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La verità su “le virtù” teramane

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Le Virtù teramane

Permettetemi di mettere un punto fermo su un piatto tipico della cucina teramana: “le virtù”. Se l’argomento vi incuriosisce ho la possibilità di farvi conoscere, insieme alla storia del piatto, e alle molte varianti, storie di famiglie locali, ma anche la “vera” ricetta che ho avuto il piacere di ascoltare, raccogliere, ma soprattutto gustare, grazie a dei veri “scienziati” del gusto, specializzati in cucina teramana.

Chi mi legge sa che lo scorso anno ho già parlato di un altro prodotto della cucina abruzzese, Maccheroni: la storia di un prodotto italiano di pregio, questo perché, come ho già scritto, ogni anno ho il piacere di essere ospite, assieme ad un selezionato e ristretto gruppo di amici, del professor Luciano Paesani, fino a due anni fa docente di Storia del teatro all’università di Pescara, drammaturgo (autore e regista egli stesso) e da sempre cultore della cucina teramana. Quest’anno il professor Paesani ci aveva promesso di farci gustare le vere “virtù” teramane. Per problemi di tempo soprattutto meteorologici, abbiamo rinviato più volte l’appuntamento e il pranzo, che anche quest’anno è stato preparato sotto la personale ed attenta supervisione del nostro ospite, ma non a casa sua, ci siamo incontrati in un nuovo locale (Casa Dèlfico) a pochi chilometri dal centro di Torricella Sicura sede della Comunità montana della Laga. Il locale è nuovo, ma i proprietari sono una garanzia per il rispetto delle tradizioni: per oltre trent’anni hanno gestito un ristorante specializzato in cucina locale a Teramo. Comunque Casa Dèlfico, è stata solo la “location” del nostro incontro, il nostro anfitrione ha verificato personalmente e puntigliosamente le ricette usate e il risultato ottenuto.

Cosa sono le virtù

Si tratta di un piatto tradizionale teramano. I teramani ci tengono molto a spiegare che non parliamo di cucina abruzzese, ma teramana. L’origine è antica, molti la fanno risalire agli antichi romani, la documentazione storica però è medioevale, anche se poi parla proprio degli usi dei romani che vengono derisi perché “ogni anno” si mangerebbero le loro virtù (usate come doppio senso).

Nei secoli il significato storico ed antropologico del piatto si è evoluto e questa evoluzione si è ulteriormente accelerata nel corso degli ultimi cento anni. Ogni famiglia teramana nel mese di maggio realizzava grandi quantità di “virtù” che condivideva con i parenti e gli amici. Erano guai se si dimenticava una famiglia: mi hanno confermato che non condividere il piatto equivaleva a una vera e propria dichiarazione di guerra. Anche la realizzazione del piatto era un evento sociale: ogni persona portava qualche cosa e soprattutto la sua ricetta personale, dopo accese discussioni una delle padrone di casa prendeva il sopravvento e da quel momento assumeva la direzione dei lavori che duravano per circa tre giorni e producevano un risultato di eccellenza che alla fine rappresentava il gruppo!

La ricetta ufficiale

Vi presento la ricetta ufficiale tratta dal volume “Cucina teramana” a cura della Regione Abruzzo Centro Servizi Culturali di Teramo (testo di Fernando Aurini) ristampa riveduta e corretta dell’edizione 1964. Volume ormai introvabile!

“ … si mettono a cuocere in acqua abbondante e in pentole separate una certa quantità di legumi misti (fagioli, ceci, lenticchie, fave e piselli freschi) avendo l’accortezza di far lessare prima quelli freschi. A parte si metteranno a lessare le verdure di stagione (indivia, bietole, rape, sedani, carote, cuori di carciofo e, in minore quantità, qualche finocchio) e, in altro recipiente, cotiche, piedini e orecchi di maiale con qualche pezzo di prosciutto tagliato a tocchi non troppo piccoli: ingredienti che appena cotti, verranno disossati e fatti a pezzetti. Mescolare la carne insieme al sugo che avrà prodotto il maiale cuocendo con i legumi, i quali saranno conditi prima con sale e pepe, maggiorana, mentuccia, menta ed aneto ed un battuto di lardo sfritto con prezzemolo, aglio fresco e cipolline pure fresche. A questo punto si aggiungerà qualche cucchiaio di pomodoro insieme alla verdura già lessata facendo bollire il tutto, col maiale e i legumi, ancora per un po’. Cuocere poi a parte tutte le varietà di pasta che vi sarà possibile procurarvi (maccheroni, lasagne, zita, tubettoni, mezzi rigatoni) spezzando prima la pasta lunga e aggiungendovi la pasta all’uovo. Unite la pasta ai legumi e alla carne facendo bollire il tutto ancora per qualche minuto, dopo avervi aggiunto anche le polpettine di carne che avrete avuto cura di friggere prima. …”

Da notare che non sono riportate le quantità e questa è un’altra delle prove dell’antichità della ricetta, la mancanza delle dosi è una caratteristica delle ricette tramandate dalla cucina dell’antica Roma imperiale. Già Columella, a metà del primo secolo, per alcune ricette riporta le dosi.

Le varianti delle Virtù

Questo giustifica anche le infinite varianti del piatto; la maestria della padrona di casa, o dello chef, sta nell’armonizzare gli ingredienti in modo che non ci siano sapori prevalenti, però a seconda della tradizione familiare ci sono centinaia di diverse sfumature di sapore. Una eresia certa, a sentire i teramani DOC, è la ricetta riportata nel WEB sulla pagina wikipedia, in cui tra gli altri tipi di pasta sono indicati anche i tortellini. È vero che in cambio wikipedia non parla delle polpettine (una costante obbligatoria nei sughi delle paste teramane), ma una cosa sono le polpettine fritte di un centimetro di diametro, che nel caso delle “virtù” sono più grandi e possono arrivare fino ad un diametro di quasi due centimetri, un altro è il ripieno dei tortellini.

Le origini del nome e della tradizione 

Probabilmente il nome rifletteva le “virtù” delle matrone che a fine inverno vuotavano le dispense e facevano incontrare i nuovi prodotti della terra con i rimasugli anche delle paste secche e delle carni conservate.

L’alternativa teramana alla “fava con il pecorino” romano 

Oggi le virtù, a Teramo, vengono preparate il Primo Maggio, ma è un uso recente, fino a metà del secolo scorso erano il piatto tipico pizza dolce teramanadel mese di maggio; anticamente i contadini giravano per le case cantando le canzoni locali e annunciando la fine dell’inverno e poi si riunivano tutti insieme attorno al tavolo per mangiare le virtù. Ricordo per i miei lettori distratti che la festività del Primo Maggio (Festa del Lavoro) è in relazione alla conquista del limite delle otto ore giornaliere (in Europa solo a fine ‘800). La festa è oggi collegata anche al risveglio della natura e alle scampagnate, è comprensibile che alcuni piatti oggi siano considerati tradizionali per il Primo Maggio: le fave fresche e il pecorino, le grigliate di pollo e salsicce, le fritture ascolane, le frittate con le verdure e anche le virtù teramane sono tra questi.

Il pranzo a Torricella Sicura è continuato con altre specialità teramane: le mazzarelle con le interiora d’agnello, la trippa alla teramana, il formaggio fritto, la tradizionale pizza dolce, il tutto annaffiato con un Montepulciano d’Abruzzo di un produttore locale. Insomma, ancora una volta, ho messo a rischio le mie arterie per amore della scienza, della storia, e per il “dovere” di documentare l’esperienza per i miei lettori, ma non sentitevi in obbligo di ringraziarmi per questo!

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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