Anche se le ricette con l’Aloe sperimentate e confermate dai professionisti della ristorazione sono veramente poche, è comunque sorprendente che ce ne siano. Diffidate da chi aggiunge semplicemente un poco di Aloe (spesso gel di Aloe) a ricette che sarebbero più appetitose senza, in nome di una ipotetica cucina salutare. Se l’Aloe è un medicamento sarà bene usarla solo quando c’è necessità di farlo, considerate che esiste una letteratura sull’intossicazione da aloina (uno dei componenti presenti nelle foglie di Aloe). Fino a qualche anno fa si parlava dei pericoli legati all’uso dell’Aloe, delle possibili intossicazioni da Aloe, e questo ha tenuto lontano i “pionieri” della cucina moderna. Le Aloe non hanno frutti commestibili e neppure un buon sapore, le foglie poi contengono una gelatina simile a mucillagine, non proprio piacevole al palato. Nonostante questo posso presentarvi alcune ricette.
Aloe in cucina, la bagna cauda
Lo chef siciliano Luigi Scalfaro (in: La cucina vecchia, edizione Miglioranza, Roma, 1986) propone una variante con l’Aloe per la Bagna cauda, lui consiglia di utilizzare dei pezzi di foglia di Aloe, pelati, e senza la parte amara (che è sotto la buccia) tra le verdure che si mettono nella salsa con il tonno e le sardine. Questa è una ricetta proposta in un ristorante vegetariano piemontese, come sapete la bagna cauda (salsa calda) tradizionale prevede una salsa con aglio e alici salate e olio tenuta calda nel Fojòt, il tegame di terracotta con lo spazio per il fornellino acceso (anticamente una candela). Non sarebbe certo un piatto vegetariano, ma la sua storia è così importante e le variazioni sono tante da perdonare le tre o quattro alici, che in alcuni ristoranti veramente vegetariani vengono sostituite dallo zenzero e da altre spezie. Normalmente nella salsa vengono intinti vari tipi di verdure cotte: gambi di cardo, cipolle e foglie di cavolo e pezzi di peperone crudo, a questo il nostro ristoratore ha aggiunto foglie di Aloe arborescens (mondate dalle spine e dalle parti dure) tagliate a cubetti, il mio consiglio è quello di non superare i 50 g di foglie di Aloe a persona .
Aloe allo Strega (Martell)
Il francese Xavier J. Martel consiglia in un suo libro di aggiungere una foglia di Aloe, tagliata a fette, in una bottiglia di liquore Strega, dopo aver tolto il liquore eccedente. L’amarognolo dell’Aloe pare si sposi benissimo con il sapore dolce dello Strega. Ho trovato questa ricetta in un libro dedicato ai liquori, rimasi colpito dal cognome del suo autore: Martell. Questo cognome mi evocava un grande produttore di Cognac, ma anche quelle bottiglie bellissime che negli anni Cinquanta i negozi di liquori esponevano in vetrina e che mi affascinavano. Non sono mai stato un bevitore ma quegli alberelli nelle bottiglie con i rami ricoperti di lucenti cristalli, assomigliavano a delle navi in bottiglia. Martell propone di mitigare il dolce aromatico e un poco piccante del liquore Strega con il sapore amarognolo dell’Aloe arborescens. Consiglia di prendere un paio di foglie di Aloe arborescens, di togliere le spine ai bordi, alla punta, ma anche la parte iniziale delle foglie e quindi tagliarle per la lunghezza in bastoncelli. Dopo avere tolto 300 g di liquore dalla bottiglia di liquore Strega, Martell propone di sostituirli inserendo 300 g di listelli di foglie di Aloe. Basterà aspettare una settimana per bere questo liquore che a quanto sostiene Martell è buonissimo. Non sono riuscito a far depositare cristalli di zucchero sulle foglie tagliate, ma credo che dipenda dalla concentrazione dello zucchero nel liquore.
Digestivi e liquori all’Aloe
Francisco Ferrer nel suo elisir di lunga vita mette a macerare per 30 giorni in un litro di alcool a 90°, 30 g di Aloe, 15 g di rabarbaro, 10 g di china, 10 g di genziana, 10 g di cedoaria, 5 g di zafferano, 5 g di chiodi di garofano. Poi filtra con un filtro di carta e imbottiglia il liquido.
Un vermut digestivo si ottiene miscelando 150 g di Aloe tritata, 250 g di miele, 250 g di vino rosso e 100 cc di alcool a 96°.
Dolci con i fiori di Aloe
Più che dolci, come noi li intendiamo, sono una sorta di marmellate ottenute facendo bollire i fiori di alcune specie di Aloe. Questo non vuol dire che i fiori di Aloe siano squisiti, o abbiano pistilli zuccherini come i fiori di glicine, vuol solo dire che in natura, nelle zone in cui vivono le tribù che usano queste marmellate, non si trovano frutti o fiori più dolci, a questo aggiungerei che spesso la fioritura delle Aloe è abbondante e quindi è facile raccogliere una quantità interessante di fiori. D’altronde sia gli Ottentotti che gli Zulu hanno abitudini alimentari ben diverse da quelle occidentali, basta ricordare che ci considerano barbari e ci guardano con disgusto quando scoprono che noi mangiamo le mazzancolle.
In internet ho trovato un libro di ricette di un simpatico signor Mario Raisa che ha integrato ricette e sapori nostrani con l’uso dell’Aloe in cucina, si tratta di 70 ricette all’Aloe vera, contenute in un libretto che tra le altre cose pubblicizza le attività di un gruppo che usa e diffonde l’uso dei prodotti a base di Aloe. Il libro, che si intitola Cucinaloe è disponibile a 15,00 euro, ma solo sul sito del gruppo. Un paio delle ricette che troverete nel libro sono pubblicate sul sito e potrete farvi da soli un’idea, magari sperimentandole, ma con le dovute attenzioni.
Se volete sapere tutto sulle Aloe potete visitare questa pagina.