Sono magici e musicali. E custodiscono il “segreto” della nota perfetta. Gli abeti rossi della Val di Fiemme, in Trentino, sono l’anima di un polmone verde che, ormai, tutti o quasi, conoscono come la “foresta dei violini”. Il bosco conserva il suo fascino in tutte le stagioni, sia con i raggi del sole che fanno capolino tra i fitti rami, sia con il profumo della terra umida e della resina o con la neve, e non c’è periodo dell’anno che non sia indicato per rilassanti passeggiate lungo i numerosi sentieri e la rete dei percorsi forestali. Anche se d’inverno il centro visitatori del Parco di Paneveggio Pale di San Martino è chiuso (tranne durante il periodo natalizio), all’area si può comunque accedere perché non c’è bisogno di biglietto. Alla “foresta dei violini” si arriva lungo la statale 50 che da Predazzo (TN) sale al Passo Rolle. Il perché del nome di questo posto è presto spiegato. Nella foresta, che conta oltre sessanta milioni di alberi, moltissimi plurisecolari, crescono delle piante “anomale” di abete rosso dalle uniche caratteristiche meccanico-acustiche. Il loro legno è particolarmente elastico, in grado di trasmettere meglio il suono, mentre i canali linfatici sono paragonabili a minuscole canne d’organo che creano risonanza. Un materiale pregiato, scoperto e utilizzato già da Antonio Stradivari e da altri maestri liutai del ‘600 e ‘700 per produrre strumenti musicali.
Una foresta di violini, organi e pianoforti
Anche oggi questo è uno dei principali utilizzi del legno dell’abete rosso, studiato da università e laboratori di ricerca per le sue peculiarità, impiegato per la costruzione di tavole armoniche per organi, pianoforti, violini che suonano in tutto il mondo. Un utilizzo che non equivale a sfruttamento grazie al lavoro di pochi ed esperti boscaioli – in grado di capire se il legno “suona” prima ancora di estrarlo, osservando particolari della chioma, della corteccia, del tronco e anche della posizione – e alla salvaguardia di una foresta che si amplia al ritmo di circa cento ettari all’anno. Nel cuore della foresta si è avvolti da monumenti della natura. Gli abeti rossi sono i protagonisti (sono il novanta per cento del bosco), intervallati qua e là da esemplari di abete bianco, alle quote inferiori, e da larice e pino cembro salendo di altitudine. Il sottobosco è un tappeto di mirtilli neri e rossi. Con un occhio più allenato sui fusti si possono riconoscere i buchi del picchio, mentre gli scoiattoli lasciano un po’ ovunque pigne rosicchiate.
Nel parco si raggiunge anche uno speciale terrazzo da cui si riescono ad osservare cervi al pascolo: nel recinto faunistico Paneveggio i capi in libertà sono oltre settecento. La passeggiata dura circa un’ora, non presenta alcuna difficoltà, e comincia dal parcheggio adiacente il centro visitatori, dove si trova la prima indicazione per il sentiero Marciò. Si tratta di un percorso ad anello lungo il quale sono collocati pannelli informativi. Sopra Predazzo, sempre in Val di Fiemme ma fuori dai confini del Parco, ci si può dirigere (percorrendo la strada forestale per la maggior parte asfaltata verso la Valmaggiore) al “Bosco che Suona”, in località Paluàt. È qui che ci si può imbattere nell’abete di Giovanni Allevi o in quello di Uto Ughi. Sono gli alberi scelti ogni anno da alcuni musicisti di fama internazionale che partecipano al Festival in quota “I Suoni delle Dolomiti”, spesso riconoscendo – seppur inconsciamente – una certa somiglianza con l’esemplare scelto. Quest’anno il privilegio è toccato al Quartetto Stradivari e ai violinisti Salvatore Accardo e Isabelle Faust.