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Minatori armati contro villaggi di indigeni: assalto alla foresta amazzonica

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popolo Waiapi della foresta amazzonica

Il polmone verde della Terra si tinge di rosso, colore del sangue e della guerra. Sabato 27 luglio Jawaruwa Waiapi, consigliere di Pedra Branca do Amapari, ha chiesto l’aiuto dell’esercito e della polizia nazionale dopo che gruppi di minatori armati hanno assaltato alcuni villaggi del popolo Waiapi. Sono passati secoli dal tempo dei Conquistadores, ma i modi e le giustificazioni non sono poi cambiate.

La richiesta d’aiuto dei Waiapi e le bande armate di minatori

Tutto è iniziato la scorsa settimana, il 24 luglio, quando il cadavere di uno dei leader dei villaggi, il sessantottenne Emyra Wajãpi, è stato rinvenuto in un fiume nei pressi di Mariry. La difficoltà di accesso alla zona ha reso impossibile un rapido avvio delle indagini, ma subito le popolazioni locali hanno collegato l’omicidio alle brame dei garimpeiros, come vengono chiamati i minatori-esploratori che, con pochi scrupoli e ancor meno riguardi, cercano ricchezza nelle terre degli indigeni. Sabato 27 è arrivata la richiesta di aiuto da parte di Jawaruwa, che in un drammatico vocale Whatsapp – è possibile ascoltarlo dal link – spiega come il villaggio di Yvytotõ sia stato assaltato da alcune decine di minatori con equipaggiamento militare. «Sono armati di mitragliatrici e noi siamo in pericolo. Abbiamo bisogno dell’esercito e della polizia federale per aiutarci, senatore. Se non arriva alcun supporto, agiremo presto. Siamo spaventati» dice. Gli abitanti del villaggio si sono rifugiati nel vicino insediamento di Mariry, che dista 40 minuti a piedi, ed è stato loro consigliato di evitare qualsiasi contatto con gli invasori.

Il Funai – National Indian Foundation – dichiara che sul posto è appena arrivata la Polícia Federal e la Força Nacional, ma le stime su quanti siano davvero i minatori autori dell’invasione sono incerte. Siamo in posti davvero isolati, difficili da raggiungere in tempi brevi

Meno tutela per gli indigeni, meno speranze per il pianeta: i Waiapi sull’orlo di un bagno di sangue

Il primo contatto tra le popolazioni Waiapi e gli occidentali è avvenuto solo nel 1973 e non è stato il migliore degli incontri. Gli indigeni vivono in armonia con la foresta, cacciando con saggezza ed equilibrio, forti di una conoscenza profonda dell’ecosistema in cui sono inseriti da secoli. D’altronde sono circa 1200 persone che vivono in villaggi sparsi nella riserva di Amapá. Ma proprio questo li rende preziosi custodi del polmone verde del mondo e della sua biodiversità. L’arrivo di autostrade e ferrovie ha portato anche nella foresta amazzonica inquinamento, deforestazione, bracconaggio, malattie e violenze. Già il presidente Michel Temer aveva abolito la riserva di Renca, al nord del Brasile, per consentire attività mineraria, senza consultare le popolazioni. L’area dove vivono i Waiapi è più a ovest di Renca. Con la salita al potere di Jair Bolsonaro, dichiaratamente contrario alla tutela della foresta amazzonica e delle minoranze, la situazione che già era delicata ha avuto un rapido peggioramento. Dopo ben trent’anni sono riprese pratiche di vera e propria guerriglia a fini di invasione, da parte di soggetti privati. Bolsonaro ha più volte dichiarato che le popolazioni indigene hanno fin troppa terra, considerando l’entità dei loro villaggi. Il loro “peccato”, agli occhi di chi guarda il mondo come un conto in banca, è di vivere in aree ricche di minerali, che fanno gola alle multinazionali e alle imprese minerarie. Il territorio Waiapi, in particolare, abbonda di oro, manganese, ferro e rame e rientra tra le aree che nel 1980 furono riservate all’uso esclusivo degli indigeni che le abitano, tant’è che gli accessi sono regolati severamente. Da anni i Waiapi vivono in situazione di rischio, assediati da un progresso non certo interessato al loro benessere, ma solo all’arricchimento immediato e indiscriminato.

Il colonnello Carlos Souza, segretario di Stato alla giustizia e alla pubblica sicurezza, riporta che al momento non sono stati rilevati segni di invasione armata ma che due squadre della Companhia de Operações Especiais (COE) sono al lavoro sia per comprendere bene l’accaduto che per indagare sull’omicidio di Emira Waiapi. 

Qui è possibile firmare una petizione contro il genocidio in Brasile.

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