

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L’antica Roma era tutta una trina di archi e colonne, monumenti destinati a celebrare e ricordare eternamente un evento o una persona. In particolare, l’innalzamento di una colonna onoraria era un’usanza di origine greca che però divenne profondamente romana. Ponendo la statua del dedicatario sul capitello, lo si elevava al di sopra degli uomini. Per ironia della storia, l’unica colonna onoraria che resta tutt’oggi in piedi è quella dedicata all’imperatore che meno la meritò: Phocas o, per latinizzarne il nome, Foca.

Foca
La colonna di Foca è l’unica rimasta integra tra le colonne onorarie

La storia della colonna di Foca

Il Foro Romano era attraversato da una vera e propria spina dorsale di colonne onorarie, di alcune resta il basamento o qualche mozzicone del fusto; l’unica rimasta in piedi a suggerire la magnificenza del mondo classico è la colonna di Foca, imperatore bizantino. Passeggiando sulla Via Sacra, sempre all’interno del Foro, la si incontra sul lato sinistro, poco prima della Curia Iulia. La colonna di Foca fu dedicata a questo controverso personaggio il 1º agosto 608 d.C., in un’epoca cupa e violenta. Slanciata, scanalata e di stile corinzio, la colonna di Foca era alta 13,6 metri e sosteneva in origine una statua di Diocleziano, perché a lui la colonna era dedicata, come testimoniava anche l’iscrizione scolpita sul piedistallo di marmo bianco.

La damnatio memoriae 

Ma l’iscrizione dedicatoria originale fu cancellata per far spazio alla nuova, così come la statua di Diocleziano venne cambiata con quella dell’imperatore Foca, che però restò ben poco al suo posto. Fu tolta, infatti, due anni dopo la morte del bizantino, alla quale seguì la damnatio memoriae, ossia l’eliminazione di ogni testimonianza scritta, scolpita o ritratta che potesse tramandare ai posteri la figura di Foca. Eppure fu nientemeno che l’allora esarca di Ravenna Smaragdo a dedicargli la colonna, per ringraziarlo di aver regalato il Pantheon a Papa Bonifacio IV. Quindi non era così pio e mite, questo Foca? Tutt’altro: era crudele e incapace e, quel che è peggio, è che questo giudizio viene confermato quasi all’unanimità dagli storici moderni, che di solito hanno una visione più obiettiva ed equilibrata rispetto ai coevi

La vera natura dell’imperatore bizantino Foca

Foca era un legionario bizantino originario della Tracia. Non era una bellezza e nemmeno un grande stratega, ma era sanguigno, crudele e vendicativo. Aveva il carattere perfetto per affrontare l’epoca in cui nacque. Quando, dopo una serie di vicende, marciò alla testa dell’esercito, l’imperatore Maurizio non sapeva neppure chi fosse il suo antagonista e, dopo aver preso più informazioni possibile, trasse una conclusione tragica: “Ahime! Se è un codardo, sarà sicuramente un assassino”. Maurizio abdicò, fuggì ma fu trucidato insieme ai suoi cinque figli maschi e durante gli otto anni di regno di Foca molti pagarono un eventuale opposizione con la morte, spesso preceduta da crudeli torture.

Un capo crudele, ma adorato da una parte della società

Tra occhi forati, lingue strappate, amputazioni e mutilazioni, il periodo del regno di Foca fu caratterizzato da sospetto, crudeltà e intolleranza. Foca fu anche causa indiretta di una sanguinosa rivolta avvenuta ad Antiochia, perché voleva costringere l’intera popolazione ebrea a diventare cristiana. Eppure venne accolto positivamente da larga parte della popolazione, per la riduzione delle tasse e per la fedeltà a Roma e al Papa, in un periodo in cui i Longobardi stavano per avere la meglio. E nonostante la fama di Foca lo precedesse in maniera inquietante, l’unica colonna onoraria che rimane in piedi nell’area archeologica del Foro Romano è proprio intitolata a lui. Come se, nella sua ironia, la storia volesse suggerirci la modernità della parabola di questo imperatore.

Immagine di copertina: Sonia Morganti

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