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Interdependence Day: Unione Buddhista Italiana e Lifegate insieme per il pianeta

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L’ Interdependence day, evento di Lifegate in collaborazione con l’Unione Buddhista Italiana, nasce per ricordarci che siamo tutti connessi e che ogni azione, anche la più piccola e insignificante, si ripercuote, nel bene e nel male, sull’intero pianeta e sull’umanità. Indetto per il 6 marzo, l’ Interdependence day è solo il primo giorno di un impegno che tutti insieme possiamo mettere per cambiare le sorti del mondo. Solo tre azioni, le più importanti, per ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili: non sprecare il cibo, risparmiare energia e scegliere fonti rinnovabili.

Ci spiega com’è nata e qual è l’intento della collaborazione per l’ Interdependence day, Stefano Bettera, membro del Direttivo dell’Unione Buddhista Italiana.

Ci puoi parlare dell’UBI? Qual è la sua visione, il suo impegno per la comunità buddhista e il tessuto sociale in cui tutti viviamo?

L’Unione Buddhista Italiana nasce per coordinare il lavoro dei centri e di molte realtà buddhiste presenti sul territorio italiano. Molte, non tutte. Infatti sarebbe un errore affermare che l’UBI rappresenta il Buddhismo italiano nel suo insieme. Ciò che è vero è che siamo l’interlocutore istituzionale per il Governo italiano su temi come l’8xmille e tutto l’ambito legato all’Intesa. L’UBI è dunque un ente amministrativo, in primo luogo, un punto di riferimento, questo certamente si, per chi pratica il Dharma nel nostro Paese.

Come è nata la partnership con Lifegate?

Lifegate è da sempre un network impegnato sui temi della sostenibilità, in primo luogo ambientale. Con loro esiste un rapporto di amicizia che ha radici antiche. Per questo, quando ci siamo chiesti come agire per promuovere un impegno diretto da parte delle comunità religiose sulle emergenze sociali del momento, ci è venuto spontaneo trovare in questa campagna un efficace strumento di sensibilizzazione e informazione capace di coinvolgere le persone in azioni semplici ma di grande impatto. Ecco perché l’ Interdependence Day, che non è ovviamente solo una giornata dedicata al tema dell’immigrazione e delle sue cause, ma un “contenitore” più ampio dove rientrano una serie di azioni.

Interdependence day, che cos’è l’interdipendenza

Nel Buddhismo il concetto di interdipendenza ritorna spesso, potresti spiegarlo in parole semplici e comprensibili a tutti?

Il concetto di interdipendenza ha, possiamo dire, un “sapore” mahayana, ossia è molto presente nelle tradizioni zen e tibetana. Essenzialmente significa che ogni essere che vive su questo pianeta è profondamente collegato a tutti gli altri.

La cover di “Felice come un Buddha” di Stefano Bettera

Sia sul piano psicologico, dal momento che le azioni che io compio hanno una ricaduta su tutto ciò che mi circonda, sia su quello materiale. Questo secondo aspetto è facilmente comprensibile quando guardiamo, ad esempio, ai cambiamenti climatici dov’è ormai evidente che il destino di ogni forma di vita dipende dalle scelte che compiamo ogni giorno per ridurre il nostro impatto. Oppure se pensiamo ai migranti che sono spinti qui da condizioni di estrema povertà generate, nei loro paesi, da politiche sbagliate non solo sul piano locale ma anche su quello internazionale. Questa è l’interdipendenza nel nostro mondo moderno.

Quale potrebbe essere il ruolo dei buddhisti per la difesa dell’ambiente?

Non credo che esista un “ruolo” dei buddhisti in quanto entità che si muove e ragiona come un unicum. Tutto ciò è molto poco buddhista! Ma, ironia a parte, è evidente che la pratica sviluppa la nostra consapevolezza e ci rende più sensibili e attenti nei confronti di ciò che accade non solo sul piano personale ma anche sociale e ci porta a privilegiare le azioni con minor impatto ambientale nella vita di ogni giorno. Inoltre, oggi, nell’ambito di ciò che viene definito da molti come “Buddhismo” impegnato, assistiamo a molte azioni di sensibilizzazione e informazione sui temi sociali, inclusi i cambiamenti climatici con marce, petizioni, coinvolgimento della politica e dei governi. Si sta sviluppando, possiamo dire, un movimento internazionale in ambito buddhista che ha a cuore questi temi e propone azioni che hanno come matrice comune consapevolezza, gentilezza e compassione. Si parte da lì, ma come sempre, soprattutto in ambito buddhista, alla fine la responsabilità delle scelte è individuale. Sta a noi.

Il futuro del Dharma in Italia. Credi che ci sia una secolarizzazione del Dharma in Occidente, e se sì quali i vantaggi, e se ci sono, gli svantaggi?

Credo che il Dharma in Italia stia vivendo una fase molto entusiasmante. In Italia, ma come in tutto il mondo moderno, la domanda di pratica è variegata e richiede risposte su più livelli. Soprattutto risposte in grado di rispondere alle istanze del nostro tempo, del nostro “seculum”: in questo senso si, stiamo assistendo allo sviluppo di un buddhismo secolare, la cui forma definitiva è ancora al di là dall’essere definita. Ma dove secolare non è sinonimo di laico e neppure antitesi di religioso. Significa piuttosto “contemporaneo”, cioè una pratica che affonda le proprie radici nella mentalità occidentale e nel modo in cui noi moderni viviamo e impersoniamo la pratica e che fa tesoro degli insegnamenti millenari del Buddhismo. È totalmente fuori strada chi intende il Dharma secolare come una rottamazione delle tradizioni; che hanno i loro limiti, culturali prevalentemente, ma non si può buttare via il bambino con l’acqua sporca e nessuno può fare il gendarme del Dharma. Del resto sebbene sia un fatto altrettanto eccezionale che troviamo presenti contemporaneamente tutte le tradizioni buddhiste nello stesso luogo, e che ciò abbia un profondo valore, rimane il fatto che un italiano non potrà mai vivere la pratica come un tibetano o un cingalese o un altro “nativo” buddhista. Ecco perché serve, in un certo senso, ripartire da capo e trovare la nostra via.

Con gli occidentali interessati sempre più alla meditazione, quali figure potranno rendere più semplice la diffusione di un Dharma laico e secolare?

Dopo i primi decenni in cui il Buddhismo ha messo radici, oggi si stanno moltiplicando i centri di pratica in tutto il Paese. Non soltanto quelli con matrice più religiosa, gestiti da monaci o da maestri ordinati. Ma anche quelli laici, dei sangha meno “tradizionali”, se ci riferiamo all’esperienza che arriva da Oriente e dagli esordi del Buddhismo in Occidente; luoghi dove le persone che arrivano al Dharma non solo dalla porta religiosa ma anche da quella culturale o filosofica, oppure, appunto, dal semplice interesse verso la meditazione. Qui possono trovare strumenti di pratica e figure che facilitano il loro percorso. Non sempre si tratta di grandi centri strutturati ma, il più delle volte, di sangha spontanei, composti anche da poche decine di persone ma molto motivate e attente nel cercare una via che soddisfi le caratteristiche profonde di un praticante occidentale. Ovvio che i maestri qualificati restano fondamentali ma dato che le vie di accesso al Dharma sono infinite, credo che anche questi possano essere occasioni di stimolo e conoscenza con cui confrontarsi.

Per chiudere, so che è appena uscito il tuo libro Felice come un Buddha. Il sottotitolo dice: “Otto passi per vivere in armonia con te stesso, in pace con gli altri e in equilibrio con la natura”. Quest’ultima parte “in equilibrio con la natura” mi sembra molto in tema con questa intervista, puoi dirci di più?

Il libro non vuole essere un manuale di Buddhismo e neppure avere l’ultima parola su questioni dottrinali. È piuttosto il diario di un percorso personale, di vent’anni di frequentazione del mondo buddhista. E nella mia storia personale c’è anche l’impegno sui temi ambientali che ho sempre vissuto come qualcosa per nulla diverso dalla pratica formale. Ecco perché Felice come un Buddha parla a tutti quelli che come me hanno cercato o vogliono cercare la propria strada tra questi otto passi. E come un buon amico offre degli spunti, delle esperienze e magari una parola di supporto e di ascolto. Per fortuna la pratica è un patrimonio che appartiene a tutti ed è viva quando puoi condividerla. Il libro parla esattamente di questo.

Nell’ottica buddhista quindi, l’ Interdependence day è l’occasione per guardare la vita con consapevolezza e agire affinché non esista mai più una separazione tra la nostra vita e ciò che ci circonda.

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