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Hockey, possibile praticarlo anche sott’acqua?

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Hockey sott'acqua

Ma vi verrebbe mai in mente di scegliere di praticare, chiaro un fattibile tipo di sport, sott’acqua, sul fondale di una bella piscina? Bè, c’è chi lo ha fatto. Disciplina in questione l’ Hockey, paese l’Inghilterra, anno il 1954, tutto grazie all’idea di un certo Alan Blake desideroso di trovare, durante l’inverno, un metodo alternativo per allenare all’apnea i sommozzatori. Di lì a poco anche Australia, Sudafrica, Nuova Zelanda, Europa e continente americano.

L’Hockey sott’acqua, un’idea inglese arrivata in Italia

L’approdo in Italia più recente, nel 1997 con la nascita delle prime squadre, l’Uisp-Assetto Variabile e il Sub Nettuno. Come attrezzatura di questa nuova e bizzarra attività sportiva solo pinne, maschera, boccaglio, un guanto di gomma, una mazzetta di legno di circa 30 cm di lunghezza e un dischetto di metallo rivestito di plastica del peso di 1,3 kg. Dimensioni del campo, ovviamente, quelle di una normale piscina: 25 mt per 12-15 di larghezza con una profondità di circa 3 e porte, larghe sempre 3, adagiate sul fondo della stessa. Tempo di durata di ogni match 30 minuti divisi in due tempi da 15, numero complessivo dei giocatori 10 (6 in campo, 4 di riserva), 3 quello degli arbitri (uno solo dei quali fuori dall’acqua). Insomma un gioco divertente e semplice con poche basi di tecnica. Basta, infatti, restare il più possibile aderenti al fondo, il più possibile vicini ai dischetti e il più possibile in apnea: “per praticare l’hockey subacqueo non è necessario essere sub professionisti visto che la profondità alla quale si scende non è eccessiva e compensare risulta operazione piuttosto semplice”.

Richiesto tantissimo allenamento

Richiesto invece tanto, ma tanto, allenamento considerando che il tempo effettivo di gara si svolge in totale assenza di ossigeno e che si risale in superficie solo per pochi secondi esclusivamente per riprender fiato. I rischi poi sono davvero pari allo zero potendosi limitare a prestare attenzione alle sole nocche delle mani e a qualche eventuale calcio da parte del giocatore più vicino. Davvero poco per decidere di non provare, non credete?

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