Parliamo dell’uso terapeutico della Cannabis e dello stato legislativo italiano. Lo facciamo con un’intervista al dott. Giovanni Portaluri, medico chirurgo, specialista in anestesia, rianimazione e terapia del dolore.
Dott. Portaluri, qual è la relazione tra dolore e cannabinoidi?
Nel nostro organismo esistono moltissime molecole che mimano l’attività della Cannabis: i cannabinoidi endogeni o endocannabinoidi. In seguito ad uno stimolo doloroso, i neuroni della corteccia sensitiva (l’area sensitiva del lobo parietale) rilasciano gli endocannabinoidi (ad esempio l’anandamide, il 2-AG) che si legano a specifici recettori: i recettori CB-1 e CB-2. I CB-1 sono quelli maggiormente rappresentativi nel nostro organismo: nel sistema nervoso centrale, midollo spinale e nell’ippocampo. Oltre all’attività analgesica e antinfiammatoria nota causano aumento del senso di appetito e sono potenti antinausea. Tuttavia il legame a tali recettori è responsabile anche dei principali effetti collaterali mediati dai cannabinoidi: catalessi, alterazione della coordinazione motoria, alterazione della memoria e breve termine, scarse prestazioni in semplici test di apprendimento. I recettori CB-2 si localizzano nell’intestino, polmoni, utero e vescica e sono responsabili della broncodilatazione, tachicardia e vasodilatazione periferica (a cui segue un abbassamento della pressione arteriosa).
Esistono delle controindicazioni?
Certamente, va sottolineato che i più importanti effetti avversi dei cannabinoidi sono legati alla psicosi tossica. Un aumentata concentrazione endogena dei cannabinoidi causa dipendenza psichica, psicosi tossiche da astinenza e psicosi tossica dose dipendente; basti pensare che la cannabis dà intossicazione molto più frequentemente rispetto alla caffeina.
Dal 2006 anche in Italia è possibile prescrivere Cannabis…
Si, esatto, dal 2006 in Italia i medici possono prescrivere preparazioni magistrali, preparati dal farmacista, utilizzando Dronabinol, cioè la sostanza attiva ottenuta dalle infiorescenze della Cannabis coltivata dietro autorizzazione di un Organismo nazionale per la Cannabis, essiccate e macinate, da assumere sotto forma di decotto, per inalazione con apposito vaporizzatore o disciolta in olio d’oliva.
Dal 2013 in Italia è anche prescrivibile dai neurologi e terapisti del dolore un prodotto registrato come medicinale a base di estratti di cannabis per ridurre il dolore secondario a spasmi dolorosi nella sclerosi multipla. Il prodotto commerciale, il cui principio attivo è una preparazione vegetale costituita da una miscela di due estratti della Cannabis sativa, il cannabidiolo (CBD) e delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), è stato autorizzato in Italia nell’Aprile del 2013 ed è stato classificato come medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta, vendibile al pubblico su prescrizione dei centri ospedalieri o medici prescrittori.
Chi produce cannabis terapeutica in Italia?
Fino ad oggi, per la realizzazione delle preparazione magistrali con prodotti vegetali a base di Cannabis venivano importati in Italia solo i prodotti commercializzati dall’Office of Medicinal cannabis (organismo olandese per la cannabis) del Ministero olandese della Salute, welfare e sport, secondo la procedura per l’importazione prevista dal DM 11/2/97. Nel 2016, il nostro Paese ha avviato una produzione nazionale di Cannabis terapeutica presso lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (SCFM), grazie alla collaborazione tra il Ministero della salute e il Ministero della difesa; si tratta del prodotto Cannabis FM-2 (contenente THC 5% – 8% e CBD 7,5% – 12%), prima sostanza attiva a base di cannabis prodotta in conformità alle direttive europee in materia di medicinali (EU – GMP) su processo produttivo depositato e controllato, in una officina farmaceutica autorizzata dall’AIFA.
In quali casi un medico deve prescrivere cannabis terapeutica?
Le indicazioni terapeutiche (DM 9/11/2015) riguardano l’impiego di cannabis terapeutica nel dolore cronico e di quello associato a sclerosi multipla e a lesioni del midollo spinale, nella nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, polineuropatia indotta da virus HIV, come stimolante dell’appetito nella cachessia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa. Ed ancora l’effetto ipotensivo nel glaucoma, la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette. Queste prescrizioni si effettuano quando le terapie convenzionali o standard sono inefficaci.
Perchè sono pochi i medici che prescrivono la Cannabis in Italia?
Sono pochissimi in Italia i medici terapisti del dolore prescrittori di cannabis terapeutica. Credo che l’accesso al farmaco dovrebbe essere più semplice e che i medici dovrebbero informarsi di più sull’argomento proponendo l’uso dei cannabinoidi ai pazienti come qualsiasi altro farmaco. Come per l’oppiofobia, ossia la paura da parte di molti medici di prescrivere oppiacei anche nel dolore cronico/severo per paura degli effetti collaterali, in Italia si assiste alla crescente paura di prescrivere Cannabis. In parte questo sentimento potrebbe essere giustificato dal fatto che esistono pochi studi in letteratura sull’esatta composizione chimica della pianta.
Cosa ci dicono gli studi sulla Cannabis fino ad oggi?
I pochi studi rilevano che in essa siano contenute più di 400 sostanze, oltre al THC e CBD, di cui non si conoscono le esatte proprietà farmacologiche. La “terapia del dolore”, è una disciplina che prevede un approccio diagnostico e terapeutico al dolore, individuandone prima la causa primordiale e successivamente il trattamento farmacologico o complementare più adeguato. Il dolore acuto è un sintomo, con l’obiettivo di allertare l’organismo sulla presenza di stimoli pericolosi o potenzialmente pericolosi. Per questo prima di eliminare il “sintomo dolore” è necessario capirne la causa, formulando una corretta diagnosi. Ciò non toglie che una volta individuata la causa è possibile adottare strategie terapeutiche idonee a gestire il dolore. Perché soffrire se si può farne a meno?”.
L’uso della cannabis terapeutica è previsto nella cura di molte patologie per questo dovrebbe essere prescrivibile. Opero nel territorio di Brindisi e posso dire che la Puglia nel 2010, con una delibera regionale, anche se la legge vera e propria è arrivata nel 2014, prevede che il costo dei farmaci cannabinoidi importati dall’estero sia rimborsabile dal Servizio Sanitario regionale per le seguenti patologie: l’analgesia in patologie che implicano spasticità associata a dolore (sclerosi multipla, lesioni del midollo spinale) resistenti alla terapia convenzionale; l’analgesia nel dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neuropatico), l’effetto anticinetosico e antiemetico nella nausea e vomito causati da chemioterapia , radioterapia, terapia per Hiv, che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali; l’effetto stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici, affetti da Aids, e nell’anoressia nervosa, che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali; l’effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapia convenzionali; la riduzione dei movimenti nella sindrome di Gilles de la Tourette.
Le condizioni per la rimborsabilità prevedono che l’inizio del trattamento avvenga in ambito ospedaliero e quindi che sia prescritta da uno specialista autorizzato all’interno di un piano terapeutico. È prevista la gratuità anche dopo la dismissione per garantire la continuità terapeutica.
Ci sono pazienti che si riferiscono ad un mercato illegale?
Ci tengo a precisare che la cannabis terapeutica subisce un processo di purificazione e non ha nulla a che vedere con quella presente sul mercato nero; oltre a essere un potenziale pericolo la marijuana illegale non ha valore come terapia: non è paragonabile al farmaco prodotto dallo Stato o d’importazione. La Cannabis illegale non sappiamo come sia ottenuta; potrebbe contenere muffe tossiche o essere miscelata con altre sostanze. I prodotti ad uso terapeutico italiani e d’importazione sono coltivati e catalogati sotto precisi standard.
Esiste un pregiudizio a riguardo?
Il problema da fronteggiare è scardinare il pensiero ancora comune: “soffro finché resisto, se non ce la faccio più chiedo aiuto”. È un po’ quello che ci insegna la religione cattolica quando ci dice che dobbiamo portare la croce.
Se avete necessità di contattare il dott. Portaluri visitando il suo sito internet.