In queste poche righe cercherò di darvi un’idea della complessa relazione che alcune religioni, o scuole di pensiero, hanno con le tartarughe terrestri. In particolare troverete riferimenti e immagini relative al buddhismo e all’induismo.
Ricordo che nella cosmogonia induista è una tartaruga a reggere sul suo carapace un elefante che poi ha sul suo dorso il mondo. Quindi, in ultima analisi, è una testuggine a reggere tutto il peso del mondo e contemporaneamente è il collegamento tra il cielo e la terra. Nella simbologia cinese la tartaruga è uno dei quattro mitici guardiani (che rappresentano anche i punti cardinali): la tartaruga è il nord, ma rappresenta anche la terra, è il simbolo della longevità, ma anche della “costante beatitudine” ed è l’unica ad essere un animale vero.
Il buddismo e le tartarughe
Per il buddhismo vale l’indicazione che anche il primo Buddha, Siddharta_Gautama (il Buddha storico, quello nato nel 500 a.C.), prima di raggiungere l’illuminazione è passato attraverso diverse reincarnazioni, tra questi cicli ha anche vissuto come testuggine. Naturalmente questa è una semplificazione, chi vuole approfondire potrà leggere: Le tartarughe in Cina: dalla cosmogonia, alla magia, al calendario. Tuttavia, questa premessa è per parlarvi degli amuleti e dei santi monaci buddhisti, ma non solo di loro. In ogni fede, un maestro, anche se mortale, diventa un luminoso esempio da seguire. È conoscenza comune che nei buddhismi l’illuminato raggiunge la conoscenza e la liberazione al termine di un ciclo di vita in cui la sua consapevolezza lo ha reso libero dalle emozioni e dai desideri, fino a giungere all’interruzione dei cicli di reincarnazione. I suoi allievi che già lo venerano da vivo, quando morirà venereranno le sue reliquie (che verranno conservate negli Stupa), ma soprattutto venereranno la sua opera e facendo questo si avvicineranno alla liberazione dalla sofferenza.
Non tutti sanno che alcuni Santi Monaci, dopo aver raggiunto lo stato di illuminazione, e quindi la Buddithà, con la fine del ciclo delle reincarnazioni (il Nirvana) tornano sulla terra per indicare la Via ed aiutare nel percorso. Ed eccoci ai santi e alle reliquie. Ho già anticipato, parlando di monete, che mia moglie Ornella da anni colleziona oggetti e strumenti a forma di testuggine o che ne rappresentino l’immagine. Naturalmente, nel tempo la collezione ha raggiunto un numero ragguardevole di pezzi, abbiamo quindi deciso di suddividerla e presentarvela per tipologia: oggi vi parlerò dei talismani benedetti dai santi monaci, o addirittura legati a reliquie dei Buddha. Già la capacità che le testuggini hanno di ritirarsi all’interno del carapace ne fanno un esempio di potente talismano, capace di proteggere dalle avversità, ma anche le 13 piastre più grandi del carapace (i mesi lunari) e le 28 piccole a collegamento con il piastrone (un ciclo lunare), contribuiscono ad aumentarne il già forte potere simbolico.
Talismani e reliquie legate al Buddha
In Tailandia e Myanmar ho raccolto diversi amuleti, altri li abbiamo trovati in vendita sui siti di alcuni monasteri. Naturalmente le immagini si riferiscono ai santi monaci buddhisti più noti. Il primo che mostro (Foto 1) rappresenta il quadrato magico (base tre) trovato sul piastrone della tartaruga mitica del fiume Lo. Anche la seconda tartaruga (Foto 2), quella nella scatolina, ha sul piastrone il quadrato magico, ma è l’oggetto più completo per quanto riguarda la simbologia: riporta i punti cardinali e la terra, ma anche i diversi cieli; sul dorso, invece, è riportato il simbolo del labirinto. Anche la scatola di plastica ha la sua funzione: con lettere dorate è riportato il nome del monastero dove l’amuleto è stato benedetto. Questi oggetti sono dei talismani che promettono di proteggere chi li indossa, alcuni sono rinchiusi in piccoli contenitori di plastica (Foto 7), per non disperdere le benedizioni o il lavoro di rifinitura attribuito alla mano del santo monaco.
Tutti i talismani che vi presento sono stati consacrati con una lunga cerimonia che, secondo i monaci buddhisti, ha lo scopo di far loro aprire gli occhi, in pratica renderli vivi e capaci di riconoscere e difendere il loro proprietario. È proprio per questo che questi oggetti non vanno trattati come dei ciondoli, ma devono essere amati e rispettati, non dovranno essere toccati da nessuno (eventualmente solo dal proprietario) e non dovranno mai essere appoggiati a terra: perderebbero la loro energia. Il rispetto e l’amore, uniti ai sutra e ai pensieri positivi, sono il “cibo” esoterico di cui i talismani hanno bisogno per restare attivi e crescere.
Alcune storie
Ognuno di questi oggetti meriterebbe che ne raccontassi la storia. I due talismani (Foto 3, Foto 4) con l’immagine del monaco e la certificazione del monastero di provenienza, hanno sul retro del “santino”, scritto in sanscrito, in pali e in tibetano, il sutra che il proprietario potrà recitare, guardare, mettersi sulla fronte o copiare per riattivare e rinforzare le capacità protettive dell’amuleto. Questa strategia, legata all’uso e alla diffusione dei sutra scritti dai monaci, ha permesso di recuperare e poter ancora leggere i pensieri di antichi maestri, anche in situazioni di diffuso analfabetismo, è infatti previsto un ulteriore merito a chi copia o diffonde i sutra. L’oggetto dorato che è contrassegnato come Foto 3, è una santa reliquia: cementata al suo interno è conservata una reliquia di un monaco morto. I due pezzi più antichi sono in parte consumati dalla devozione del loro precedente proprietario ed ora sono conservati in una mini teca trasparente (Foto 5, Foto 6 ). Gli altri pezzi sono statuine o immaginette moderne, anche loro consacrati, ma non ancora impregnati del fascino dell’oggetto della cultura millenaria che li ha prodotti. Credo che in Occidente l’uso apotropaico dell’immagine della tartaruga terrestre, come portafortuna e scaccia guai, derivi proprio dai riti e dalle tradizioni buddhiste che ora conoscete anche voi: fatene buon uso quando regalerete una tartarughina portafortuna.
Infine vorrei aggiungere che anche nel mondo islamico ci sono santi che aiutano con il proprio esempio ad andare in paradiso (Janna): il giardino sotto il trono di Dio, popolato dagli innocenti (giovani morti prima della pubertà), dai profeti, dai martiri e dai più religiosi degli islamici. A Naria, in Bangladesh, io e Ornella siamo andati a rendere omaggio alla tomba di uno di questi santi islamici, Modisha Santipatri, che aveva il dono della preveggenza e soprattutto era amato e rispettato dai suoi conoscenti. A lui è legato un episodio leggendario avvenuto negli anni Ottanta: alcuni suoi colleghi mullah lo invitarono ad andare insieme con loro alla Mecca in aereo, lui rispose che sarebbe andato, ma con la sua barca. I suoi colleghi increduli lo lasciarono, ma quando arrivarono alla Mecca lo trovarono che già li stava aspettando. Vicino alla tomba del santo è esposta anche la barca del viaggio miracoloso, indubbiamente un supertalismano potente!