Quando mi chiedono se preferisco vivere in campagna o in città rispondo sempre che la campagna è splendida, ma il mio cuore palpita per la metropoli. Temo che questa anomalia abbia molto a che fare con i videogames. Il gusto di esplorare la città come fosse un labirinto assomiglia davvero troppo alla schermata di Pac Man per pensare a una coincidenza. Del resto sono nata negli anni ‘80 e qualche tipo di imprinting deve essere rimasto.
Vigamus, il museo italiano dedicato interamente ai videogames
La cosa bella di quei labirinti è che non sai mai cosa ti aspetta dietro al prossimo angolo. Che sia un fantasma affamato o un forziere luminoso. Uno dei tesori che non ti aspetti di trovare nel dedalo di strade di Roma è Vigamus, il Museo del Videogioco di Roma, il primo museo italiano dedicato interamente ai videogames. Entrare in questo piccolo (ma ricchissimo) museo significa farsi raccontare una storia di cui raramente si parla nelle scuole, ma che ha accompagnato ben più di una generazione.
Nell’area espositiva sono in mostra oltre 400 pezzi originali tra console, videogames, merchandising e concept-art legati ai giochi. Si va dalla prima console in commercio, la Magnavox Odyssey, alla collezione dei coloratissimi Game Boy, fino a ripercorrere la nascita dei Commodore, antenati dei nostri superperformanti pc.
Scorrendo le pareti del museo si scoprono storie curiose. Parlando di Atari (una delle più importanti società produttrici di videogiochi al mondo, forse la più conosciuta), si legge della sua nascita nel 1972. La società doveva chiamarsi Ygyzy (termine astronomico che indica l’allineamento di 3 astri), ma il nome era già stato usato da una società produttrice di candele, così Nolan Bushnell, il suo fondatore, scelse Atari, termine che indica una mossa del gioco da tavola giapponese GO. La prima impiegata della società fu la babysitter diciassettenne di Bushnell, la quale era stata istruita a far attendere in linea coloro che chiamavano per dare l’impressione che Atari fosse una grande compagnia il cui capo era sempre occupatissimo.
La storia del videogioco è uno splendido racconto generazionale, infarcito di nomi incredibili e giochi improbabili, aneddoti, grafiche senza tempo, termini tecnici che forse in pochi riconoscono e leggende metropolitane.
Un angolo speciale del museo per esempio è quello dedicato alla vicenda dei tesori sepolti di Atari che nel 1983 fece sotterrare migliaia di cartucce invendute nel deserto di Alamogordo in New Mexico, tra cui numerosissime furono quelle di E.T. The Extraterrestrial per la consolle Atari 2600, vincitore del titolo di “peggior videogioco mai prodotto”. La storia della sepoltura divenne subito una leggenda, confermata solo nel 2014 dal ritrovamento del materiale perduto di Atari; non solo cartucce ma anche materiale cartaceo, confezioni di videogames, libretti di istruzioni e componenti hardware.
In mostra, immersa nella terra del deserto, si scorre la collezione di “reperti” donati al Museo dalla città di Alamogordo che fanno pensare a delle ossa di dinosauro provenienti da un tempo lontanissimo.
Vigamus, trentasei console in free play
Arriva poi la parte più bella di Vigamus: 36 console accessibili in free play (i giochi vengono aggiornati ogni settimana così che siano sempre diversi) e, sparsi per il museo, una serie di Arcade originali, i re delle sale giochi, sui quali fare una partita a Pac-man, Asteroids, Fix it Felix Jr, Mario Bros. E’ qui che, se come me avete accompagnato i vostri figli al museo, proverete la curiosa esperienza di farvi insegnare imbarazzati quale tasto della Xbox serva per sparare, prendendovi poi però una grossa rivincita in un torneo improvvisato di Street Fighter II.
Il giro si chiude con una capriola dal passato verso il futuro: l’Oculus Room, sala permanente in cui sperimentare il visore per la realtà virtuale Oculus Rift. Il visore pesa pochissimo e copre completamente il campo visivo di chi lo indossa, riproducendo in 3D l’ambiente del gioco. Nato da una start up che si occupa di realtà virtuale, acquistata nel 2014 da Facebook, l’Oculus sta trasformando quella che sembrava una fantasia da film di fantascienza in qualcosa di molto concreto.
Solo provandolo (i ragazzi che gestiscono il museo, giovanissimi e preparatissimi, aiutano i visitatori a indossarlo) si comprende la portata di questo strumento, totalmente immersivo, un po’ esaltante e un po’ spaventoso. Anche qui i giochi variano spesso, e così se per esempio vi capita di visitare il museo nel periodo di Halloween, potrete scegliere il vostro preferito in un trittico di giochi horror. Io ho corso per cinque minuti in un campo infestato da zombie con una motosega in mano. Mica male per un’uggiosa domenica pomeriggio a Prati!
Si esce dal museo tra le strade non troppo affollate di Roma nord, convinti di aver trovato, in quell’angolino nascosto della città, lontano dai grandi spazi espositivi del centro, come uno scrigno colorato, un fungo di Mario Bros, un’arma segreta, un oggetto magico che proprio non ci aspettavamo di acciuffare.
Vigamus è in Via Sabotino, 4 a Roma nel quartiere Prati.