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Non solo orsi polari: come cambia la Siberia con il permafrost che si scioglie

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orso polare malato

Ha fatto il giro del mondo la foto dell’orso polare affamato che si aggira per la discarica della città di Norilsk, in Siberia. La restrizione del loro habitat naturale, dovuta al riscaldamento globale, spinge gli orsi a cercare nutrimento persino negli insediamenti umani. Il clima, sul pianeta Terra, è sempre stato soggetto a mutamenti, che però hanno seguito i lunghi ritmi della natura, lasciando a flora e fauna il tempo di adeguarsi e, a volte, di estinguersi. I cambiamenti creati dall’uomo sono talmente rapidi che i paesi più a nord del mondo iniziano a riflettere su come affrontarli, per limitare i danni e, in caso, trarne qualche piccolo vantaggio.

Il permafrost che si scioglie e la Siberia che cambia

In Russia ci pensano già: entro il 2080 un’ampia striscia di Siberia potrebbe essere abitabile e coltivabile. Lo confermano gli studi congiunti del russo Krasnoyarsk Federal Research Center e dello statunitense National Institute of Aerospace. Si tratta di una fetta di 13 milioni di metri quadrati che va dagli Urali all’Oceano Pacifico, attualmente poco popolata e priva di infrastrutture, per il 77% ricadente sotto la giurisdizione russa. Potrebbe diventare luogo di coltivazione, ricollocazione e rifugio per le popolazioni colpite dagli effetti del cambiamenti climatico. Che tali effetti ci saranno, è certo. Quanto saranno pesanti, è in discussione: spesso ci si appoggia ai modelli di calcolo più ottimistici. D’altronde, il permafrost si sta già sciogliendo e questo non solo in Siberia. Quello canadese sta venendo meno con settant’anni di anticipo rispetto ai calcoli fatti dagli studiosi, che predicevano il verificarsi di tale pericoloso fenomeno intorno al 2090, mentre sono bastate le estati del 2003 e del 2016, insolitamente calde, a intaccare il primo strato di terreno ghiacciato.

Il cratere Batagaika e lo scioglimento del permafrost

Il fenomeno, in Siberia, non è nuovo. È famoso il Batagaika, un immenso cratere iniziatosi a formare negli anni Sessanta. A causa della deforestazione, il terreno ghiacciato rimasto esposto al sole ha iniziato a sciogliersi e a sprofondare. L’aumento delle temperature ha fatto il resto e ora c’è un’instabile, profonda depressione che scava nel permafrost – che, lo ricordiamo, consiste in un profondo strato di suolo, rocce, acqua e materia organica ghiacciate – e porta alla luce la storia della vita sulla Terra degli ultimi 200.000 anni. Sono stati trovati resti di animali ormai estinti e uomini appartenenti a civiltà locali dimenticate, mammuth e bufali, piante fossilizzate e batteri potenzialmente pericolosi. Ma, soprattutto, altri gas serra. Il permafrost è detto “il gigante dormiente”, perché conserva in sé anche anidride carbonica che, con lo scioglimento del ghiaccio, viene rilasciata. Accelerando e aggravando quindi gli effetti del riscaldamento globale.

Dubbi e sfide: gli effetti del riscaldamento globale in Siberia

Così la Russia si trova a riflettere non solo sulla mancanza di infrastrutture per rendere la Siberia più abitabile – preparandosi quindi a un fisiologico cambiamento nella distribuzione della popolazione a fronte dei cambiamenti climatici – ma anche su sfide impreviste che dovranno essere affrontate al riguardo, dovute all’instabilità del terreno e alla combinazione tra umidità e temperature tiepide, la preferita dagli insetti, che sono un problema per le coltivazioni e per la salute umana.

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