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Linuccia Saba, l’anticonformista dimenticata

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linuccia saba

Tra qualche giorno ricorrerà l’anniversario della morte di Linuccia Saba, la figlia di Umberto Saba, ma anche una fedele amica di un personaggio complesso come Carlo Levi. Secondo la lapidaria notizia che uscì sul quotidiano “il Piccolo” di Trieste del 29 luglio 1980: “Il 28 luglio 1980 si è spenta a Roma Linuccia Saba“. Linuccia è stata per molti una persona geniale  che non merita il ruolo che le hanno assegnato.

Linuccia Saba, una donna dimenticata

Linuccia Saba
Linuccia Saba

Ho avuto la fortuna di conoscerla personalmente e, anche se ho passato una sola ora della mia vita in sua compagnia sono rimasto così colpito da lei, dalla sua personalità, che ancora oggi, a trentasette anni dalla sua morte la ricordo con piacere. Io di solito non ricordo le date, se non le più importanti, e non avrei ricordato neppure questa, ma in questo caso sarei stato super giustificato. Ricordo di averla incontrata alla fine del 1979 e oggi, cercando di lei, ho scoperto che la rete l’ha quasi cancellata, relegandola al ruolo di “figlia di” e “amica di”, ma soprattutto ho faticato non poco a trovare notizie della sua morte, o ancor peggio della sua vita. Personalmente amo le piccole cose, alla Gozzano: in camera da letto ho una copia incorniciata di una poesia di Umberto Saba, “Il fanciullo e l’Averla”, e in corridoio ho esposto, tra  decine di quadri e disegni di amici, tre semplici litografie di Carlo Levi che proprio Linuccia Saba mi regalò in quel lontano incontro. Vorrei farvi immergere per un solo momento in quell’ambiente austroungarico proponendovi qualche capoverso di uno pezzo scritto da Alessandro Mezzena Lona su “il Piccolo” di Trieste il 16 dicembre 2004, una specie di intervista con la figliastra di Linuccia, la “depositaria”  del carteggio (120 casse di documenti) e degli oggetti di Umberto Saba.

…A Roma, in un palazzone ben nascosto tra il Vaticano e Trastevere, nell’appartamento dove vive Raffaella Acetoso è difficile non farsi cogliere dall’emozione. Non farsi cullare dalle suggestioni. Lì tutto parla di Umberto Saba, di sua moglie Carolina Lina Wölfler, della figlia Linuccia, di Carlo Levi. E di Lionello Zorn Giorni, padre di Raffaella, marito di Linuccia, ottimo pittore e uomo di grande cultura.
La tazza preferita da Saba è custodita in un armadio, con le sue porcellane. Accanto, appeso al muro, il quadro dei polli con cui Linuccia partecipò a una Biennale di Venezia. Gli scacchi del poeta sono riposti, oggi come allora, in una modesta scatola del Biscottificio «Tergeste». E piano piano, maneggiati con amore dalla padrona di casa, ritornano alla luce il diario che le amiche di Lina confezionarono per il suo matrimonio. Il bicchierino della «medicina», da cui Berto sorseggiava qualche liquore.

Senza clamore, con grande rispetto per quella «cara ombra» che la accompagna da anni, Raffaella Acetoso sta mettendo ordine nelle carte di Saba. Perché l’epistolario del poeta, annunciato più volte come se la pubblicazione fosse imminente, esca finalmente dall’ombra. Intanto, con Antonio Debenedetti, figlio del grande Giacomo, il critico proustiano che fu sincero amico del poeta del «Canzoniere», ha curato per Manni Editore un piccolo, importante libro sabiano: «Quante rose a nascondere un abisso. Carteggio con la moglie (1905-1956)». Le carte di Saba, i quadri, gli oggetti, la memoria di tanta parte del Novecento letterario italiano, sono rimasti nelle mani di Raffaella Acetoso quando suo padre, Lionello Zorn Giorni, ha chiuso gli occhi per sempre. Nel 1991. «Era un grande pittore, un uomo buono che sapeva scherzare. Ricordo che, quando collaboravo con Giovanni Spadolini, un giorno il senatore telefonò a casa. Mio padre rispose: “La signora adesso non c’è, io sono il maggiordomo”. Così, il giorno dopo, Spadolini mi disse: “Complimenti, non sapevo tu avessi un maggiordomo”».

L’epistolario di Saba: uscirà mai? 

«L’epistolario di Saba è diventato quasi una leggenda metropolitana. Non voglio aprire polemiche per spiegare perché, realmente, non sia stato pubblicato. Non lo faccio adesso come non l’ho fatto a suo tempo: avrei finito per danneggiare una persona vecchia e malata, e non so neanche se sia ancora viva. Chiaro che, a questo punto, l’epistolario che pubblicheremo non sarà più quello curato da Linuccia Saba insieme a Carlo Levi. E a Sergio Miniussi, un intellettuale triestino morto troppo presto e dimenticato in fretta, che amava veramente Saba». …

Era questo l’ambiente di Linuccia Saba? In realtà questo è l’ambiente da cui ha sempre cercato di fuggire, dal carteggio con la madre questo è evidente. Io la incontrai nella sede provvisoria della fondazione Carlo Levi, vicino a via della Scrofa a Roma, una specie di enorme magazzino pieno di quadri e stampe, e in una sola ora, dopo che le avevo dichiarato il mio amore per i “suoi uomini”  mi raccontò delle cose che inizialmente non capii, poi mi invitò a scegliere delle litografie da un mucchio di stampe sistemate disordinatamente su un grande tavolo, ne scelsi solo tre, in realtà le avrei volute tutte, ma non sapendo se le dovessi pagare o meno, e non avendo soldi, cercai di contenermi. Linuccia mi guardò in faccia, e poi senza vedere le mie scelte me le elencò lasciandomi a bocca aperta. Ci mettemmo seduti e mi spiegò perché avevo scelto proprio quelle.

Linuccia Saba una donna anticonformistadisegno Linuccia Saba

Era una donna straordinaria, magra, non bella, semplice ed elegante insieme. Mostrava i suoi 69 anni, ma i suoi occhi celesti erano vivi e capaci di leggerti l’anima, aveva capito i miei problemi e nel 1979 ne avevo molti. Ma torniamo a lei. Era nata a Trieste da Umberto Poli (il vero nome di Umberto Saba) e da Carolina Wöfler (Lina) il 24 gennaio 1910; dai carteggi tra Saba e la moglie è noto che quelli furono anni turbolenti per il loro rapporto. Saba in ebraico vuol dire “pane” e questo diventò una specie di gioco per lei e Carlo Levi, loro sostenevano che “il pane è il cuore  di un paese” e così assaggiare il pane era la prima cosa che lei e Carlo facevano appena andavano in un nuovo posto. Ma anche questa era una cosa non solo sua, solo suo era l’amore per la pittura, aveva addirittura esposto un quadro alla Biennale, ma soprattutto aveva coscienza di avere molte cose da dire (non come figlia o compagna).  Per anni aveva scritto articoli sul “Punto” firmati Annetta Pane e questo disambigua le interpretazioni sulle ragioni della scelta dello pseudonimo paterno. Sicuramente, anche se era sposata con Lionello Giorni, ha per trenta anni amato Carlo Levi, non sempre riamata. Anche con il padre non ebbe un rapporto facile. Non aveva figli, ma suo marito ebbe una figlia. Frequentava un mondo in cui contava apparire, odiandolo. Era una strega e in sé riassumeva l’anticonformismo, la cultura, la sapienza e il gusto del secolo scorso. Come è possibile che nessuno oggi ne parli? Suo padre Umberto Saba le aveva dedicato una poesia che lascia intuire alcune cose e che in qualche modo ne identifica il ruolo.

A mia figlia (di Umberto Saba)

Mio tenero germoglio,
che non amo perché sulla mia pianta
sei rifiorita, ma perché sei tanto
debole e amore ti ha concesso a me;
o mia figliola, tu non sei dei sogni
miei la speranza; e non più che per ogni
altro germoglio è il mio amore per te.
La mia vita mia cara
bambina,
è l’erta solitaria, l’erta chiusa
dal muricciolo,
dove al tramonto solo
siedo, a celati miei pensieri in vista.
Se tu non vivi a quei pensieri in cima,
pur nel tuo mondo li fai divagare;
e mi piace da presso riguardare
la tua conquista.
Ti conquisti la casa a poco a poco,
e il cuore della tua selvaggia mamma.
Come la vedi, di gioia s’infiamma
la tua guancia, ed a lei corri dal gioco.
Ti accoglie in grembo una sì bella e pia
Mamma, e ti gode. E il suo vecchio amore oblia.

Oggi abbiamo una sensibilità diversa, apparentemente meno maschilista, eppure siamo in pochi a ricordarla, spero di averla tratteggiata quanto basta per farvi  incuriosire, potrebbe essere il primo passo per ridarle il ruolo che merita.

Da un lettore triestino riceviamo e pubblichiamo di seguito, con grande piacere, la sua testimonianza su Linuccia Saba, con due nuove foto che mostrano l’amore che la scrittrice e pittrice Linuccia Saba, aveva per gli animali. Speriamo così di fare una cosa gradita ai suoi moltissimi estimatori riportando anche questo contributo che va ad arricchire una memoria esigua, quasi filiforme. La figura di Linuccia è risultata compressa dal fatto di essere figlia di Umberto Saba e compagna di Carlo Levi, tuttavia lei non era solo questo e tra i due giganti chi la ha conosciuta la ricorda come una persona con una personalità affascinante e soprattutto con la capacità di leggere all’interno delle persone.

LA LETTERA:

Buongiorno sig. Luciano Zambianchi, navigando in internet mi sono imbattuto in una sua pagina dedicata a Linuccia Saba. Ho molto apprezzato il suo ricordo affettuoso. Da anni “vivo” con Linuccia grazie a un prezioso epistolario formato da 150 lettere da lei inviate a Maria ed Ena Lupieri. Maria Lupieri, pittrice e fine intellettuale, è stata la migliore amica di Linuccia, tanto che quando nel 1961 si ammalò Linuccia l’accolse a Roma in casa sua e con generosità le fu vicino fino alla morte. Sublimò il vuoto lasciato da Maria coltivando una nuova amicizia con la sorella Ena.Penso anch’io che Linuccia sia una figura meritevole di essere ricordata non solo come “figlia di” o “compagna di”.

Linuccia Saba bianco e nero

Agli inizi di dicembre parlerò un po’ di lei a un convegno a Trieste su Virgilio Giotti attraverso una mia comunicazione dal titolo “Virgilio Giotti, Linuccia Saba, Maria Lupieri ed Emily Dickinson. Una testimonianza inedita”. Ora anche la signora Raffaella Acetoso è venuta a mancare. Mi piacerebbe pubblicare le sue lettere a Maria ed Ena, che danno un meraviglioso spaccato della vita a Roma in quegli anni, ottenendo una liberatoria per farlo (quella della nipote di Maria Lupieri c’è già) e trovando un editore interessato. Concordo su quanto osserva circa lo scarso amore di Linuccia per quel mondo, pur frequentandolo attivamente. Solo Pasolini si salvava, perché schivo. Se ha novità su Linuccia mi tenga informato. Farò altrettanto io con lei. Ancora grazie per il suo scritto e cordiali saluti, Roberto Benedetti (Trieste)

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

4 Commenti

  1. che conforto, in questi “finsteren Zeiten”, leggere frammenti di civiltà, di vite importanti non per il peso economico o politico, ma per il lascito impudicamente generoso che è stato dato a tutti. grazie di cuore. i lavori pittorici e grafici di Linuccia Saba sarebbe ora di riunirli, valorizzarli…

  2. Ciao Andrea
    e grazie per le tue parole, Qualche giorno fa a San Gimignano sono andato a cercare il pane allo zafferano, proprio per onorare la memoria di Linuccia.
    Ho avuto la fortuna di aver conosciuto e di conoscere delle grandi donne, oltre a Linuccia ho scritto di Clara Sereni, presto scriverò un pezzo su un’altra amica (questa volta viva e attiva, nonostante i suoi 87 anni) che è conosciuta come “figlia di” visto che è Mariela la figlia di Ardito Desio, ma che ha una vita avventurosa ed operosa, quasi quanto il padre.
    Ancora grazie

    Luciano Zambianchi

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