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Alcune false notizie sullo zafferano

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falso zafferano

Quando ho iniziato a raccogliere informazioni sulla zafferano ho letto centinaia di pagine tra libri, opuscoli, ricettari, articoli e naturalmente ho scoperto e selezionato nel web decine tra i siti più attendibili. Ero convinto di trovare in internet i numeri aggiornati sulle produzioni, ma anche le problematiche legate al mercato, o almeno le solite denunce dei consumatori che spesso sono la vera e unica protezione del cliente. Un altro argomento importante sempre presente nel web è legato ai capitolati di produzione stabiliti dai consorzi di tutela, sono una fonte di informazioni importantissima che penso di usare nel capitolo che dedicherò all’argomento. Purtroppo, oltre queste cose, ho trovato anche quello che non avrei mai voluto: una marea di notizie false!

Le poche notizie sono spesso ripetute

Ripetere una notizia non la rende vera, anzi rende maggiormente colpevoli i diffusori di false informazioni. I due settori particolarmente colpiti dall’incuria dei redattori sono legati alla storia della spezia in Italia, e ai numeri della commercializzazione, sia nazionale che internazionale.  Mi permetto di segnalarvi alcune notizie riportando le fonti, in modo che possiate verificarle personalmente insieme al contesto in cui sono inserite.

Alcuni esempi significativi

Credo che, per la sua importanza, il sito con la ricerca pubblicata dall’Istituto Superiore Tecnico Professionale di Spoleto sia il capostipite delle informazioni sul monaco Santucci, che avrebbe contrabbandato dalla Spagna i bulbi di Crocus sativus.

Il problema che vi segnalo è che il Santucci è dichiarato, come potrete leggere nelle righe successive, “membro del tribunale della Santa Inquisizione”, ossia un uomo del XV secolo. La Santa Inquisizione Spagnola ha il suo inizio ufficiale nel 1478 con Isabella di Castiglia. Il problema è che nella stessa pagina, qualche riga dopo si legge:

“… L’Aquila, appena fondata, (XIII secolo), diventò famosissima per la qualità dello zafferano che ne trainò l’economia per lungo tempo. La produzione si estese dalla piana di Navelli in tutta la provincia. Il Re Roberto D’Angiò (1317) abolì le tasse sullo zafferano per favorirne il commercio verso città estere: Francoforte, Marsiglia, Vienna, Norimberga ed Augusta. …” .

Ci sono due secoli di differenza!!!

Sempre sulla stessa pagina si legge della “…piana di Navelli…”, questo è un errore veniale infatti corretto sarebbe parlare dell’altipiano di Navelli, visto che Navelli è stata edificata su una quasi piramide.

Sul successivo sito ci sono due cose che rafforzano la mia ipotesi del copia-incolla acritico; la prima:

“… regnando Filippo II di Spagna, era membro del tribunale dell’Inquisizione. Padre Santucci si innamorò della aromatica piantina, studiò la natura del terreno in cui poteva meglio prosperare, quindi decise di coltivarla. …”     

Con l’aggiunta di una “chicca” personale del redattore della pagina:

“… Le coltivazioni si propagarono nella ubertosa valle di Sulmona dove si affermò una nuova varietà, ‘Sulmonensis”. La punta massima della produzione nell’area abruzzese fu raggiunta nel 1840 con un quantitativo di 4000 quintali (400 tonnellate n.d.r.). Oggi se ne producono solo alcune decine di quintali (alcune tonnellate n.d.r.). …”

Per un chilo di zafferano secco servono dai 150.000 (dato Associazione produttori zafferano Toscana) ai 200.000 fiori (dato produttori Navelli). Quindi per 400.000 chili parliamo di 80.000.000.000 (ottanta miliardi di fiori e quindi di bulbi), forse il numero è un poco esagerato, soprattutto considerando che in tutta Italia, negli ultimi cinque anni, la produzione è variata (per motivi climatici) da 470 a circa 600 chili, come potrete leggere nel sito che segue e che vi segnalo:

Secondo questa pagina la produzione mondiale nel 2014 è stata complessivamente di 178 tonnellate (non le 400 tonnellate dell’area abruzzese):

Le zone di produzione dello zafferano nel Mondo e in Italia

La produzione mondiale di zafferano è di circa 178 tonnellate ad anno di cui il 90% viene prodotto in Iran e il restante 10% in India, Grecia, Marocco, Spagna e Italia. I più grossi esportatori a livello mondiale sono gli Iraniani seguiti dagli Spagnoli. In Italia la produzione annua è strettamente connessa all’andamento climatico e si può stimare una forbice produttiva tra i 450 kg e i 600 kg, occupando circa 50/55 ettari. …”

 Anche in queste pagine, tra le più accurate fra quelle che ho trovato, compaiono un paio di stranezze che vi segnalo; la prima è legata ai dati sull’esportazione ed importazione di zafferano (dati ISTAT):

“… L’importazione di Zafferano (secondo recenti dati Istat) tra prodotto non tritato, non polverizzato e tritato o polverizzato risulta essere di circa 22.937.838 euro pari a 22.472 kg. L’esportazione di Zafferano non tritato, non polverizzato e tritato o polverizzato ha un valore economico stimato in 551.202 euro. …”

Da matematico ho dei problemi ad anteporre “circa” al numero 22.937.838, e poi è stupefacente che l’importazione italiana (a circa un euro al grammo) sia di quasi 22,5 tonnellate, ossia un settimo della produzione mondiale. Se fossi un produttore di zafferano italiano vorrei avere la certezza della non contaminazione tra zafferano italiano e non.

A proposito, ho scoperto che già dal 2012 a Lastra a Signa (FI) si è tenuto un convegno con la presenza di molti produttori, in cui si è costituita l’Associazione Produttori di Zafferano Italiano; nel convegno, a cui hanno partecipato anche produttori europei certificati, i produttori italiani hanno chiesto che venisse riconosciuta la “qualità” dello zafferano italiano, e non solo per difendere il consumatore dalle importazioni. La qualità dello zafferano italiano è veramente superlativa e non va certo confusa con la qualità dello zafferano ricavato da fiori coltivati con tecniche da noi ritenute pericolose e quindi proibite. Le notizie sulle riunioni dell’Associazione si trovano sul periodico on line “Nove da Firenze”

Sempre sul sito zafferanoitaliano.it (ripetuta ad ogni pagina) c’è l’affermazione:

“… Fu invece un monaco abruzzese del Tribunale dell’Inquisizione ad introdurre la spezia in Italia nel XIV secolo anche se sembra che nell’Italia Meridionale, in particolare in Sicilia, la coltura fosse già presente. “

Il monaco della Santa inquisizione colpisce ancora, anche se questa volta il secolo è giusto!

L’esportazione citata nella pagina è sicuramente congrua: con un prezzo medio di 5,5 euro al grammo si aggira intorno a un centinaio di chili all’anno. Ancora non ho affrontato il mondo della produzione dello zafferano e già si capisce che anche in questo settore non è vero che tutto è “oro” seppure rosso.

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Dopo aver chiuso alcune delle mie vite precedenti, quella sindacale (da Presidente FIARC Confesercenti a Roma), quella politica (membro effettivo Commissione Centrale Ruoli presso il Ministero del Lavoro), quella da redattore e autore nel mondo della carta stampata (Acquari & Natura, L’acquario ideale, Le mie prime venti Aloe, Piante Grasse), quella da tecnologo nell’elettronica industriale, quella da segretario nazionale dell’Associazione Italiana Amatori delle piante Succulente (AIAS), quella da libraio (Einaudi) a San Lorenzo a Roma, quella di formatore e consulente (master PNL), finalmente da alcuni anni posso dedicarmi alle mie passioni: lo studio e il restauro di orologi antichi (con lavori citati anche in Wikipedia), l’allevamento e lo studio di tartarughe terrestri, la coltivazione di qualche centinaio di piante, la partecipazione alle attività di associazioni naturaliste scientifiche (ERPISA, bibliotecario SRSN), l’alfabetizzazione del WEB con la lotta alle bufale e alle “credenze” prive di ogni fondamento che imperversano in rete, oltre allo studio e alla diffusione della cultura ambientale. luciano@einaudiroma.it

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